-  Tenuta Marco  -  23/01/2014

IL PROCEDIMENTO PENALE DI ABUSO SESSUALE SUL MINORE NON LIMITA IL DIRITTO DI VISITA DEL GENITORE – Marco TENUTA

L"abuso o il maltrattamento sull"infanzia è rappresentato da tutte le forme di cattivo trattamento fisico e/o affettivo, abuso sessuale, incuria o trattamento negligente, nonché sfruttamento sessuale o di altro genere, che provocano un danno reale o potenziale alla salute, alla sopravvivenza, allo sviluppo o alla dignità del bambino, nell"ambito di una relazione di responsabilità, fiducia o potere. [1]

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 372/2014 che merita attenzione anche per le ricadute operative sui Servizi sociosanitari, ha stabilito che un genitore, nella fattispecie il padre, seppur sospettato di abuso sessuale sul figlio minore, può comunque incontrarlo in forma protetta con l"ausilio e la supervisione dei Servizi sociali, per non compromettere definitivamente il rapporto con lui, in attesa anche della conclusione del procedimento penale pendente e a prescindere dal suo esito. La ratio individuata dalla Suprema Corte è quella di evitare che il rapporto col figlio possa compromettersi in maniera irreversibile.
Ma vediamo i fatti, le motivazioni e il ragionamento logico-giuridico su cui si fonda tale decisione.

La questione in esame prende le mosse dal ricorso prodotto da una madre contro la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Roma, il quale, in seguito alla separazione tra i coniugi, aveva disposto l"affidamento condiviso del figlio minore, con collocamento presso la madre e con diritto di visita al padre. La madre del minore presentava ricorso avverso tale provvedimento affermando la violazione della tutela del minore poiché non sarebbe stato considerato il fatto che il padre era stato sottoposto a procedimento penale per presunti abusi sessuali compiuti in danno del bambino, procedimento poi archiviato. Secondo la madre questa circostanza contrastava con l"interesse superiore del minore e, nel ricorso, affermava che "ritenere il contrario rivela una maggiore attenzione alla tutela dell"adulto che non quella del minore, il quale richiederebbe, invece, di attendere l"esito del procedimento penale prima di disporre la ripresa dei rapporti, per non esporre il bambino al rischio di incontrare chi ne ha abusato e all"eventualità di una nuova interruzione dei rapporti stessi, in caso di condanna del padre, dopo averli forzatamente e dolorosamente riattivati".

Nel 2012 la Corte d"Appello di Roma aveva emesso un provvedimento provvisorio, revocabile in ogni momento nel caso in cui fossero emersi nuovi elementi, con il quale si disponeva l'affidamento del minore al Servizio sociale dell"Ente locale, pur rimanendo egli a vivere con la madre. Contestualmente la Corte territoriale ha incaricato il Servizio sociale dell"Ente locale di predisporre un progetto di cura della relazione tra padre e figlio finalizzato al recupero della stessa secondo le seguenti indicazioni:
1)la necessaria previsione di un supporto terapeutico per il padre;
2)l"organizzazione di incontri protetti tra il padre e il figlio presso un centro specializzato in grado di offrire anche al minore il necessario supporto terapeutico e ogni altro intervento di sostegno;
3)il mantenimento di tale regime sino a diversa indicazione dell"Autorità Giudiziaria.

