-  Masoni Roberto  -  07/04/2017

Dopo di noi, progetto di vita ed amministrazione di sostegno: quali sono i nessi ? - Roberto Masoni

 

1. Il "dopo di noi" è legge, 2. Il progetto di vita, 3. E l'amministratore di sostegno?

 

1. Il "dopo di noi" è legge

Con titolazione assai anodina, la legge 22 giugno 2016, n. 112, detta "Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare"1.

Più in particolare, come risulta dalla "finalità" indicata in esordio, essa si rivolge alle persone affette da disabilità grave2, "non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità", che siano "prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori, o perchè gli stessi non sono più in grado di fornire adeguato sostegno genitoriale", nonché "in vista del venire meno del sostegno familiare".

Come emerge testuale, i destinatari delle misure previste dalla legge n. 112 sono individuati nei: 1) i disabili gravi, alla stregua della nozione contenuta nell'art. 3, comma 2, della l. n. 104 del 19923 (non gli anziani affetti da patologie psichiatriche connesse all'età, quali, ad es., la malattia di Alzheimer o la demenza senile); 2) i quali siano "privi di sostegno familiare" (o perchè  ab origine mancanti dei genitori, ovvero, perchè venuti meno per causa sopravvenuta, es., morte degli stessi, ovvero, anche in "vista del loro venire meno"4).

E, ancora, la facoltà di fruire di queste misure di protezione "nel superiore interesse delle persone" disabili, resta subordinata al fatto che: 3) lo stato di disabilità grave sia stato accertato "con le modalità indicate all'art. 4 della legge " (n. 104), ovvero, da parte delle commissioni mediche istituite presso le u.s.l.

A beneficio di queste persone, la legge intende offrire talune "misure di assistenza, cura e protezione".

Talune di queste misure sono, meritoriamente, volte ad "evitare l'istituzionalizzazione" del disabile (ormai rimasto) privo di genitori.

All'uopo dovrebbero provvedere gli interventi (regionali e comunali) finanziati dallo Stato tramite il "Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prove di sostegno familiare" (di cui agli artt. 3 e 4 della legge)5.

In quest'ottica, si parla, con neologismi di sapore sociologico o sociologizzante, di interventi di "supporto alla domiciliarità in abitazioni o gruppi-appartamento", di "interventi per la permanenza temporanea in una soluzione abitativa extrafamiliare", di interventi di residenzialità "volti alla creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare e di co-housing" (art. 4)6.

In sostanza, i fondi ministeriali dovrebbero servire ad evitare al disabile grave di essere istituzionalizzato una volta venuto meno "il sostegno familiare", onde garantirne la permanenza in casa o in gruppi appartamento, evitandone l'internamento in casa protetta, centri residenziali o in istituti, che è la nomale destinazione dei disabili gravi a seguito del decesso dei genitori.

Tuttavia, come è stato osservato7, siamo in presenza di generiche indicazioni di principio, rimesse ad una concretizzazione regionale di cui si ignora se, quando e in che modo a tali previsioni si garantirà effettiva attuazione.

Ulteriori misure previste dalla legge sono state introdotte, "nell'ottica di favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia" del disabile, onde garantire nel futuro adeguate risorse economico-patrimoniali, nel momento in cui il sostegno dei genitori sia venuto meno.

In quest'ottica, la legge agevola la "stipula di polizze di assicurazione per il rischio di morte per la tutela del disabile", dotate di un favorevole regime di detraibilità fiscale (art. 5); come pure la costituzione di trust (art. 6)8, di vincoli di destinazione di cui all'art. 2645 ter c.c. e di fondi speciali "composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario"9.

Da questo punto di vista, sul versante esistenziale/personale, la legge sul dopo di noi appare piuttosto deludente10, in quanto la stessa, a parte la giusta preoccupazione afferente il luogo ove il disabile andrà a vivere a seguito della morte dei familiari, "è attenta esclusivamente ai profili patrimoniali e fiscali ed appare assai povera come cultura e sensibilità"11.

2. Il progetto di vita

Solo un fugace accenno si rinviene nella legge al progetto individuale del disabile.

L'art. 1 della legge si limita infatti a prevedere che tali misure ("di cura, assistenza e protezione" del disabile) vengano ad integrare (ossia, siano inserite entro) il "progetto individuale di cui all'art. 14 della legge 8 novembre 2010, n. 328"12.

