-  Centonze Salvatore  -  07/04/2013

I CRITERI DI AFFIDABILITA' DEL RICHIEDENTE ASILO VANNO VALUTATI IN MODO UNITARIO - Cass. 8282/13 - S.C.

Cass. 8282/2013 "I CRITERI DI AFFIDABILITÀ DEL RICHIEDENTE ASILO VANNO VALUTATI IN MODO UNITARIO" - sc 

Il richiedente la protezione internazionale o sussidiaria é da considerare affidabile, ai sensi dell'art. 3, co.5, dlg 251/2007, se:

a)      ha offerto la propria collaborazione all'accertamento dei fatti;

b)      ha fornito già al momento della richiesta tutti gli elementi in suo possesso;

c)      ha reso dichiarazioni coerenti e plausibili rispetto alle condizioni generali del paese d'origine;

d)      ha prontamente presentato la domanda di riconoscimento di protezione;

e)      non ha fatto emergere elementi di strumentalizzazione della procedura.

La valutazione di affidabilità del dichiarante deve essere compiuta in modo unitario, tenendo conto dei riscontri oggettivi e del rispetto delle condizioni soggettive di credibilità contenute nella norma.

Pertanto, la decisione finale di non concedere la protezione non può essere fondata sull'esclusiva rilevanza di un elemento isolato ritenuto apparentemente contraddittorio.

 

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 gennaio – 4 aprile 2013, n. 8282

Presidente Di Palma – Relatore Acierno

 

Svolgimento del processo e motivi della decisione

 

La cittadina congolese B.B. aveva ottenuto, con sentenza del Tribunale di Bologna n. 25 del 2012, il riconoscimento della protezione sussidiaria. Avverso tale pronuncia aveva proposto reclamo il Ministero degli Interni ed impugnazione incidentale B.B. finalizzata al riconoscimento dello status di rifugiata politica. La richiedente aveva dichiarato di essere cittadina della (omissis) ; di aver lavorato, come domestica, presso la famiglia dell'ambasciatore del (…) (allora (…)), nonché successivamente come cuoca e addetta alle pulizie dal 1990 al 2008; di non essere stata più retribuita dal 1997; di essere stata licenziata nel 2008 e di essersi rivolta ai servizi sociali del Comune di Bracciano al fine di ricevere le retribuzioni dovute; di essere stata convocata dal Console a Roma; di essere stata fortemente rimproverata per aver coinvolto l'Italia in questioni interne al Congo e di aver subito minacce con intimazione a non persistere nella richiesta di pagamento; di essersi recata in (…) a causa della morte del marito e di essersi rivolta al Ministero degli Esteri per le sue spettanze; di essere venuta a conoscenza dell'esistenza di un dossier a suo carico nel quale essa veniva identificata come persona che metteva in cattiva luce il suo paese; di essere stata avvertita del pericolo per la sua incolumità conseguente ai documenti contenuti nel dossier; di essersi dovuta rifugiare presso una comunità religiosa, perché la sera stessa militari armati la cercavano nel quartiere ove abitava mentre il giorno successivo i medesimi militari picchiavano il figlio, provocandogli gravi lesioni, per le quali veniva ricoverato in ospedale e sottoposto ad intervento chirurgico, avvertendolo peraltro, che sarebbero venuti a cercare la madre; di essere riuscita ad espatriare in Belgio e di aver richiesto prontamente protezione internazionale in questo paese ma di aver dovuto reiterare la domanda in Italia, in quanto ultimo paese di provenienza.

La Corte d'Appello di Bologna aveva accolto il reclamo principale e disatteso quello incidentale, per quel che ancora interessa, sulla base delle seguenti considerazioni:

a) la materia della protezione internazionale richiede una valutazione delle allegazioni del richiedente secondo criteri tipizzati che si discostano da quelli generali in materia di onere probatorio;

b) ai fini della protezione sussidiaria la reazione dell'autorità congolese interpellata dalla richiedente al fine di ottenere le proprie spettanze retributive ha posto la medesima in una condizione di pericolo per la sua vita e la sua incolumità fisica, essendosi determinata una situazione "profondamente degenerata del tessuto politico sociale conseguente ad un conflitto armato interno (...) attestato dal parere agli atti di esperto della situazione congolese, così potendosi riconoscere, nella situazione concreta, quella astrattamente prevista dall'art. 14 del. d.lgs n. 251 del 2007";

