-  Redazione P&D  -  11/04/2014

Il D.L. 20 MARZO 2014, N. 34: CECITÀ POLITICA E SOCIALE PER UNA NUOVA PRESUNTA PRECARIETÀ* - Paolo Emilio ROSSI

Professore incaricato di Diritto del lavoro nell"Istituto Universitario di Architettura di Venezia.

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SOMMARIO. 1. Il relitto fossile della storica concertazione. 2. Mancanza di legittimazione costituzionale per le organizzazioni sindacali prive di personalità giuridica. 3. Nuova e più efficace disciplina in materia di apprendistato e di contratti a tempo determinato. 4. Misure di semplificazione specie in materia di verifica della regolarità contributiva. 5. Il patto europeo sulla crescita economico-finanziaria anche allo scopo di ridurre soprattutto la disoccupazione giovanile all"interno dell"Unione.

 

RIASSUNTO

Secondo l"Autore, il Governo Renzi avrebbe innescato un nuovo modo di concepire il rapporto comunicativo tra chi governa e coloro che hanno diritto a conoscere, nella trasparenza, l"iter, attraverso il quale verrebbe soddisfatto il bene della collettività organizzata nello Stato.

Avverte l"oggettivo declino della liturgia della concertazione sociale, soffermandosi sul vertice bilaterale italo-tedesco del 17 marzo 2014, il quale si è concluso con una dichiarazione congiunta delle Confindustrie di Italia e Germania. Segnala, poi, come il debito sovrano dell"Italia schiacci l"economia nazionale e obblighi il Sindacato all"osservanza dell"art. 39 della Costituzione per essere legittimato a concorrere a determinare la politica nazionale attraverso un"apposita legge per la sua libera e volontaria registrazione e conseguente attribuzione della non più procrastinabile personalità giuridica. Dà, infine, conto della nuova disciplina in materia di apprendistato e di contratto a tempo determinato, sottolineando come l"art. 4 del relativo decreto-legge n. 34 del 2014, recante misure di semplificazione in tema di verifica delle regolarità contributiva, abbia abrogato il tanto discusso articolo 14 della legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 9.


1.         Il relitto fossile della storica concertazione.

Con l"approvazione da parte della Camera dei Deputati del disegno di legge di riforma elettorale abbiamo constatato una vera e propria rivoluzione politica del sistema Paese. E infatti, il racconto svolto dal premier Renzi sugli interventi governativi circa il superamento del bicameralismo perfetto, la revisione costituzionale del titolo V dell"Ordinamento della Repubblica, il Jobs Act, la riforma del fisco, della Pubblica Amministrazione e della giustizia, ha innestato un nuovo modo di concepire il rapporto comunicativo tra chi governa e coloro che hanno diritto a conoscere, nella trasparenza, l"iter attraverso il quale verrebbe soddisfatto il bene comune. Si tratta di riforme strutturali dello Stato, le quali, in quanto tali, danno credibilità per conseguire una maggiore flessibilità dal versante del debito pubblico alla vigilia dell"applicazione del Fiscal compact. Secondo questo istituto fiscale il bilancio pubblico deve essere in pareggio o in attivo, e comunque un eventuale disavanzo strutturale non può essere superiore allo 0,5 per cento del Pil. Peraltro, un deficit strutturale fino all"1 per cento è consentito solo quando il rapporto debito-Pil è significativamente inferiore al 60 per cento, che costituisce l"altro rigido paletto che gli Stati devono rispettare. Sul punto, al fine di aiutare a comprendere l"oggettivo declino della paludosa liturgia della concertazione sociale, va presa coscienza del fatto che, nell"ipotesi di scostamenti temporanei dall"obiettivo del pareggio di bilancio in termini strutturali, il Governo, per poter modificare il percorso di rientro e sentita la Commissione europea, è obbligato a presentare un apposito "atto politico" alle Camere, nel quale motivi e circoscriva lo scostamento indicando, al tempo stesso, il relativo piano di rientro. Tale "atto politico" deve essere approvato da ciascuna Camera a maggioranza assoluta e non può essere obbiettivamente concertato con le parti sociali. Del resto, sulle riforme contano i risultati, anche se l"apertura di credito concessa, in data 17 marzo 2014, dal cancelliere tedesco Angela Merkel al nostro primo ministro Renzi è rimasta sintetizzata in questa plastica frase: «Vedo un bicchiere mezzo pieno, non mezzo vuoto, e il Governo italiano sta lavorando per riempirlo del tutto». E il rilievo più significativo, nell"analisi del cancelliere, ha toccato la riforma del mercato del lavoro, modellata, secondo Renzi, sull"esperienza positiva tedesca e, quindi, commentata nel senso che essa «va nella giusta direzione». Senonchè, la Merkel ha ammonito come, soprattutto nel campo dell"occupazione, i risultati abbiano bisogno di tempi non brevi, così come si è verificato in Germania per conseguire benefici in circa tre anni al fine di veder creati più posti di lavoro. È stato così ribadito che le riforme strutturali sono indispensabili per generare la crescita e, quindi, per aumentare la produttività e ridurre la sconcertante disoccupazione giovanile.