La Corte ha altresì disposto che tali regole dovessero rimanere in vigore fino a diversa indicazione dell'Autorità Giudiziaria e ha imposto al Servizio sociale di riferire al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, per l"adozione di eventuali provvedimenti a tutela del minore, dopo sei mesi dall"inizio del progetto o immediatamente in caso di inosservanza delle prescrizioni o di comportamenti pregiudizievoli per il minore stesso.
Secondo la Corte d"Appello, il ripristino dei rapporti con il padre, interrotti da più di quattro anni, rispondeva agli interessi del minore "senza attendere la conclusione, prevedibilmente non vicina, del procedimento penale a carico del padre, dato il rischio segnalato dal consulente tecnico, che l'ulteriore indugio possa rendere impossibile il ripristino della relazione tra padre e figlio, con grave danno per quest'ultimo".
La madre aveva presentato ricorso in Cassazione sostenendo che, con la ripresa dei rapporti, si sarebbe rischiato di tutelare più l"interesse dell"adulto che quello del minore, che in questo modo veniva esposto al rischio di incontrare chi ne aveva abusato. Tuttavia gli Ermellini non sono stati di questo parere, ritenendo di agire in tal modo proprio per salvaguardare il rapporto nell"interesse del minore, asserendo che la Corte territoriale ha disposto "la ripresa dei rapporti padre-figlio", circondata peraltro da stringenti cautele, "sul rilievo, basato sugli esiti di indagini peritali appositamente disposte, che ulteriori indugi avrebbero comportato la definitiva irrecuperabilità della relazione padre-figlio con grave danno per quest'ultimo", mentre l'ulteriore affermazione "riferita all'eventuale accertamento della fondatezza dell"ipotesi di abusi sessuali commessi dal genitore ai danni del figlio, ha carattere puramente rafforzativo di tale ratio". Per la stessa Corte territoriale infatti, con motivazione che è stata ritenuta immune da vizi dalla Cassazione, "ancora di più, quel rapporto va comunque recuperato, indipendentemente dall'esito del procedimento penale, la cui pendenza giustifica l'adozione delle opportune cautele, non potendosi escludere, attraverso un sostegno terapeutico, il recupero della genitorialità pur nella eventualità che risultino accertati gli episodi ascritti".
La ratio della Suprema Corta è stata dunque proprio quella di preservare il minore dal grave danno che avrebbe potuto subire nel caso in cui il ripristino del rapporto con il padre fosse stato irreversibile, perché tardivo.
Per la Suprema Corte, dunque, il rapporto tra il figlio e il genitore deve essere recuperato, indipendentemente dall"esito del procedimento penale, che al limite giustifica e determina la presenza e la supervisione agli incontri da parte dei Servizi sociali. Sostengono infatti gli Ermellini che non si può escludere che, attraverso un sostegno terapeutico, il padre possa recuperare la sua funzione genitoriale.
Afferma inoltre la Corte di Cassazione che "le decisioni in materia di affidamento dei figli minori producono un giudicato rebus sic stantibus comunque superabile in base a fatti successivi alla loro emissione, e il giudice che le emette non ha il potere di determinare anche gli esiti di un successivo giudizio prendendo posizione su mere ipotesi di fatti futuri (nella specie la eventualità, appunto, dell"accertamento degli abusi)".
Già con la sentenza n. 601/2013 la Corte di Cassazione ha stabilito che nell"affidare ai Servizi sociali il compito di disciplinare le modalità degli incontri genitore-figlio, il Tribunale non rinuncia al potere che gli spetta ai sensi dell"art. 155 c.c., nel caso in cui, seppur in modo non dettagliato, fornisca comunque delle istruzioni al Servizio delegato; nel caso di specie il Tribunale aveva espressamente disposto di predisporre incontri almeno quindicinali tenuti in ambiente neutro e inizialmente protetto.
Solitamente gli incontri protetti vengono effettuati in un luogo definito "Spazio Neutro", espressione con la quale si indica di solito uno spazio atto a fornire un clima di rassicurante neutralità deputato ad accogliere genitori e figli, durante una fase della loro vita caratterizzata da gravi problematiche personali o di coppia che si riflettono negativamente sui rapporti intrafamiliari.
Tale disposizione viene attivata di norma in base a un provvedimento dell"Autorità Giudiziaria, che ricorre sempre con maggior frequenza a questo strumento per favorire o ripristinare, se interrotto, il rapporto tra uno dei due genitori e i figli, oppure anche tra i due genitori e i figli, qualora si tratti di affidamento etero familiare o collocamento in comunità.

