Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  12/09/2023

I requisiti di validità dell'informazione e del consenso, parte VII - Cecilia De Luca

      1. La forma e la prova del consenso

L’art. 26, comma 2, del c.d.m., statuisce che “la cartella clinica deve registrare i modi ed i tempi delle informazioni nonché i termini del consenso del paziente”. Ciò non toglie che, ai sensi dell’art. 35 del medesimo codice, il consenso debba essere acquisito in forma scritta solo nei casi previsti dalla legge e quando vi sia grave rischio per l’incolumità della persona, oppure nei casi in cui, per la particolarità delle prestazioni mediche o per le conseguenze che possono derivarne all’integrità fisica del malato, sia opportuna una manifestazione documentata della sua volontà. In dottrina ed in giurisprudenza si sottolinea come la sottoscrizione di un modulo non costituisca di per sé prova inconfutabile dell’avvenuta informazione perché la forma scritta non preclude la possibilità di indagare sull’eventuale incompletezza o sulla scarsa intellegibilità del modulo informativo.  In senso contrario, un altro orientamento rileva che la sottoscrizione da parte del paziente del modulo contenente tutte le informazioni del caso, comprese quelle sul rischio in concreto realizzatosi, determina l’inammissibilità della prova testimoniale dal medesimo chiesta per dimostrare l’inadempimento dell’obbligo di informazione. Secondo altro orientamento, invece, “se la sottoscrizione del modulo relativo non costituisce la dimostrazione del consenso informato, anche l’assenza del prestampato firmato non vuol dire che la prestazione sanitaria sia stata carente dall’angolo visuale del diritto all’informazione posto che, per il tipo di intervento in questione, non erano richieste forme particolari per far constare la trasmissione dai medici al paziente delle informazioni necessarie e sufficienti per consentire a lui di scegliere con una minima cognizione di causa l’atto terapeutico: la cui dimostrazione può essere fornita anche attraverso prove orali”. Sebbene la forma scritta sia requisito di validità del consenso solo in determinati casi, la prassi di far firmare al paziente la propria accettazione al trattamento ritenuto indicato riveste un’ovvia rilevanza probatoria. Tuttavia, poiché l’assistito non può essere in posizione paritaria con il medico in quanto ha bisogno della sua prestazione, appare necessario documentare il consenso informato facendo sottoscrivere il modulo, su ogni pagina, anche in presenza di due testimoni, uno per il medico ed uno per il paziente, per arginare il rischio che quest’ultimo dichiari come avvenuto un dialogo mai verificatosi. In una prospettiva di effettiva valorizzazione del diritto del paziente all’autodeterminazione, la documentazione del consenso informato dovrebbe svolgersi attraverso una ripresa filmata, utile per la quantificazione del danno, per la valutazione equitativa del giudice, evitando una eccessiva discrezionalità.

      1. L’identità tra intervento acconsentito ed intervento eseguito

Il consenso prestato dal paziente per un determinato intervento non può essere valido anche per un trattamento diverso. Anche questo aspetto, apparentemente scontato, può dar luogo a controversie sulla legittimità dell’operato medico. Nel caso, ad esempio, in cui il medico, in specie chirurgo, nel corso di un intervento riscontri nel soggetto anestetizzato una patologia non diagnosticata, oppure più grave di quella diagnosticata, presentandosi come necessario medicalmente un intervento chirurgico diverso o ulteriore, con un diverso rapporto tra costi e benefici, che sarebbe più logico eseguire contestualmente all’operazione già in corso, ma che il paziente non è in grado né di accettare né di rifiutare, essendo narcotizzato, la giurisprudenza tende a trovare la soluzione nella liceità del trattamento diverso o ulteriore solo se sussiste uno stato di necessità ex art. 54 c.p.  Negli altri casi, la modifica dell’operazione è fonte di responsabilità.

In allegato l'estratto completo di note


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