Il progetto individuale per le persone disabili è istituto previsto della legge quadro n. 238 del 2000 "per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", il cui art. 14 chiarisce quali siano i soggetti istituzionali predisponenti il progetto e cosa esso contenga.

Anzitutto, si chiarisce che il progetto individuale è predisposto dai comuni d'intesa con le aziende sanitarie locali.

La legge n. 238 dispone poi che: "il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonchè le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare" (art. 14, 2° comma).

Come emerge trasparente, il progetto individuale rappresenta uno strumento protettivo cruciale, in quanto lo stesso, "sistema integrato di interventi e servizi a favore della persona", indica; le eventuali prestazioni di cura e di riabilitazione (del paziente, il quale necessiti di terapie); i servizi alla persona, a carico del comune, da attuare tramite intervento dei servizi sociali, consistenti, ad es., nell'attivazione del servizio di assistenza domiciliare (SAD); nonché, le eventuali contribuzioni di natura prettamente economica per superare situazioni di indigenza e/o povertà, tramite ad es., erogazione di contributi, concessione di buoni pasto, ovvero di buoni spesa, o altro.

Come si vede, da questo versante, la legge n. 112 appare assai carente, nulla disponendo sotto il profilo della cura personae.

Appare allora giustificata l'idea di procedere ad una integrazione della scheletrica disciplina dettata sul progetto di vita, quasi un ventennio or sono, con la l. 238 del 200013.

A questo riguardo si propone di indicare che ogni comune nomini una commissione permanente per la compilazione del progetto di vita (art. 3), in cui "sono illustrati i bisogni e le aspirazioni fondamentali di una persona, la quale abbia compiuto i sei anni e sia portatrice di condizioni significative di disabilità o di fragilità" (art. 1).

 

3. E l'amministratore di sostegno ?

Il protagonista della neofita legge, il disabile grave, non necessariamente è persona che rimane completamente sola alla morte dei familiari, in quanto, normalmente, a causa della grave patologia invalidante che l'affligge, egli è soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno (o, al peggio, interdetto) e quindi, nei limiti indicati dal decreto di nomina, supportato dal suo vicario, che ne è rappresentante. Entrambe queste figure, amministratore e tutore, sono state stranamente pretermesse dalla legge n. 112, la quale non le ha menzionate.

Normalmente, il disabile gode pertanto già di questa forma di protezione declinata in forma di rappresentanza o di assistenza.

A sua volta, l'amministratore di sostegno, nell'espletamento dell'incarico deve "tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario" (art. 410, 1° comma, c.c.); quindi, egli è tenuto ad occuparsi non solo dei profili patrimoniali inerenti all'amministrato ma, anche e soprattuto, di quelli personali, tra i quali parte eminente esplica il progetto di vita.

In continuità con la filosofia di fondo sottesa alla l. n. 6 del 2004 che tende a valorizzare e tutelare la persona con disabilità, sarebbe stato opportuno prevedere il coinvolgimento dell'a.d.s. (o del tutore) nella redazione e nell'eventuale successiva revisione del progetto di vita dell'amministrato, come d'altro canto disponeva il testo della legge n. 112 approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati14. Nell'uno e nell'altro caso la protezione del disabile, nei suoi profili esistenziali, di cura del benessere e della salute (tra cui sicuramente rientra anche la determinazione del luogo in cui lo stesso vive: art. 371, n. 1, c.c.), è affidata, rispettivamente, all'amministratore di sostegno o al tutore, entrambi operanti sotto il continuo controllo del giudice tutelare il quale può sempre "dare istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del beneficiario" (art. 44 att. c.c.). Ebbene, premesso ciò, la l. n. 112 ben avrebbe potuto prevedere un espresso coinvolgimento di amministratore di sostegno o tutore, nella determinazione delle essenziali scelte di vita riguardanti la persona del disabile grave.

Resta però il fatto che l'a.d.s., per il ruolo istituzionale esplicato nella cura della persona del beneficiario, già oggi de iure condito, va sempre coinvolto nella redazione e nell'aggiornamento del progetto di vita; come pure, egli potrebbe rendersi promotore della sua redazione presso gli enti competenti, laddove tale progetto già non fosse stato ancora predisposto.

 




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