Il Servizio di "Spazio Neutro" ha dunque la funzione di facilitare, favorire e sostenere il mantenimento o il ripristino della relazione tra il bambino e i suoi genitori a seguito di situazioni potenziali di pregiudizio quali la separazione o il divorzio altamente conflittuali e altre vicende di profonda crisi familiare, quali provvedimenti dell"Autorità Giudiziaria che prevedano affidamenti familiari o collocamenti in comunità, in base ai quali è stato disposto l"allontanamento del minore dalla propria famiglia d"origine.
L"obiettivo è quello di preservare il legame parentale del minore unitamente al suo diritto di mantenere il contatto con entrambe le figure genitoriali e le rispettive famiglie d"origine, ove gli adulti non risultino ovviamente di nocumento al minore stesso.
Pertanto nelle situazioni di grave crisi familiare, per le quali sia stato ad esempio disposto l"allontanamento del minore dalla propria famiglia d"origine, o di conflittualità tra i genitori, anche conseguenti a una separazione e a un contenzioso in merito alle disposizioni che regolamentano l"affidamento dei figli, il diritto di visita del genitore che non vive col minore [2] può essere disciplinato in forma protetta, ossia con l"ausilio e la supervisione dei Servizi sociali, a tutela del minore stesso.
La finalità può essere anche quella di assicurare il diritto di visita del genitore che non vive col minore, nell"interesse di quest"ultimo e a garanzia di entrambi, al fine di garantire il sostegno alla genitorialità attraverso il mantenimento della relazione del minore con il genitore non convivente (in alcuni casi con entrambi i genitori, si pensi ad alcuni affidamenti familiari o ai minori inseriti in comunità). L"obiettivo è quello di fornire il supporto per la ricostruzione del senso di responsabilità genitoriale e contestualmente di accompagnare il genitore nella ridefinizione del proprio ruolo e nel possibile recupero delle competenze genitoriali attraverso la verifica, il monitoraggio e la valutazione delle stesse, in modo che esse siano sufficientemente adeguate.
Tale contesto consente dunque di tutelare il minore garantendogli al tempo stesso il contatto con l"altro genitore e nello stesso tempo permette di osservare, monitorare e valutare il rapporto esistente tra il minore e il genitore e se esistano i presupposti per l"esercizio delle responsabilità genitoriali oltre all"individuazione degli eventuali strumenti di supporto e d"intervento a questo necessari.
Lo "Spazio Neutro" è dunque un luogo protetto, scevro dalla conflittualità tra i genitori, in cui degli operatori formati agiscono in modo da facilitare l"incontro tra i minori e le loro famiglie e la continuità e la tutela della relazione genitore-figlio; inoltre in tale contesto i genitori possono riconoscere il bisogno e il diritto del figlio di rispettare i suoi affetti e possono essere affrontati i conflitti al fine di ripristinare e ricostruire i legami parentali e le relazioni sospese, ad esempio anche con i nonni. L"art. 315-bis c.c. prevede, infatti, che il minore ha diritto a crescere in famiglia e mantenere rapporti significativi con i parenti, riprendendo sostanzialmente quanto previsto dall"art. 155 c.c. come modificato dalla legge n. 54/2006 sull"affidamento condiviso dei figli. [3] Si tratta inoltre di un luogo nel quale è possibile incontrare il genitore non convivente, qualora risulti impossibile nell"abitazione dell"adulto.

La funzione degli incontri protetti si riconduce dunque a diritti fondamentali del minore quali quello di crescere ed essere educato nell"ambito della propria famiglia [4], mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, anche in caso di separazione e divorzio della coppia coniugale o di interruzione della convivenza della coppia di fatto (artt. 155 c.c. [5] come modificato dalla legge n. 54/2006 e art. 317 bis c.c. [6]); avere la possibilità di accedere a una famiglia di supporto o sostitutiva nei casi in cui i genitori risultino temporaneamente o definitivamente inidonei ad adempiere ai diritti e ai doveri relativi alle responsabilità genitoriali (art. 30 Costituzione [7]; artt. 330 c.c. [8] e 333 c.c. [9]; art. 1, 8 e 9 legge n. 184/83; artt. 18,19, 20 Convenzione Internazionale del Fanciullo del 20.11.1989).
In sostanza le condizioni che possono determinare l"esercizio del diritto di visita in forma protetta si riferiscono a quelle situazioni che presentano una grave e persistente conflittualità di coppia dovuta principalmente alla mancata o difficoltosa elaborazione della separazione coniugale oppure nei casi in cui il genitore convivente con il minore non consenta la costruzione o prosecuzione di una relazione continuativa con l"altro genitore, al punto da comprometterne la relazione con il figlio.
Si tratta inoltre di situazioni complesse e multiproblematiche, in cui vi sia un sospetto di maltrattamento, grave trascuratezza o abuso sessuale, che necessitano di provvedimenti limitativi della potestà genitoriale con possibili inserimenti dei minori in famiglie affidatarie o in comunità educative o terapeutiche, o ancora in quelle circostanze in cui il genitore sia sottoposto a un provvedimento penale che ne limiti la libertà personale, impedendo o limitando di fatto la relazione con il figlio.