c) nelle dichiarazioni della cittadina straniera risultano rispettati gli indici legali di vaglio della credibilità prevista dalla normativa speciale relativa alla protezione internazionale, avendo la stessa: 1) presentato prontamente la domanda di riconoscimento della protezione internazionale; 2) fornito gli elementi per decidere già al momento della presentazione della richiesta; 3) fornito le integrazioni necessarie (documentazione medica relativa alle lesioni subite dal figlio in (…)); 4) allegato circostanze pertinenti e non dedotti fatti rivelatori della volontà di strumentalizzazione della procedura; d) la credibilità della cittadina straniera sarebbe irrimediabilmente compromessa, tuttavia, dalla discordanza temporale tra la datazione della certificazione medica del ricovero del figlio M.M. ((omissis)) e l'indicazione del giorno dell'aggressione, da collocarsi tra i giorni (omissis) , secondo le dichiarazioni della richiedente. Tale divergenza indurrebbe a non ritenere credibile che il ricoverato sia figlio della dichiarante e conseguentemente che essa sia stata nella situazione di pericolo per la sua vita ed incolumità personale, astrattamente idonea a giustificare la misura della protezione sussidiaria.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la cittadina straniera, affidandosi a quattro motivi di ricorso. Ha resistito con controricorso il Ministero degli Interni. Nel primo motivo di ricorso viene dedotto che erroneamente la pronuncia impugnata sia stata resa nella forma dell'ordinanza invece che di sentenza sottolineando che l'interesse a ricorrere su tale specifico profilo deriva dalla maggiore ampiezza dei motivi di ricorso conseguenti all'impugnazione davanti alla Corte di Cassazione di una sentenza. Nel secondo motivo di ricorso viene dedotta, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell'art. 3, quinto comma del d.lgs. n. 251 del 2007, perché la pronuncia impugnata, pur dando atto del riscontro positivo di tutti i parametri normativi di credibilità, indicati nella norma predetta, al fine di valutare l'affidabilità delle dichiarazioni del cittadino straniero richiedente una misura di protezione internazionale, ha affermato che un unico elemento ritenuto divergente sia in grado di travolgere integralmente la fondatezza della domanda. I criteri normativi di cui al citato art. 3, comma quinto del d.lgs. n. 251 del 2007, devono essere interpretati in senso alternativo e non cumulativo, in quanto la ratio della norma è quella di attenuare l'onere probatorio in capo al richiedente, non solo sotto il profilo delle oggettive condizioni del paese d'origine, ma anche in ordine alla valutazione della sua soggettiva credibilità. Nel terzo motivo viene dedotta ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. la violazione del citato art. 3 comma quinto del d.lgs. n. 251 del 2007e dell'art. 8 del d.lgs. n. 25 del 2008, per non avere il giudice d'appello, provveduto in virtù del dovere di cooperazione istruttoria su di esso incombente a richiedere, tramite il Ministero degli Esteri, agli uffici dello stato civile del Congo e all'Ospedale generale di K. , informazioni sulla parentela tra il signor M.M. e la ricorrente ed in ordine al ricovero ospedaliere Tale adempimento sarebbe stato doveroso, dal momento che la domanda di protezione sussidiaria è stata disattesa soltanto per questo specifico aspetto, essendo altrimenti ritenuta del tutto credibile la ricostruzione dei fatti forniti dalla ricorrente.

Nel quarto motivo viene dedotto il vizio di motivazione su un fatto decisivo ai fini del giudizio per avere la sentenza impugnata ritenuto che la documentazione sanitaria non possa essere veritiera perché contrastante con la datazione dell'aggressione indicata dalla ricorrente, da ritenersi invece veritiera. Su quest'ultima affermazione che inficia l'attendibilità del certificato del ricovero ospedaliero e dell'intervento chirurgico, manca una specifica motivazione, pur trattandosi di un elemento cruciale ai fini della decisione.

