-  Redazione P&D  -  10/02/2015

LA MATERNITÀ PER SOSTITUZIONE E I DIRITTI DEI FIGLI INTENZIONALI – Anna Maria FASANO

Sommario: 1. La maternità per sostituzione. 2. L"esperienza italiana: la dottrina. 3. Gli orientamenti della giurisprudenza. 3. La sentenza n. 24001 del 2014 della Suprema Corte di Cassazione. 4. Il criterio del "superiore interesse del minore" quale regola per l"affidamento ?

1.La maternità per sostituzione.

Con la maternità surrogata una donna è disposta a partorire un bambino in sostituzione di un"altra donna. Secondo il sistema classico, la donna è fecondata con il seme del marito della coppia committente e partorisce un neonato, geneticamente imparentato con lei, che dopo il parto consegna alla coppia in questione. Oggi il metodo, generalmente, si suddivide in due parti: gli ovociti e gli spermatozoi sono forniti dalla coppia stessa o da una donatrice di ovociti e/o da un donatore di spermatozoi, mentre la gravidanza e il parto sono affidati alla madre surrogata. In sostanza, la programmazione di un figlio viene affidata ad un accordo fatto con una donna, che si mette a disposizione per rendere possibile la filiazione della coppia committente, sostituendosi in ciò alla donna della coppia ed accetta i termini dell"accordo, per solidarietà o per denaro. Gli specialisti hanno stabilito tre forme di maternità surrogata: a)Surrogazione di utero, detta anche "utero in affitto" ; b)Surrogazione di ovocita e di utero (fecondazione artificiale eterologa): si tratta di una pratica espressamente vietata in molti Paesi ( ad es. Italia, Francia, Spagna, Germania, Austria e Svizzera), in quanto, pur esistendo un contratto a monte, il figlio è a tutti gli effetti figlio della madre surrogata; c) Surrogazione gestionale (fecondazione artificiale eterologa) in cui l"ovocita viene donato da una donatrice, diversa dalla madre surrogata, con la conseguenza che la madre che dà alla luce il bambino non è geneticamente imparentata con quest"ultimo.[1]

Il Panorama internazionale è vario: in alcuni Paesi la pratica è ammissibile, in altri assolutamente vietata. Il Parlamento Europeo con la Risoluzione del 16 maggio 1989 ha ritenuto che: "ogni forma di maternità per sostituzione sia da respingere " e che la mediazione commerciale debba essere punita. La Convenzione di Oviedo sui diritti umani e sulla biomedicina approvata nel 1997, pur non intervenendo sulla procreazione assistita, viene ad incidere su tali rapporti in virtù dell"art. 21 che stabilisce il divieto di trarre profitto economico dal corpo umano e dalle sue parti. La Carta dei Diritti UE, all"art. 3, ribadisce una posizione contraria, affermando espressamente il "divieto di fare del corpo umano e delle sue parti fonte di lucro". In Italia, la legge n. 40 del 2004, sancisce espressamente il divieto al "ricorso di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo" e prevede anche che "Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro" (art. 12). Nel mondo, gli accordi di maternità surrogata sono permessi e regolati, mediante un"apposita disciplina, nella Stato del Victoria (Australia), in Brasile, ad Hong Kong, nel Sud Africa, in Israele, in Ungheria, in Olanda ed in Gran Bretagna. In altri paesi, come la Corea, in alcuni Stati degli USA e dell"Australia, sono state introdotte delle linee guida che ne consentono l"ammissibilità. Tali accordi sono ritenuti legittimi anche in Belgio, in Finlandia, in Grecia, dove non è prevista alcuna disciplina specifica.

 

 

 

  1. L"esperienza italiana: la dottrina

 