L"Autorità Giudiziaria interviene doverosamente per accertare i fatti, osservare i comportamenti, valutare eventuali pregiudizi per i minori in tutte quelle circostanze in cui vi siano situazioni o comportamenti messi in atto dai genitori che risultino potenzialmente pregiudizievoli per i minori, quali separazioni coniugali altamente conflittuali, gravi trascuratezze nell"esercizio della funzione genitoriale, ovvero comportamenti abusanti sul piano fisico, sessuale, psicologico. Si tratta di quelle situazioni in cui risulta necessario costruire delle condizioni di protezione del minore su indicazione dell"Autorità Giudiziaria stessa, mediante la presenza di un operatore specializzato che ha la delicata funzione di facilitare l"incontro e anche di indirizzarlo o addirittura di sospenderlo in tutte quelle circostanze in cui i comportamenti o gli atteggiamenti verbali e non verbali del genitore risultino di danno per il minore. I luoghi protetti in cui viene esercitato il diritto di visita hanno proprio la finalità di garantire il diritto dei minori a incontrare i propri genitori e a mantenere una relazione con loro, il più possibile serena e continuativa. Il presupposto implicito di uno spazio dedicato agli incontri e "neutro" rispetto al conflitto tra i genitori, è che la relazione genitoriale sia sufficientemente adeguata o comunque tale da non risultare pericolosa e pregiudizievole per il minore stesso. Tuttavia in tutte quelle situazioni in cui la relazione tra il genitore e il figlio non risulti sufficientemente adeguata o addirittura foriera di rischi e pregiudizi per il minore stesso ad esempio per la presenza di possibili comportamenti sessuali impropri attribuiti a un genitore, tali incontri possono avvenire se autorizzati esplicitamente dall"Autorità Giudiziaria, anche in corso di accertamento e verifica degli eventi occorsi, come il caso di specie. Ciò merita molta attenzione e cautela nella predisposizione del progetto a tutela del minore in quanto l"abuso sessuale [10] è una delle più gravi condotte che possono compromettere lo sviluppo psicofisico dei bambini e ha conseguenze a breve, medio e lungo termine. Inoltre si tratta di un fenomeno caratterizzato da "segretezza" (per le minacce dell"abusante, la vergogna e il senso di colpa del bambino) e che va affrontato con particolari attenzioni e cautele poiché tale condotta può influenzare e condizionare l"esito degli interventi sia per quanto attiene alla tutela e al benessere dei minori, sia per quanto riguarda le istanze giudiziarie, compresi i procedimenti di accertamento del reato, per il quale è prevista l"obbligatorietà della denuncia da parte degli operatori sociali e sanitari che lavorano nei Servizi Pubblici. La gravità del fatto e la complessità della situazione necessitano di un intervento integrato e coordinato da parte di tutti i soggetti coinvolti e l"intervento di protezione del minore richiede uno stretto raccordo tra il Tribunale per i Minorenni e il Tribunale Ordinario, cui compete anche l"accertamento del reato da parte dell"adulto.
Per quanto riguarda il sospetto o la denuncia di abuso sessuale relativamente agli incontri protetti, si possono individuare tre specifiche situazioni:
-situazioni in cui il genitore ha subito condanne o denunce di abuso, nei confronti di altri minori o di fratelli o sorelle del bambino/a;
-situazioni in cui le visite vengono effettuate in forma protetta proprio successivamente a una denuncia di abuso ma non sono presenti elementi sufficienti per interrompere il contatto col genitore né per escludere la sussistenza di comportamenti abusanti che consentano visite libere. Di solito in queste situazioni e contemporaneamente alle visite, vengono attivate delle Consulenze Tecniche d"Ufficio (CTU) per accertare i fatti e lo stato psicofisico del minore;
-situazioni in cui all"interno di visite protette attivate per altre motivazioni come ad esempio separazioni conflittuali, maltrattamenti o trascuratezze, il sospetto di abuso emerge nel corso delle visite stesse. In questo caso si pone la questione di come gestire l"eventuale rivelazione e quindi della successiva e conseguente denuncia (deve esserci un forte raccordo e coordinamento tra la fase psicosociale e quella giudiziaria).
Le ultime due sono quelle più frequenti e pongono diverse questioni in merito alla modalità e alla possibilità con cui si possono rendere compatibili i diritti e le esigenze di protezione dei minori con le prerogative giudiziarie e processuali e con il diritto di visita dei genitori e degli adulti significativi per il minore in generale.

