Cultura, società  -  Redazione P&D  -  13/03/2024

Il circolo di Venezia - Umberto Breccia

Buste intestate che non si usano più - Forse, da qualche parte è rimasta una busta, non priva di una sua ben visibile eleganza, sulla pergamena intestata a “Il circolo di Venezia”, presieduto dal fiorentino Cosimo Marco Mazzoni, il quale curò, con ironica solennità, la pubblicazione di quelle belle carte in bianco.

  Il caro presidente-amico è scomparso; e, con lui, il “circolo”.

  Le buste di un simile materiale nobile sarebbero diventate comunque superflue con il primato delle tecnologie digitali. 

 Alcune memorie frammentarie sopravvivono, tuttavia.

  Provo a rievocarle, nel tentativo di comunicare la traccia di un “diritto” che in quelle ore parve inseguita e smarrita. 

  Fu un “circolo” composto da un piccolo gruppo di persone che, dunque, avevano in comune Venezia.

  Nel caso di Cosimo Marco e mio, prevaleva il bisogno di ravvivare una meraviglia di quand’eravamo piccoli: non dimenticabile.

  Per gli altri soci, c’era pure il concorso di una prossimità logistica, ovvero - per quanto riguarda Paolo Cendon – le suggestioni intime della sua città, fin dalla nascita e fin dalla prima dimora.

  Quel piccolo “circolo” senza fama e senza gloria aveva, come si è premesso, un altro tratto identitario comune: che era, quanto meno, insolito.

Gli incontri lagunari riunivano alcuni giuristi che si sentivano per motivi diversi amichevolmente uniti e volevano confrontare le loro idee sui lavori in corso.

  La sede, in un senso non solamente logistico, era pur sempre un’idea leggera di Venezia.

  La finalità non dichiarata era il bisogno di sgravarsi, non senza un qualche sorriso liberatorio, dal peso di un diritto che, spesso, tendeva a mostrare un volto cupo, pervasivo, asservito a rituali anacronistici e a poteri di parte: a volte paludati e a volte occulti.

  Sentivamo tutti, a ben vedere, un disagio: quasi che il diritto, seppure continuasse (e continui) a essere descritto o valutato alla stregua di una scienza, non riuscisse a liberarsi da un’ambiguità insopprimibile, nel suo intrecciarsi con una vita umana non calcolabile soltanto in termini mercantili; e nel fallimento dell’aspirazione, troppo spesso retorica, a dare un senso alle cose, nonché a dirle e a farle, così come stanno nel ritmo primario dell’esistenza e della convivenza sociale.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film