Nel nostro ordinamento la pratica di surrogazione di maternità è espressamente vietata dall"art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, che sancisce un divieto, rafforzato da sanzione penale, della pratica secondo cui una donna si presta ad avere una gravidanza e a partorire un figlio per un"altra donna.[2] Tale divieto non è stato travolto dalla declaratoria di illegittimità costituzionale parziale dell"analogo divieto di fecondazione eterologa, di cui all"art. 4, comma 3, della legge citata, pronunciata dalla Corte costituzionale con la recente sentenza n. 162 del 2014. La legge italiana non dispone nulla in ordine alla liceità o meno della surrogazione di maternità attuata all"estero da cittadini italiani. Sul punto la dottrina ha aperto un ampio dibattito. La tesi prevalente ha mostrato resistenze a riconoscere la validità degli accordi di surrogazione di maternità attuata all"estero da cittadini italiani, trattandosi di pratiche in conflitto con le disposizioni codicistiche di cui agli artt. 5 e 269 cod. civ.[3] Nella specie è stato ritenuto applicabile l"art. 5 cod. civ. che vieta gli atti disposizione del proprio corpo "quando siano altrimenti contrari alla legge, all"ordine pubblico e al buon costume" a qualunque fattispecie che riguardi il corpo umano, compresa la messa a disposizione, a titolo gratuito o dietro corrispettivo, del corpo di un"altra donna per fini procreativi[4]. Secondo la dottrina prevalente [5], la contrarietà al buon costume si ritiene sempre realizzata in presenza della conclusione di un accordo di maternità surrogata, in tutte le sue possibili varianti. L"indirizzo tradizionale, invece, facendo riferimento all"art. 269 cod. civ., ritiene che il rapporto di maternità si instauri solo con colei che abbia partorito il figlio, a prescindere da chi abbia fornito il materiale genetico. Questo orientamento è stato contestato, in quanto ritenuto superato, perché legato ad un"epoca in cui non era immaginabile l"esistenza contemporanea di una madre committente, di una genetica e di una uterina. Si è anche ritenuta la configurabilità del reato di alterazione di stato, di cui all"art. 567, comma 2, cod. pen., nell"ipotesi in cui venga richiesta la trascrizione dell"atto di nascita, segnalando come madre a tutti gli effetti la madre committente.

 

  1. Gli orientamenti della giurisprudenza

 

La giurisprudenza si è pronunciata in rare occasioni sul tema della surrogazione di maternità. Le posizioni assunte sono state altalenanti, alcune a favore, altre contro. Secondo un indirizzo:

" l"atto dispositivo del proprio corpo, implicato dal contratto di maternità, quand"anche non cagioni una diminuzione dell"integrità fisica permanente della donna, assolutamente ingiustificabile nella fattispecie, e sia sanato dal consenso successivo, validamente espresso, non può mai rilevare come oggetto di una preventiva obbligazione, dell"avente diritto, a compierlo o a permettere che altri lo compia su di lei ed è comunque contrario alla legge, all"ordine pubblico ed, almeno in caso di onerosità, anche al buon costume". (Trib. Monza 27.10.1989, DFP, 1990, 182).

Con riferimento all"attribuzione della funzione parentale a seguito di surrogazione, il Tribunale di Monza ha stabilito che:

"qualora il marito della coppia di coniugi committenti sia il padre biologico del figlio della madre surrogata o portante, vi sarà la possibilità, per il padre stesso, di riconoscerlo (art. 250 c.c.) come figlio naturale o di chiederne l"inserimento nella propria famiglia legittima (art. 252, comma 2, cod. civ. ) e la legittimazione per provvedimento del giudice (art. 284 cod. civ.), mentre per l"aspirante madre, moglie del padre biologico, ovvero il marito della madre su commissione, vi sarà la possibilità di un"adozione particolare ex art. 44, lett. b) della legge 4 maggio 1983, n. 184. "

Secondo questa impostazione, la maternità verrebbe attribuita sulla base della regola del parto, prescindendo dal fatto che la madre surrogata abbia partecipato o meno con il proprio patrimonio genetico alla nascita del figlio. La qualificazione di padre è subordinata al fatto che la madre sostituta sia coniugata o meno. Infatti, a meno che non si sia ottenuto il disconoscimento o il marito della sostituta non abbia manifestato il proprio consenso all"inseminazione artificiale con il seme di un altro uomo, costui viene considerato padre del nato. Se la madre sostituta non è coniugata, il padre committente può certamente riconoscere il figlio come proprio. Emerge dalla lettura della decisione che il Collegio non si è limitato ad una semplice rigetto della domanda, in quanto si cerca di evidenziare il bisogno di strumenti di tutela per venire incontro alle necessità delle parti, concedendosi anche alla madre committente, priva di qualsiasi legame genetico con il figlio, e solo disponibile alla responsabilità educativa, la possibilità di un adozione particolare ex art. 44 b) l. 184 del 1983.[6]

