-  Tonutti Stefania  -  17/04/2015

ETEROLOGA A PAGAMENTO: STOP ALLA LOMBARDIA, Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 1486/15- S. TONUTTI

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 1486/15

Diritto alla libera procreazione

In Lombardia è previsto il ricorso alla PMA eterologa a pagamento: il CdS boccia questa procedura

 

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso di un'Onlus che si occupa di infertilità, la quale aveva rilevato una disparità di trattamento economico sul tipo di fecondazione; ha quindi sospeso in via cautelare la delibera della Lombardia dove è stabilito che il cittadino, in caso di fecondazione eterologa, debba pagare interamente il ticket.

Al CdS «sembra condivisibile la censura di disparità di trattamento sotto il profilo economico tra la PMA omologa e quella eterologa, stante l'incontestata assunzione a carico del s.s.r. lombardo – salvo il pagamento di ticket – della prima, nonché tenuto conto che, da un lato, quanto al diritto alla salute inteso come comprensivo anche della salute psichica oltre che fisica, "non sono dirimenti le differenze tra PMA di tipo omologo ed eterologo. [...] il pregiudizio lamentato, il quale non può essere ragionevolmente limitato ad aspetti puramente patrimoniali in sé risarcibili, deve ritenersi dotato dei prescritti caratteri di gravità ed irreparabilità poiché l'esecuzione dei provvedimenti impugnati è suscettibile di produrre l'effetto della perdita, da parte di coloro che non sono in grado di sostenere l'onere economico ivi previsto, della possibilità di accedere alle tecniche in parola dovuta al superamento dell'età potenzialmente fertile durante il tempo occorrente per la definizione del giudizio nel merito »

I FATTI: La sentenza n. 162 del 9 aprile 2014 ha giudicato illegittimo il divieto sancito all'art. 4, comma 3, ossia il divieto di fecondazione eterologa. Tuttavia, dopo questa ordinanza, la situazione rimane comunque vaga: da un lato si ritiene applicabile immediatamente la decisione costituzionale, perciò all'eterologa si applicano le stesse regole previste per l'omologa (cfr. Trib di Bologna 18 agosto 2014); dall'altro, invece si ritiene che vi siano dei vuoti legislativi, soprattutto per quanto riguarda la disciplina delle donazioni di gameti (posizione condivisa dal nostro stesso Governo). Occorrerebbe infatti mettere a punto i requisiti per l'autorizzione dei centri specializzati, protocollare il processo della donazione/selezione/conservazione dei gameti, stabilire il limite massimo dei figli nati, etc.

Il Ministro della Salute ha convocato un gruppo di lavoro (tavolo tecnico) formato da specialisti del settore.

Dagli incontri dell'8, del 15 e del 21 luglio 2014 è uscita la bozza del decreto legge recante "Disposizioni urgenti in materia di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo", illustrata presso la Camera dei Deputati il 29 luglio scorso.

Nel frattempo le Regioni, per trovare una linea comune in attesa di una legge ed evitare un mercato parallelo, nella Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ha approvato il 4 settembre 2014 il "Documento sulle problematiche relative alla fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2014", con cui è stato concordato, in attesa che il Parlamento legiferi in materia, un accordo interregionale che verrà recepito dalle Regioni.

In entrambi i testi la fecondazione eterologa viene inserita fra i L.e.a.

La Lombardia si è allineata alla decisione della Corte Costituzionale disciplinando minuziosamente le tecniche di PMA, tanto che è stata l'unica regione in Italia a disporre che il pagamento per i trattamenti di procreazione medicalmente assistita eterologa sia interamente a carico del cittadino, con costi che variano tra i 1.500 ed i 4.000 euro.

Ecco allora che un'associazione formata da coppie con problemi di infertilità ricorre al Tar della Lombardia, sostenendo che il costo per accedere all'eterologa discrimini le coppie con meno risorse economiche, ledendo il loro diritto alla salute.

Il Tar milanese si pronuncia il 16 dicembre 2014, e si legge: «Ritenuto che non sussiste un danno grave ed irreparabile direttamente in capo all'associazione ricorrente, né alle coppie interessate alla pratica sanitaria, e atteso che la possibilità di ricorrere al trattamento è comunque consentita, seppure previa corresponsione di somme a copertura, la domanda va rigettata».

L'associazione ricorrente impugna quindi l'ordinanza dinanzi al Consiglio di Stato.

La vicenda si conclude con l'accoglimento dell'appello ma la decisione definitiva spetterà al Tar della Lombardia, a cui il CdS ha nuovamente rimandato la questione.

Siamo finalmente alla versione definitiva della legge 40 o si tratta di uno dei tanti episodi in cui per l'ennesima volta il giudice si sostituisce al legislatore?




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