-  Mazzon Riccardo  -  08/02/2014

FATTO ILLECITO DEL DIPENDENTE QUALE PRESUPPOSTO PER LA RESPONSABILITA' DI PADRONI O COMMITTENTI - RM

Presupposto affinché possa ritenersi applicabile la disciplina relativa alla responsabilità oggettiva dei padroni o committenti, è - anche - che il dipendente (o commesso) abbia effettivamente posto in essere un fatto illecito (cfr., amplius, il capitolo primo del presente volume), che tale dev'essere tanto oggettivamente

"ai fini della configurabilità della fattispecie di responsabilità di cui all'art. 2049 c.c. in capo al padrone o al committente, indefettibile presupposto preliminare, rispetto a quelli in presenza dei quali secondo la norma è configurabile quella responsabilità, è la dimostrazione dell'esistenza di un fatto illecito del dipendente o del commesso, sotto il profilo tanto oggettivo che soggettivo" (Cass. civ., sez. III, 4 marzo 2005, n. 4742, GCM, 2005, 4 - cfr., amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012),

quanto soggettivamente,

"in tema di responsabilità dei padroni e dei committenti per fatto illecito dei commessi, la presunzione posta a carico del datore di lavoro, sulla base del rapporto di dipendenza, dall'art. 2049 c.c., ha per necessario presupposto la sussistenza della colpa del domestico o del commesso con la conseguenza che resta superata dalla dimostrata impossibilità da parte del sottoposto di usare quel grado di attenzione e prudenza normalmente richiesto per non incorrere nella colpa" (Cass. civ., sez. III, 6 maggio 1986, n. 3025, GCM, 1986, 5),

 con onere della prova posto a carico del danneggiato (la sentenza qui riportata origina da alcuni spaghetti, "sparsi a terra" nei locali di un supermercato, che avevano causato la caduta e le conseguenti lesioni personali, di una avventrice):

"compete al danneggiato dare la prova che la "res" protagonista dell'evento dannoso fosse in custodia di colui al quale si chiede il risarcimento del danno. La mancata documentazione della esatta dinamica dell'evento dannoso non consente di imputare al convenuto la responsabilità per comportamento negligente. Per configurare la responsabilità ex art. 2049 c.c. occorre che l'evento dannoso sia stato causato da un dipendente nell'esercizio delle mansioni cui è applicato" (Trib. Verona 4 ottobre 1996, DResp, 1998, 66).

Ai fini di storicizzare il principio così esposto, si veda anche la seguente pronuncia, che sancì come, in tema di responsabilità civile del datore di lavoro per danni arrecati dal fatto illecito dei loro dipendenti, la sentenza della Corte costituzionale 9 marzo 1967 n. 22, dichiarando la illegittimità costituzionale dell'art. 4 comma 3 r.d. 17 agosto 1935 n. 1765, nella parte in cui limita la responsabilità civile del datore di lavoro derivante da reato all'ipotesi in cui questo sia stato commesso dagli incaricati della direzione e della sorveglianza, e non pure dagli altri dipendenti, del cui fatto quello debba rispondere secondo il codice civile,

"non postula l'emanazione di una norma che disciplina la situazione, trovando essa piena regolamentazione del testo legislativo oggetto della decisione, espunto dalla parte affermata incostituzionale ed integrato con la regola generale dell'art. 2049 c.c." (Cass. civ., sez. III, 29 giugno 1981, n. 4219, GCM, 1981, 6; RI, 1981, II, 206).

In argomento, giova rammentare come parte della dottrina, effettivamente, attribuendo un significato soggettivo all'illecito, esclude che il padrone possa essere chiamato a rispondere per un fatto imputabile al preposto che non sia colposo, dal momento che la nozione di illecito sarebbe

"delimitata dagli artt. 2043E 2046"; Barbero, Criterio di nascita e criteri di propagazione della responsabilità per fatto illecito, in RDC, 1960, I, 572; Bonvicini, La responsabilità civile per fatto altrui, Milano, 1976, 62)

secondo una diversa ricostruzione - che parte da una qualificazione oggettiva dell'illecito - il preponente deve, invece, rispondere anche nel caso in cui

"non vi sia colpa del domestico o del commesso" Alpa, Responsabilità dell'impresa e tutela del consumatore, Milano, 1975, 395; Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, II, Milano, 1964, 511.




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