Il primo motivo di ricorso, deve ritenersi inammissibile per difetto d'interesse. Il presente giudizio è disciplinato ratione temporis dall'art. 35 del d.lgs. n. 25 del 2008. In primo grado si chiude con sentenza (art. 35, comma decimo) così come in secondo grado. La qualificazione formale dell'impugnazione come reclamo non modifica la natura e l'efficacia della pronuncia, alla quale va attribuito, indipendentemente dalla forma, il valore di sentenza. Peraltro, nessun limite relativo alla formulazione dei motivi incontra il ricorso per cassazione proposto ex art. 111 Cost. ai sensi dell'art. 360, ultimo comma, cod. proc. civ., così modificato per effetto dell'art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006. Il secondo motivo di ricorso è fondato. Il riconoscimento della protezione sussidiaria si fonda sul positivo riscontro di condizioni oggettive e soggettive. Le condizioni oggettive sono descritte nelle tre ipotesi di danno grave alternativamente indicate nelle lettere a), b), c) dell'art. 14 del d.lgs. n. 251 del 2007. Nella specie, secondo la Corte d'Appello di Bologna la condizione socio politica del paese d'origine della richiedente, coincide con "la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale", dal momento che, alla luce dell'accertamento svolto, grazie anche all'acquisizione del parere di un esperto, è emersa una "situazione profondamente degenerata del tessuto politico sociale" conseguente ad un "conflitto armato interno". Tale condizione è coerente, sempre secondo l'accertamento svolto dalla Corte d'Appello, con la reazione del tutto anormale dell'autorità nazionale alle richieste della signora B. , così come emerse dalle sue dichiarazioni e con la conseguente esposizione al rischio di comportamenti gravemente lesivi per la sua integrità fisica. Riscontrata l'astratta riconducibilità della situazione descritta dalla ricorrente nell'alveo delle situazioni che giustificano il riconoscimento della protezione sussidiaria, correttamente la sentenza impugnata si è data carico di verificare, se le dichiarazioni della richiedente, non suffragate da riscontri probatori, in ordine alla situazione di rischio per la propria vita od incolumità fisica fossero credibili alla luce degli indici legali di affidabilità contenuti nell'art. 3, quinto comma, lettere a), b), c),d), e) del d.lgs. n. 251 del 2007. Al riguardo, la Corte d'Appello ha espressamente affermato che:

- la ricorrente ha offerto la propria collaborazione all'accertamento dei fatti, integrando così la condizione indicata nella lettera a) del citato art. 3, quinto comma ("il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda");

- ha fornito già al momento della richiesta tutti gli elementi in suo possesso integrando la documentazione iniziale alla stregua degli ulteriori accertamenti necessari e fornendo idonea giustificazione del differimento (lettera b),

- ha reso dichiarazioni coerenti e plausibili rispetto alle condizioni generali del paese d'origine (lettera c);

- ha prontamente presentato la domanda di riconoscimento, dovendo tale tempestività essere ancorata all'iniziale domanda rivolta all'autorità belga e non a quella successiva presentata davanti all'autorità italiana, in virtù del Regolamento CE n. 343 del 2003 (c.d. Dublino II) (lettera d); è risultata complessivamente credibile (lettera e) in quanto "anche gli altri indici appaiono favorevoli quali la pertinenza degli elementi indicati e la assenza di fatti in sé rivelatori di volontà di strumentalizzazione della procedura" (sentenza impugnata, ultima pagina).

La medesima Corte, tuttavia, dopo aver riscontrato il positivo accertamento della credibilità della ricorrente alla luce di tutti gli indici normativi sopra indicati, considerati analiticamente e sinteticamente, ha ritenuto che tale affidabilità sia stata travolta dalla mancata corrispondenza temporale tra la data riportata nel certificato di degenza ospedaliera del figlio della ricorrente e la data, di poco successiva, indicata dalla parte come riferibile al giorno dell'aggressione. Questa incoerenza cronologica induce secondo