Sul versante delle imprese, che rappresentano le due grandi economie manifatturiere dell"Unione europea, il vertice bilaterale italo-tedesco si è concluso, nell"incontro in discorso, con una dichiarazione congiunta delle Confindustrie di Italia e Germania in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo 2014. Tale dichiarazione declina sei punti, nei quali, in particolare, si domanda di attuare l"obiettivo di incrementare il sostegno all"industria nella misura del 20 per cento del PIL dell"Unione europea entro il 2020, mediante la definizione di una intelligente e coerente strategia continentale di politica industriale. Questa deve includere una nuova governance industriale europea, che sia in grado di dare una forte priorità alla competitività, ponendola al centro di tutte le politiche dell"Unione, specie quelle riferite al nuovo pacchetto energia e clima 2030. Viene auspicato, pertanto, un approccio integrato, idoneo a prendere in considerazione i tre pilastri della politica energetica, vale a dire: sostenibilità, competitività e sicurezza delle forniture. Da ultimo, le due Confindustrie si sono appellate al Consiglio europeo affinché venga sostenuta l"imprescindibile agenda di liberalizzazione commerciale, intensificando ogni sforzo politico-diplomatico per definire un più che significativo accordo commerciale con gli Stati Uniti. A detta del numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi, «gli imprenditori tedeschi e italiani sono pronti a questa sfida, lavorando insieme per il bene comune».

Il vertice dell"Unione europea del 20 e 21 marzo 2014 non sembra concedere assegni in bianco all"Italia e ciò fino a quando non saranno noti risultati concretamente raggiunti. In questo quadro è da cogliere l"indirizzo di politica sindacale che le grandi Centrali confederali stanno perseguendo con annunci di opposizione alle riforme riguardanti il mercato del lavoro e contro i risultati dell"opera di Carlo Cottarelli, commissario straordinario per il piano di spending rewiew. Questi, in un"audizione al Senato, ha previsto, per il 2014, risparmi, per gli ultimi otto mesi, di euro 5 miliardi, avendo, però, come riferimento l"obiettivo di 7 miliardi di euro su base annua. Senonchè, il tutto dipenderebbe dalle scelte politiche, le quali non potranno essere condizionate dalle organizzazioni sindacali, ormai privi del tavolo di confronto con il Governo. Così, la razionalizzazione del pubblico impiego comporterebbe una situazione di rischio per 85 mila dipendenti, prevedendosi la chiusura di una serie di enti e amministrazioni, equivalente a un costo di 3 miliardi di euro, mentre la capienza di un ritocco al blocco totale del turn over equivarrebbe a circa 90 mila minori assunzioni.