In alcune decisioni si è anche ammesso la validità dell"accordo intervenuto tra il medico e la coppia richiedente, ritenendosi possibile la libera disposizione del corpo stesso da parte dell"individuo, quando ciò sia necessario per la compiuta realizzazione della propria personalità.[7]

"La donazione dell"utero, nel rispetto delle condizioni di salute dalla madre surrogata, non comporta la diminuzione permanente dell"integrità fisica, ove, comunque, sarebbe difficile escludere la liceità di un mero prestito di organo, peraltro limitato nel tempo e sotto controllo medico, quando il legislatore ha previsto la possibilità di donazione di organi tra soggetti vivi (…) il potere di disposizione del proprio corpo non deve essere visto come espressione del diritto di proprietà o anche di un diritto personale ma come libertà di disporre, strumento di attuazione dello sviluppo della personalità, ed il corpo non più come oggetto autonomo e separato dalla persona, ma come elemento inscindibile di essa". (Trib. Roma 17.2.2000, CorG, 2000, 487)

In altri casi si è cercato di sollecitare un intervento legislativo finalizzato ad assicurare la soddisfazione degli interessi coinvolti, dovendosi ritenere che in assenza di una specifica regolamentazione il giudice ha il compito di adeguare i principi tradizionali ai bisogni soggetti espressi dalle parti alla conclusione del progetto collaborativo. In tema di maternità surrogata, uno dei provvedimenti che ha fatto molto discutere è la decisione della Corte di Appello di Bari del 13 febbraio 2009.[8] La vicenda va ricondotta al 1997 e riguarda una coppia di coniugi, la moglie italiana, il marito inglese, che fanno ricorso alla surrogazione per maternità in Inghilterra. La Corte di Appello di Bari viene chiamata a pronunciarsi sulla domanda di trascrizione nei registri dello Stato civile italiano dei c.d. parental order, emessi dall"Autorità giudiziaria britannica nel 1998 e nel 2001, con i quali veniva attribuita alla madre committente la maternità di due figli, nati con maternità surrogata. I genitori non avevano mai provveduto al riconoscimento in Italia delle due decisioni inglesi e nel frattempo i coniugi si erano lasciati. Il Comune italiano, a cui era stata richiesta la trascrizione dei provvedimenti, aveva ritenuto non trascrivibili i provvedimenti parentali emessi dalla Family Proceedings Court, perché nell"ordinamento giuridico italiano non era prevista l"attribuzione della maternità a seguito di un accordo di surrogazione eterologa. La decisione della Corte di Appello di Bari ha accertato la sussistenza dei requisiti di legge per il riconoscimento nello Stato italiano del parental order, dichiarandone l"efficacia ai fini della trascrizione. I giudici hanno riconosciuto una "maternità sociale" dando rilievo giuridico al rapporto instaurato tra la madre surrogata ed i minori, che ormai si protraeva da dieci anni. Tale legame non poteva essere considerato violativo dell"ordine pubblico internazionale, trattandosi di un aspetto rilevante per la crescita e la personalità dei bambini e, in ragione del perseguimento del superiore interesse del minore, andava garantita la conservazione dei rapporti familiari per la sua crescita ed il suo sviluppo. Nella interpretazione del significato di ordine pubblico, la Corte di Appello di Bari richiama una decisione della Corte di Cassazione, sez. lav., del 4.5.2007, n. 10215, secondo cui l"ordine pubblico internazionale: "non si identifica con quello interno, perché altrimenti le norme di conflitto sarebbero operanti solo ove conducessero all"applicazione di norme materiali aventi contenuto simile a quelle italiane, cancellando la diversità tra sistemi giuridici e rendendo inutili le regole di diritto internazionale privato". Sulla base di questi rilievi, ritiene meritevole di accoglimento la domanda della madre committente di vedere riconosciuti e trascritti nei registri dello Stato civile italiano i certificati di nascita dei propri figli, in considerazione della necessità di assicurare ai minori il rapporto con i genitori, con i quali avevano convissuto fin dalla nascita, oltre al fatto che, sulla base della necessità di tutela della libera circolazione delle persone tra cittadini degli Stati membri dell"UE, non si poteva non riconoscere ai minori il loro legame di filiazione con la madre sociale, che era stato invece riconosciuto da un altro Stato dell"UE. Interessante il sostegno motivazionale rinvenuto in una decisione della Suprema Corte, la sentenza n. 2315 del 16.3.1999, secondo cui il principio del "favor veritatis" non è inderogabile e pertanto, in alcuni casi, deve essere subordinato al "favor filiationis", in ragione del superiore interesse del minore, il quale avrebbe diritto ad avere una figura materna ed una paterna.