La questione appare evidentemente molto delicata non tanto e non solo dal punto di vista giuridico e processuale, ma soprattutto in merito alla condizione psicofisica del minore e al progetto terapeutico attivato in suo favore, che può non risultare esente da ricadute rispetto al ripristino delle visite con il genitore presunto abusante.
In tutte queste situazioni diventa quindi necessario un raccordo continuativo molto forte tra gli operatori che gestiscono le visite protette e tutti gli altri Servizi e soggetti coinvolti, in particolare con l"Autorità Giudiziaria e con gli avvocati, sia nell"interesse primario del minore sia nel rispetto del legittimo diritto alla difesa dei genitori, attuando un"interlocuzione costruttiva e un raccordo con i legali delle parti che consenta di condividere il più possibile la progettualità nell"interesse del minore e garantire contestualmente la massima trasparenza. Il Servizio sociale dell"Ente locale risulta dunque avere un ruolo centrale e di regia in tutte quelle situazioni (e non solo) in cui sia disposto dall"Autorità Giudiziaria l"affidamento del minore al Servizio sociale dell"Ente locale con possibile limitazione ulteriore della potestà genitoriale (sospensione o decadenza) nei casi previsti dall"art. 330 e seguenti del c.c.. In tali circostanze i Servizi Sociali dell"Ente locale sono infatti tenuti ad assumere e agire una funzione che promana da una responsabilità giuridica precisa, che li qualifica direttamente come interlocutori privilegiati e centrali dei genitori e dei loro avvocati, oltre che dell"Autorità Giudiziaria.

Si ritiene inoltre, alla luce della ratio della Suprema Corte, volta ad evitare un danno al minore nel caso in cui il rapporto tra genitore e figlio risultasse compromesso in maniera irreversibile, che sia a maggior ragione necessario che ciascuna situazione vada trattata specificatamente in base ad ulteriori fattori ritenuti rilevanti tra cui:
-l"andamento del percorso terapeutico del minore e il suo stato psicofisico unitamente alla sua età e all"eventuale danno subito; questo alla luce del fatto che a prescindere dall"esito del procedimento penale il minore è inserito in un conflitto elevatissimo che lo può esporre a forti rischi psicofisici anche in assenza di riscontri effettivi in sede giudiziaria;
-l"andamento del percorso terapeutico del genitore e la sua adesione ad esso che non può essere puramente formale e volta unicamente ad adempiere a quanto stabilito dall"Autorità Giudiziaria. Al contrario l"andamento del percorso terapeutico dovrebbe essere un presupposto sostanziale per il ripristino delle visite, nell"interesse del minore stesso e di quel legame parentale che si vuole tutelare, a prescindere dall"esito del procedimento penale;
-il rapporto esistente precedentemente tra i genitori e tra ciascun genitore e il figlio anche prima della separazione e dell"interruzione del diritto di visita al fine di valutare i legami e le relazioni e le possibili ricadute dell"avvio delle visite protette;
-la valutazione della consapevolezza del ruolo centrale assunto dal genitore che vive con il minore relativamente alla decisione dell"Autorità Giudiziaria di ripristinare gli incontri con l"altro genitore.