Ciò che impedisce ai Sindacati di opporsi al presunto attacco al welfare è che, per le vicende proprie dell"Unione europea e per quelle internazionali dell"Ucraina, della Crimea, della Russia, degli Stati Uniti, della Siria e della Palestina, la liturgia sindacale della concertazione è divenuta un relitto storico, relegando le organizzazioni stesse a posizioni prettamente corporativistiche e di stampo non partecipativo della solidarietà generale. D"altronde, la situazione del debito sovrano dell"Italia è imputabile, sia pure in una situazione di minore responsabilità politica, alle pretese e alle minacce ricorrenti degli stessi Sindacati a ogni tentativo di riforma della Pubblica Amministrazione e a ogni taglio di spesa pubblica inutile e inefficiente nonché inefficace riguardo al bene comune. Vero è che, per l"Italia, secondo il rapporto biennale dell"Ocse sulla situazione sociale nei 34 Paesi membri, «le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro e l"estensione del sistema di protezione sociale, attraverso sussidi di disoccupazione universale e l"impegno per un più unificato sistema di supporto ai lavoratori con reddito minimo, rappresentano degli importanti passi nella buona direzione. Ai quali si affianca la riduzione della pressione fiscale per il redditi medio bassi».

 

 

2. Mancanza di legittimazione costituzionale per le organizzazioni sindacali prive di personalità giuridica.

Archiviato il frusto metodo della concertazione, capace nel passato di introdurre una sorta di sindacalizzazione della vita politica del Paese, e abbandonato il tratto solidaristico della rivendicazione salariale con l"obiettivo di redistribuire, in favore di categorie privilegiate di lavoratori e di cittadini, addirittura la ricchezza non prodotta, il nostro debito sovrano, che ci schiaccia finanziariamente, chiama il Sindacato all"osservanza dell"art. 39 della Costituzione per essere legittimato a concorrere a determinare la politica nazionale. Diversamente, si staglia, nell"universo sindacale, lo stato giuridico di associazione di fatto di diritto privato, volta essenzialmente a perseguire interessi economici suoi propri, anche se di natura collettiva e con una struttura organizzativa di facciata sociale. Occorre valutare, pertanto, che ampiezza e limiti del riconoscimento costituzionale di libertà risultano condizionati dall"impostazione del rapporto fra l"art. 18 e l"art. 39: a seconda che si ritenga che lo status del sindacato sia regolato esclusivamente da quest"ultimo articolo e che la natura funzionale della situazione soggettiva tutelata dal medesimo consenta una completa scissura fra la sua disciplina e il generale diritto di associazione. Di contro, va considerato che, in ragione della natura associativa del sindacato, possa attribuirsi all"art. 18 una potenzialità espansiva nella sfera di esso, per cui detto articolo continua a regolarlo, sebbene con le integrazioni e ulteriori limitazioni che l"art. 39 introduce in considerazione del ruolo riconosciuto allo stesso sindacato. Dall"adesione all"una o all"altra opzione di fondo dipende la soluzione di alcune questioni particolari, riconducibili a una considerazione di tipo istituzionale ovvero meramente associativa dell"organizzazione sindacale. Il tema dei rapporti fra l"art. 18 e l"art. 39 assume rilievo al fine di stabilire i limiti dell"azione del sindacato privo della personalità giuridica, nel senso che il richiamo all"ordinamento interno «a base democratica» esprime una valenza ulteriore rispetto ai limiti del diritto di associazione ex art. 18. Occorre aggiungere quell"indirizzo che esclude, invece, che il richiamo al metodo democratico abbia un significato e un contenuto qualitativamente diversi dalla legge penale generale, dalla segretezza e dall"organizzazione paramilitare.

Peraltro, anche ad accedere alla tesi dell"ulteriorità della nozione di «base democratica», si ritiene che il collegamento con la disciplina generale del diritto di associazione non verrebbe meno comunque, e che, in mancanza di un"attuazione legislativa dell"art. 39, il sindacato non potrebbe incorrere che nei limiti generali ex art. 18 e nelle sole misure compatibili con lo stesso. Costituisce sicuramente una funzione di carattere pubblico la facoltà del sindacato di stipulare, con la controparte, contratti di lavoro aventi validità obbligatoria per tutti gli appartenenti alla categoria, vale a dire con efficacia giuridica erga omnes. Senonchè, la mancata acquisizione della personalità giuridica, da sempre e per sempre rifiutata dal sindacato, pone quest"ultimo alla stregua di un "re nudo", privo di quelle funzioni pubbliche che lo legittimerebbe a rivendicare quella concertazione di livello governativo, volta a concorrere alla determinazione della politica non solo nazionale, ma altresì europea. Sicché, oggi, il sindacato, non registrato secondo un"emananda legge e, perciò, privo di personalità giuridica, rimane "bloccato" nell"angolo degli spettatori delle vicende giuslavoristiche, autoannullandosi nel globale contesto degli interessi collettivi professionali.

