-  Redazione P&D  -  30/03/2012

IL DIRITTO A NON SOFFRIRE:CURE PALLIATIVE E COSTITUZIONE – Federico G. PIZZETTI

In un non sempre ricordato passo del celebre romanzo "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, si legge che il Principe di Salina, contemplando con disagio l"affollarsi di carte relative all"amministrazione dei feudi sulla propria scrivania, e ripensando a quella del Re Ferdinando a Caserta, anch"essa ingombra di pratiche e decisioni con le quali ci si illudeva di influire sul corso delle vicende umane, che invece prendeva tutt"altre autonome direzioni, ebbe a pensare a «una medicina scoperta da poco negli Stati Uniti d"America che permetteva di non soffrire durante le operazioni più crudeli, di rimanere sereni fra le sventure. Morfina lo avevano chiamato questo rozzo surrogato chimico dello stoicismo pagano, della rassegnazione cristiana».

La riflessione di don Fabrizio merita in questa sede di essere ricordata nel suo essere efficace sintesi di alcune delle caratteristiche più tipiche della "sofferenza".

Emerge, infatti, in primo luogo, la duplice natura della sofferenza stessa - che ritrova oggi riscontro anche in definizioni adottate a livello internazionale (il riferimento è alla tassonomia dell"International Association for the Study on Pain del 1978) - quale vero e proprio "dolore", legato ad una lesione o infiammazione di un tessuto del corpo, o a una malattia della mente, da una parte (è il richiamo compiuto alle operazioni più crudeli), e quale più generale "afflizione", di natura esclusivamente psichica, e di intensità e durata non tali da determinare l"insorgere di un"alterazione sul piano medico-legale, cagionata da eventi avversi della vita, dall"altra (è l"accenno fatto alle più generiche sventure).

In secondo luogo, la dimensione psicologica all"interno della quale matura nella mente del protagonista il richiamo al lenitivo del dolore, fa emergere la natura composita della sofferenza quale risulta dall"interazione fra una molteplicità di "piani" distinti: da quello, per così dire, percettivo-sensoriale, dipendente dall"apparato del corpo deputato alla generazione e alla trasmissione dell"impulso algogeno, e che coinvolge il sistema nervoso periferico e complesse dinamiche biochimiche, a quello di tipo esperienziale, correlato, invece, all"elaborazione dello stimolo stesso, e che si serve del sistema nervoso centrale, e in modo particolare di strutture interne all"encefalo e di altrettanto sofisticati circuiti cerebrali (oltre che di mediatori biochimici), comprendendo le sfere della coscienza, dell"affettività e della memoria.

È esperienza comune, in effetti, che la persona addormentata, o completamente anestetizzata, non è in grado di "provare" sensazioni dolorose, pur ricevendo il suo cervello gli impulsi nocicettivi; per contro, una lesione o inibizione delle vie del dolore impedisce al malato di avvertire la stimolazione dolorosa in un distretto del corpo (a parte restando la cosiddetta sindrome dell""arto fantasma").

[...]




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film