-  Storani Paolo  -  09/05/2013

CURE INTENSIVE O CURE PALLIATIVE - I MALATI IN FASE END STAGE - Paolo M. STORANI

P&D ha l'occasione di presentare ai propri lettori un documento condiviso molto significativo sui malati insufficienti cronici, elaborato dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva, in acronimo SIAARTI (sotto titolo: pro vita contra dolorem semper).

Il Gruppo di bioetica cura il sito www.siaarti.it ove sono rinvenibili ulteriori materiali sull'imponente problematica.

Ringraziamo vivamente gli Estensori del gruppo di lavoro multidisciplinare; un grazie particolare va a Mariassunta Piccinni, giurista dell'Università di Padova.

Il documento in questione, consultabile in calce quale allegato, è stato approvato dal Consiglio Direttivo il 22 aprile 2013.

Lasciamo la parola all'illustrazione di presentazione del Dr. Giuseppe R. Gristina, che ha svolto le funzioni di coordinamento del gruppo di lavoro e di coestensore, unitamente a Luciano Orsi (palliativista), del documento finale.

 

GRANDI INSUFFICIENZE D"ORGANO "END STAGE": CURE INTENSIVE O CURE PALLIATIVE? - "DOCUMENTO CONDIVISO" PER UNA PIANIFICAZIONE DELLE SCELTE DI CURA

Nelle insufficienze d"organo croniche avanzate, il saper cogliere in un aggravamento intercorrente l"inizio della fase "end stage" costituisce un nuovo e complesso ambito della pratica clinica che coinvolge gli intensivisti, i medici d"urgenza e gli specialisti d"organo nella costruzione di percorsi clinico-assistenziali alternativi a quelli intensivi, proporzionati alla prognosi e finalizzati al confort del paziente e alla presa in carico dei suoi cari piuttosto che alla stabilizzazione.
Questo moderno approccio al malato cronico critico costituisce una sfida impegnativa: si richiedono decisioni da prendere anche in ambienti remoti, in breve tempo, con scarse informazioni, che presuppongono quindi elevata capacità di riflessione e di sintesi, a fronte di un"estrema variabilità biologica e di scarse prove scientifiche utili a tracciare nell"ambito della malattia cronica il confine tra le possibili opzioni terapeutiche.
Un approccio alla valutazione prognostica così formulato, concettualmente nuovo per gli intensivisti anche se già adottato nella pratica clinica delle cure palliative, per essere validato deve comprendere e correlare non solo i fenomeni fisiopatologici attuali, ma anche l"intera traiettoria di malattia, la qualità della vita attuale e quella della vita residua attingibile con le cure intensive, gli aspetti umani, sociali ed economici ad esse connessi e la peculiare scala valoriale di ciascun paziente e della sua famiglia.
In quest"ottica, le questioni cliniche correlate alle gravi insufficienze funzionali cronico-degenerative giudicate "end stage" non possono più essere considerate solo dal punto di vista dell"organo/apparato e del singolo specialista implicato: l"approccio specialistico classico perde di significato, mentre si afferma la necessità di affrontare i problemi secondo criteri di valutazione globali e modalità operative integrate.
La conoscenza della dimensione sociale, culturale e psicologica della morte fondata su una cultura multidisciplinare della prassi medica dovrebbe pertanto far parte della formazione dei futuri medici, mentre una ricerca sistematica dovrebbe essere avviata per definire gli esiti a distanza dei trattamenti intensivi, assumendo fin da ora che è ormai ineludibile la coniugazione dell"outcome primario della sopravvivenza con quello della qualità della vita residua.
Queste nuove strategie terapeutiche possono ingenerare comprensibili perplessità.
Tuttavia, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e del conseguente incremento delle malattie cronico-degenerative, sempre più spesso i medici saranno coinvolti in tali situazioni e la sezione del documento intitolata "la dimensione del problema" esprime in termini di mortalità il fallimento di un approccio clinico improntato al mantenimento della mera sopravvivenza dei pazienti insufficienti cronici "end stage".  
C"è però un altro motivo per occuparsi di questi temi.
Mentre la medicina affronta fin d"ora una "epidemia" di insufficienze funzionali cronico-degenerative, la bioindustria propone – e continuerà a farlo – costanti innovazioni farmacologiche e tecnologiche applicate al supporto d'organo. Quando queste innovazioni si traducono in interventi intensivi poco attenti ai limiti biologici della vita umana non si riduce la mortalità e non si migliora la qualità della vita residua. Così, lo sviluppo scientifico contribuisce paradossalmente soltanto a incrementare la spirale dell"aumento dei costi e della diminuzione delle risorse, esasperando il problema della giustizia distributiva e non contribuendo quindi al reale progresso della medicina.
Gli intensivisti, i medici d"urgenza e gli specialisti d"organo devono allora prepararsi a queste sfide, anche indirizzando la società civile a riaccogliere nella cultura moderna il concetto di morte come parte integrante del ciclo vitale.
Il presente documento vuole essere un contributo di riflessione che, proprio per la sua interdisciplinarietà, costituisce un primo tentativo di risposta alle questioni ora indicate.

G. R. Gristina
per conto del gruppo di lavoro multidisciplinare che ha redatto il documento condiviso




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