Come può partecipare e dialogare lo stesso sindacato all"attuale strategia del Governo in tema di dirigenza statale in vista della riduzione degli stipendi aumentati con le indennità di risultato, del mutamento dei relativi contratti a tempo indeterminato, della rotazione degli incarichi nonché del ruolo unico dei dirigenti? Con lo sciopero? Ma per proclamarlo, il sindacato deve aver avuto riconosciuto, da una legge da emanare doverosamente, che il proprio statuto sancisce «un ordinamento interno a base democratica». Altrimenti, cade nell"illegalità e persino la proclamazione dello sciopero sarebbe politicamente illegittimo! L"interesse generale della collettività non potrà mai essere soffocato da interessi egoistici di parte privata, ancorché collettivamente associata. Del resto, nel contesto dell"Unione europea o il sindacato si muove coerentemente alle politiche definite dal Consiglio e dal Parlamento o si annulla di per sé, come sta per avvenire con l"eliminazione del CNEL.

 

3. Nuova e più efficace disciplina in materia di apprendistato e di contratto a tempo determinato.

In attesa della promulgazione del decreto legge che semplifica la disciplina dei contratti a termine e dell"apprendistato, il ministero del Lavoro ha chiarito che, con l"entrata in vigore di quel decreto, il datore di lavoro «può sempre instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato senza causale, nel limite di durata di trentasei mesi. Viene così superata la precedente disciplina che limitava tale possibilità solo al primo rapporto di lavoro a tempo determinato». Il Dicastero ha spiegato altresì che «la possibilità di prorogare un contratto di lavoro a termine in corso di svolgimento è sempre ammessa, fino a un massimo di otto volte nei trentasei mesi». Unica condizione per le proroghe, «il fatto che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato inizialmente stipulato». Ha, inoltre, precisato che, nell"introdurre il limite del venti per cento di contratti a termine che ciascun datore di lavoro può stipulare rispetto al proprio organico complessivo, il decreto fa comunque salvo quanto disposto dall"art. 10, comma 7, del D.Lgs. n. 368 del 2001, che, da un lato, lascia alla contrattazione collettiva la possibilità di modificare tale limite quantitativo e, dall"altro, tiene conto delle esigenze connesse alle sostituzioni e alla stagionalità. Infine, per tenere conto delle realtà imprenditoriali più piccole, è previsto che le imprese che occupano fino a 5 dipendenti possano comunque stipulare un contratto a termine, mentre, se si fa scadere un contratto, in sede di rinnovo permarrà l"intervallo di tempo tra 10 e 20 giorni per la proroga del vigente contratto a termine.

Ora, in attesa di conoscere il testo definitivo del decreto in parola, una parte delle Centrali confederali ha espresso contrarietà al predetto intervento, il quale non conseguirebbe una giusta razionalizzazione della legislazione sul lavoro. A ben vedere, si tratta di posizioni ideologiche proprie di una concezione immobilista a contenuto conservatore, mal sorretta da un pregiudizio volutamente conflittuale, che denuncia cecità politica e sociale a causa di una tesi di aumento della precarietà occupazionale per quell"intervento riformatore. E il vicepresidente dell"ANCE, Gabriele Buia, parla, invece, di importante innovazione, atteso che le nuove norme della materia de qua incentivano la buona flessibilità, rendendo particolarmente utile il contratto a termine per le imprese edili, le quali, essendo impegnate in gare e appalti, devono con frequenza far fronte a picchi produttivi e a periodi di pausa. Potrà così proseguire il rapporto di lavoro a termine senza dover aspettare quelle prescrizioni degli intervalli, che creavano il rischio di dover fermare i cantieri. Con le nuove regole, poi, si dovrebbe verificare un significativo calo del contenzioso giudiziario.