la Corte d'Appello, a dubitare che il ricoverato (e incontestatamente sottoposto ad intervento chirurgico per gravi lesioni) sia figlio della ricorrente, così inficiando il fatto fondante l'esposizione al rischio per la propria incolumità fisica su cui poggia il riconoscimento della protezione sussidiaria. In quest'ultima affermazione si annida la violazione dei criteri normativi di credibilità indicati nell'art. 3, comma quinto del d.lgs. n. 251 del 2007, sopra descritti. La norma, testualmente riproduttiva della corrispondente disposizione contenuta nell'art. 4 della Direttiva 2004/83/CE, costituisce, unitamente all'art. 8 del d.lgs. n. 25 del 2008, relativo al dovere di cooperazione istruttoria incombente sul giudice in ordine all'accertamento delle condizioni aggiornate del paese d'origine del richiedente asilo, il cardine del sistema di attenuazione dell'onere della prova, posto a base dell'esame e dell'accertamento giudiziale delle domande di protezione internazionale. Le circostanze e i fatti allegati dal cittadino straniero, qualora non siano suffragati da prova possono essere ritenuti credibili se superano una valutazione di affidabilità fondata sui sopradescritti criteri legali, tutti incentrati sulla verifica della buona fede soggettiva nella proposizione della domanda, valutabile alla luce della sua tempestività, della completezza delle informazioni disponibili, dall'assenza di strumentalità e dalla tendenziale plausibilità logica delle dichiarazioni, valutabile non solo dal punto di vista della coerenza intrinseca ma anche sotto il profilo della corrispondenza della situazione descritta con le condizioni oggettive del paese. Si tratta, di conseguenza, di uno scrutinio fondato su parametri normativi tipizzati e non sostituibili che impongono una valutazione d'insieme della credibilità del cittadino straniero, fondata su un esame comparativo e complessivo degli elementi di affidabilità e di quelli critici. Nella sentenza impugnata la valutazione finale di mancanza di credibilità della ricorrente è stata invece compiuta isolando un solo riscontro, così disattendendo quanto stabilito nella lettera c) del citato art. 3, comma quinto, del d.lgs. n. 251 del 2005 secondo il quale deve svolgersi una valutazione complessiva ed unitaria di attendibilità desumibile dai riscontri effettuati alla luce dei criteri analiticamente indicati nelle lettere precedenti. Poiché, nel caso di specie,tutti i parametri stabiliti nelle lettere da a) a d) del citato art. 3 risultano pienamente rispettati ed, anzi, il riscontro di affidabilità risulta coerente anche con la condizione oggettiva del paese, deve escludersi che un unico elemento discordante, di natura esclusivamente cronologica, possa travolgere la valutazione d'insieme che ne precede l'esame. Così operando la corte d'Appello non ha applicato correttamente la norma indicata avendo valutato l'anteriorità della certificazione del ricovero ospedaliere del figlio della ricorrente, peraltro fornita dalla stessa ricorrente, e non acquisita officiosamente, (e dunque costituente un elemento ulteriore di affidamento soggettivo) in modo del tutto atomistico e disancorato dall'insieme degli altri riscontri oggettivi oltre che dal giudizio soggettivo di credibilità compiuto alla luce degli indicati indici normativi. In conclusione, deve affermarsi che la valutazione di affidabilità del dichiarante alla luce dell'art. 3, quinto comma, del d.lgs. n. 251 del 2007, è vincolata ai criteri indicati dalle lettere da a) a d) e deve essere compiuta in modo unitario, (lettera e), tenendo conto dei riscontri oggettivi e del rispetto delle condizioni soggettive di credibilità contenute nella norma, non potendo lo scrutinio finale essere fondato sull'esclusiva rilevanza di un elemento isolato, specie se, come nella specie, si tratta di una mera discordanza cronologica sulla indicazione temporale di un fatto e non sul suo mancato accadimento (il ricovero ospedaliero e l'intervento chirurgico), né, soprattutto, sulla credibilità delle cause della predetta degenza, su cui si fonda la valutazione di pericolo per l"incolumità fisica posta a base del riconoscimento della protezione sussidiaria. All'accoglimento del secondo motivo di ricorso consegue l'assorbimento di quelli successivi. Non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto,la causa, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., può essere decisa nel merito. Ne consegue che deve essere dichiarato il diritto della ricorrente al riconoscimento della misura di protezione internazionale della protezione sussidiaria.

Le spese del giudizio d'appello devono essere integralmente compensate attesa la soccombenza reciproca delle parti in quel grado, giustificata dal fatto che la ricorrente aveva richiesto il riconoscimento, in via d'impugnazione incidentale, dello status del rifugio politico. Anche le spese del presente grado possono essere compensate in virtù della natura della controversia.

 

P.Q.M.

 

La Corte, accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito dichiara il diritto di B.B. alla protezione sussidiaria. Dichiara compensate le spese del giudizio d'appello e quelle del presente procedimento.




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