Tali approfondimenti e precauzioni necessitano di un profondo coordinamento e integrazione tra i soggetti coinvolti e anche la condivisione da parte del legale del genitore che deve incontrare il figlio in forma protetta, oltre al genitore stesso in tutti i casi in cui ciò sia possibile. Quanto più la condivisione e il coordinamento sono profondi e reali, maggiormente si tutela il minore e l"efficacia del progetto stesso. Si ritiene dunque che tali situazioni che configurano un"ipotesi di reato grave e dannosa al punto da incidere pesantemente sulla sfera del minore e potenzialmente sulla sua vita di relazione futura, necessitano di tutte le attenzioni del caso summenzionate, seppure permangono dei dubbi su un ripristino dei rapporti in assenza di accertamento dei fatti in quanto è importante sottolineare che i percorsi terapeutici sia dell"adulto che del minore hanno dei tempi non prescrivibili sempre a priori in quanto si è in presenza di traumi che non si manifestano sempre a breve termine e dunque anche tutte le cautele possibili e gli approfondimenti succitati, potrebbero non garantire la protezione effettiva del minore, in assenza dell"accertamento dei fatti e dei rispettivi percorsi terapeutici correlati inevitabilmente a tali eventi.
Non vi è dubbio che sia nel caso di ripristino dei rapporti con successivo accertamento dell"abuso sessuale subito dal minore, che nel caso in cui vi sia la sospensione dei rapporti con mancato riscontro successivo in sede giudiziaria del reato penale, vi sono dei rischi per il minore (rapporto con l"abusante in assenza di riconoscimento dei fatti da un lato e interruzione del rapporto con il genitore dall"altro), soggetto verso il quale sono indirizzate le misure di protezione.
Una possibile via percorribile e auspicabile in tal senso sarebbe quella di prevedere da parte dell"Autorità Giudiziaria, che certamente dedica la massima attenzione a tali questioni, una via preferenziale in stretto raccordo con i Servizi che consenta di ridurre al massimo i tempi, al fine di garantire il più possibile proprio l"interesse del minore.
Non va dimenticato inoltre che vi sono anche situazioni in cui, seppure non vi sia stato un accertamento in sede giudiziaria, gli abusi siano stati effettivamente commessi e i minori che li hanno subiti e anche dichiarati, presentano una sofferenza e un danno che non è stato riconosciuto da tutti i soggetti coinvolti. Il mancato riconoscimento di un fatto così grave può alimentare ulteriormente il conflitto genitoriale con notevoli e ulteriori ricadute sul minore stesso.

Giova infatti ricordare che in siffatte situazioni così complesse e dolorose il principale destinatario dell'intervento è il bambino con il suo diritto a "mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, salvo quando ciò è contrario al maggior interesse del bambino". [11]

 

 

[1] Definizione OMS (Rapporto 2002 "Violenza e salute").

[2] Si tratta del cosiddetto genitore non collocatario, seppure tale dizione avrebbe dovuto scomparire con la legge 8 febbraio 2006 n. 54 "Affidamento condiviso dei figli in caso di separazione dei genitori."

[3] L"art. 315-bis c.c. (Diritti e doveri del figlio) infatti recita: «Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».

[4] Art. 1 comma 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184: "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", così come modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149: "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell"adozione e dell"affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile".

[5] In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX (Articolo così sostituito dall'art. 5, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 a decorrere dal 7 febbraio 2014).

[6] L"art. 317-bis. c.c. (Esercizio della potestà) recita: "Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui.
Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore.
Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore"

[7] L"art. 30 della Costituzione indica il dovere e il diritto di mantenere, istruire ed educare i figli. Esso recita:
"È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità."

[8] L"art. 330 c.c. (Decadenza dalla potestà sui figli) recita:
"Il giudice può pronunziare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore."

[9] L"art. 333 c.c. (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli) recita:
"Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall"art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l"allontanamento di lui dalla residenza familiare.
Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento."

[10] L"abuso o il maltrattamento sull"infanzia è rappresentato da tutte le forme di cattivo trattamento fisico e/o affettivo, abuso sessuale, incuria o trattamento negligente, nonché sfruttamento sessuale o di altro genere, che provocano un danno reale o potenziale alla salute, alla sopravvivenza, allo sviluppo o alla dignità del bambino, nell"ambito di una relazione di responsabilità, fiducia o potere. Definizione OMS (Rapporto 2002 "Violenza e salute").

[11] O.N.U. "Convenzione dei diritti dell'infanzia" Art.9, 1989, NewYork 




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