Il decreto legge del Governo n. 34 del 2014 sul lavoro flessibile favorisce, a detta del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il processo di stabilizzazione, facendo, però, rilevare come in Italia i vari precari sarebbero i titolari delle partire IVA "fasulle".

Per il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, in Italia ci sono 650mila "cocopro", almeno 500mila finti lavoratori con la partita IVA, 54mila collaboratori nella Pubblica Amministrazione e 52mila associati in partecipazione. Soggiunge, poi, come formalmente sarebbero liberi professionisti che opererebbero in regime di mono committenza, vale a dire per una sola azienda, con tutti i vincoli di subordinazione che ne derivano.

Questo sarebbe il vero scandalo italiano su cui regna un"omertà assoluta! Bonanni annuncia, quindi, la campagna che la CISL farà nei prossimi mesi al fine di costringere le aziende a regolarizzare tutte queste forme di lavoro autonomo che, in verità, maschererebbero dei veri e propri rapporti di lavoro dipendente.

Sull"argomento, dobbiamo segnalare come spetti al ministro del Lavoro di rendere conforme alle leggi l"organizzazione del servizio ispettivo, ridando all"INPS e all"INAIL i propri compiti istituzionali di vigilanza sulla regolarità dei versamenti dei contributi e dei premi e attuando a pieno la riforma di cui alla D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, recante norme su «armonizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro». Il Governo è obbligato a trasferire al giudice tributario tutte le controversie previdenziali in forza dell"art. 3 bis, primo comma, lett. a), della legge di conversione, con modifiche, 2 dicembre 2005, n. 248, del D.L. n. 203 del 2005, che ha novellato l"art. 2 del D. Lgs. n. 546 del 1992 mediante l"inserimento, dopo le parole: «tributi di ogni genere e specie», del seguente inciso: «comunque denominati». La mancata attuazione di detta riforma ha prodotto fino all"anno 2008, inizio della grave crisi finanziaria, un danno all"Erario di circa 70miliardi di euro!

E veniamo alla riforma dell"apprendistato, atteso che l"impresa, che assume un apprendista per la qualifica e per il diploma professionale, beneficia di un significativo sconto, nel senso cioè che sarà tenuto a corrispondere il 100 per cento delle ore di lavoro svolte e il 35 per cento del monte ore complessivo di formazione, fatta salva l"autonomia della contrattazione collettiva. Essa prevede l"obbligo di assunzione di una quota di apprendisti, al termine del percorso formativo, come condizione per poter tornare ad assumere nuovi apprendisti. Viene, inoltre, garantita la parità di trattamento per tutti coloro che sono in cerca di occupazione negli Stati membri dell"Unione europea, indipendentemente dal luogo di residenza, eliminando così il domicilio quale requisito legale per beneficiare delle politiche attive e introducendo i requisiti della residenza e della contendibilità della persona interessata. In altri termini, lo scopo sarebbe quello di consentire al giovane di rivolgersi a un servizio per l"impiego, a prescindere da dove risieda, rendendo operativo in tal modo il piano europeo "Garanzia giovani", il quale investe 1,5 miliardi di euro nel biennio 2014-2015 in favore delle imprese che assumeranno under 30 a tempo indeterminato finanziando anche i tirocini formativi o l"auto imprenditorialità.

Riguardo, poi, alla semplificazione della disciplina contrattuale, il ricorso alla forma scritta e al patto di prova è previsto soltanto per la costituzione del rapporto e non più per il relativo piano formativo individuale. Sono superate, inoltre, le previgenti disposizioni secondo cui l"assunzione di nuovi apprendisti sarebbe rimasta necessariamente condizionata alla conferma in servizio di precedenti apprendisti al termine del percorso formativo.

È venuto meno, infine, l"obbligo per il datore di lavoro di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l"offerta formativa pubblica, sostituendo pertanto l"obbligo in capo al datore di lavoro con un elemento di discrezionalità. Ciò segna la significativa riduzione prodottasi con le linee guida delle Regioni del 20 febbraio 2014, in virtù delle quali si è introdotta la limitazione a 120 ore nell"arco dei tre anni, ulteriormente riducibili a 40 in caso di laureati. In concreto, sono otto giorni di formazione pubblica interna o esterna – diventati ora facoltativi – all"impresa nell"arco del triennio da svolgersi tendenzialmente nella fase di avvio del rapporto di apprendistato.

 

4. Misure di semplificazione specie in materia di verifica della regolarità contributiva.

L"art. 4, punto 1., del decreto legge n. 34 del 2014 dispone che, a fare tempo dal 21 marzo 2014, chiunque vi abbia interesse è legittimato a verificare, con modalità esclusivamente telematiche e in tempo reale, la regolarità contributiva nei confronti dell"INPS, dell"INAIL e, per le imprese tenute ad applicare i contratti del settore edilizio, nei confronti delle Casse edili. Con decreto interministeriale e sentiti l"INPS e l"INAIL verranno definiti i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità della verifica nonché le ipotesi di esclusione individuate da tale decreto.

Tra i criteri a cui dovrà ispirarsi questo provvedimento, oltre a quello secondo il quale «la verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti scaduti sino all"ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata», è previsto come la verifica avvenga «tramite un"unica interrogazione negli archivi dell"INPS, dell"INAIL e delle Casse edili che, anche in cooperazione applicativa, operano in integrazione e riconoscimento reciproco, indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare».

Sull"argomento, quel che è davvero importante sottolineare ai sensi del punto 3 dell"articolo citato, è che l"interrogazione eseguita assolve all"obbligo di verificare la sussistenza del requisito d"ordine generale presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l"Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Con questa "esplosiva" aggiunta che, dalla data 21 marzo 2014, sono «abrogate tutte le disposizioni di legge incompatibili con i contenuti del presente articolo». E così l"obbrobrio normativo di cui al sostituito articolo 14 in sede di conversione del decreto legge n. 145 del 2013 nella legge 21 febbraio 2014, n. 9, è "felicemente" abrogato!!!

Il Ministero del lavoro, in particolare, dovrà dare attuazione alle semplificazioni in parola riguardanti la "smaterializzazione" del DURC «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

 

 

5. Il patto europeo sulla crescita economico-finanziaria anche allo scopo di ridurre soprattutto la disoccupazione giovanile all"interno dell"Unione.

Nel mese di maggio 2014 parte la Youth guarantee, vale a dire il programma che l"Italia predispone per offrire ai giovani fino ai 25 anni, una opportunità di lavoro o di studio entro quattro mesi dalla disoccupazione o dall"uscita dalla scuola. Il piano "Garanzia giovani" porta in dote europea 1,5 miliardi di euro e avrà corso dopo la firma delle convenzioni da parte di ciascuna Regione, una volta aperto il portale nazionale per la registrazione telematica dei giovani ed essere successivamente contattati dalle strutture territoriali. Il riparto dei fondi, oltre a quelli dell"Unione europea e a quelli relativi al cofinanziamento nazionale e alle risorse dei fondi sociali europei regionali, è avvenuto sulla base dei disoccupati e precisamente alla Campania andrà la fetta maggiore pari a euro 191,6 milioni, mentre alla Sicilia e alla Lombardia resta assegnata una stessa quota di poco superiore a euro 178 milioni. Le convenzioni, firmate dai Presidenti delle Regioni, dovranno indicare il procedimento mediante il quale saranno assegnati i rispettivi budget per ogni singola spesa attinente ad una delle nuove voci individuate, come, ad esempio, l"orientamento, la formazione, l"apprendistato, i tirocini.

Come s"è visto, nel decreto legge 20 marzo 2014, n. 34, è garantita parità di trattamento per chi cerca un impiego negli Stati membri dell"Unione europea, indipendentemente dalla residenza, eliminando il domicilio come requisito legale per beneficiare delle politiche attive del lavoro.

Attesa la nostra piena condivisione sui contenuti di riflessione politica, economica, sociale e sindacale in genere, elaborati dalla Confederazione europea dei sindacati (CES) nel "Patto sociale per l"Europa" in data 12 marzo 2014, avvertiamo l"utilità conoscitiva di esso e ne riportiamo qui di seguito le significative asserzioni.

L"appello proposto per un "Patto sociale per l"Europa" declina, dunque, le seguenti constatazioni e auspici: «Assistiamo a fenomeni quali crescenti diseguaglianze, aumento della povertà ed esclusione sociale, disoccupazione alle stelle, precarietà del lavoro, che colpisce in modo particolare i giovani, ed una crescente disillusione nei confronti del progetto europeo. Assistiamo ad un preoccupante aumento del nazionalismo, del razzismo e della xenofobia. Questa tendenza, aggravata dalla concorrenza delle basse retribuzioni, potrebbe portare ad un rifiuto del progetto europeo che la CES ha sempre sostenuto. Vediamo minacciato l"assetto economico e sociale dal dopoguerra, che ha portato alla creazione dell"Unione europea e del modello sociale europeo. Questo modello sociale, unico nel suo genere, ha portato notevoli vantaggi per cittadini e lavoratori e ci ha consentito di ricostruire passando da una situazione di crisi ad una di prosperità. Riteniamo che l"unione monetaria debba servire al conseguimento del processo di integrazione europea basato sui principi della pace, della democrazia e della solidarietà, nonché sulla coesione economica, sociale e territoriale. Questo è il modo per garantire un futuro ai cittadini in un mondo globalizzato. Ricordiamo che obiettivo dichiarato dall"UE è il progresso economico e sociale. Conseguire gli obiettivi 2020 dell"Unione europea richiede società socialmente stabili, crescita economica sostenibile ed istituzione finanziarie a servizio dell"economia reale. Crediamo che tramite il dialogo sociale potremmo ricercare soluzioni eque ed efficienti per rispondere alla grave crisi che l"Unione si trova ad affrontare. Ma purtroppo riscontriamo che la democrazia sul posto di lavoro e del dialogo sociale sono spesso ignorati, messi a repentaglio e negati.

Chiediamo all"Unione europea di concentrarsi sulle politiche atte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro, sulla qualità dell"occupazione, su retribuzioni eque, sulla parità di trattamento, su un dialogo sociale efficace, sui diritti umani e sindacali, su servizi pubblici di qualità e sulla tutela sociale – ivi comprese disposizioni in tema di sanità e pensioni eque e sostenibili – nonché su una politica industriale volta a favorire una giusta transizione verso un modello di sviluppo sostenibile. Tali politiche contribuiranno a dare fiducia ai cittadini nel loro futuro comune. Respingiamo tutte le politiche che portano a una concorrenza a ribasso in tema di diritti del lavoro, retribuzioni, sicurezza sociale, imposte e ambiente.

Sosteniamo politiche economiche coordinate nonché l"obiettivo del risanamento dei conti pubblici, ma deploriamo le misure di governance economica adottate che minano le conquiste sociali degli ultimi decenni, soffocano la crescita sostenibile, la ripresa economica e l"occupazione e distruggono i servizi pubblici. Per questo motivo ci opponiamo al Trattato in tema di Stabilità, Coordinamento e Governance dell"Unione Economica e Monetaria (TSG).

Chiediamo un patto sociale per l"Europa i cui contenuti proponiamo di discutere e concordare a livello tripartitico europeo con il dibattito sui seguenti elementi: a) Contrattazione collettiva e dialogo sociale; b) Governance economica per la crescita sostenibile e l"occupazione; c) Giustizia economica e sociale.

Dovrebbero essere stanziate risorse aggiuntive, recepite grazie ad un miglior utilizzo dei fondi strutturali europei, alla Banca europea degli investimenti, all"emissione di project bond e ad una tassa sulle transazioni finanziarie adeguatamente congegnata, da impiegare a fini sociali e ambientali».




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