Sempre in tema di maternità surrogata, il Tribunale di Napoli, con decreto del 1 luglio 2011, Sez. I civile, avverso il rifiuto dell"Ufficiale di Stato civile italiano di procedere alla trascrizione dei certificati di nascita di due bambini, nati in Colorado (USA) da padre single, con doppia cittadinanza italiana e statunitense, per ritenuta contrarietà all"ordine pubblico, conclude che : " l"ingresso della normativa straniera, ovvero dei suoi effetti, non mette in crisi uno dei principi cardine dell"ordinamento ben potendo coesistere ed armonizzarsi il divieto di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa in Italia con il riconoscimento del rapporto di filiazione tra il padre sociale ed il nato a seguito di fecondazione eterologa…anche perché questo e solo questo è l"effetto prodotto e non certo la legittimazione tout court della fecondazione eterologa".

Il Tribunale di Forlì, con sentenza del 25 ottobre 2011 (Italia – Kenia), in relazione ad un caso di surrogazione gestionale effettuato in Kenia, di due gemelli, ha ritenuto la non contrarietà all"ordine pubblico della trascrizione dei certificati validamente emessi da un Paese straniero, in ragione del diritto costituzionalmente garantito del minore di avere per genitori coloro che si sono assunti la volontà procreativa. Si conclude quindi: " non è dunque contrario all"ordine pubblico – inteso come l"insieme dei principi etici, politici, economici e sociali che, in un determinato momento storico, sono posti dalla costituzione e dalla leggi (anche in via di adattamento al diritto internazionale) a base degli istituti giuridici, a presidio dei valori fondamentali che debbono essere rispettati per assicurare l"armonia dell"ordinamento giuridico – il riconoscimento dello stato di filiazione legittima del bambino nei confronti dei genitori che abbiano fatto ricorso, seppure in maniera illecita, alle tecniche di procreazione assistita".

Analoga la posizione assunta dal Tribunale per i Minorenni di Milano, decreto n. 1248 del 3 agosto 2012 (Italia - India), con riferimento ad un caso di surrogazione gestionale effettuato in India, da cui era nato un bambino. I genitori avevano chiesto la trascrizione del certificato di nascita formato in India nei registri dello Stato civile di Milano, che aveva espresso perplessità; pertanto la trascrizione era stata sospesa ed il P.M. presso il Tribunale per i Minorenni di Milano aveva attivato un procedimento per ottenere la dichiarazione di adottabilità del minore, in quanto il padre sociale ed anche genetico del piccolo non aveva ancora provveduto al riconoscimento. Si sostiene : "posto che, quale che sia la legislazione indiana (come si è evidenziato il consolato è incerto sul punto ed i genitori nulla hanno prodotto) il riconoscimento effettuato dalla madre è stato ritenuto contrario ai principi di ordine pubblico, ai sensi dell"art. 16 della legge 218 del 1995 che non consente l"applicazione della legge straniera se i suoi effetti sono contrari all"ordine pubblico. In particolare, il Tribunale ha ritenuto il riconoscimento e la sua trascrizione palesemente contraria non solo ai principi desumibili dall"art. 269 cod. civ. (che presuppone che la madre sia colei che partorisce il minore) ma anche rispetto ai fini tutelati dalla legge n. 40 del 19 febbraio 2004…la contrarietà ai principi di ordine pubblico (dovendosi applicare la legislazione nazionale trattandosi di minore riconosciuto da cittadini italiani ex art. 33 l. 218/85 come puntualmente osservato dal curatore) è altresì ricavabile dalla normativa sull"adozione posto che il minore è nato da ovulo di altra donna e partorito da altra donna ancora che non ha inteso essere nominata all"atto di riconoscimento. La situazione, pertanto, non è in nulla difforme da una adozione di minore partorito da altra donna, con la differenza che, formandosi l"atto di nascita con le modalità scelte dalla coppia, si finisce per occultare le ragioni adottive del minore. Tutto ciò è avvenuto in violazione della normativa sull"adozione nella quale si richiedono alcuni presupposti che la coppia pacificamente non possiede, quale lo stato di coniugio, ma in particolare la differenza di età, nel caso di specie palesemente violata da entrambi i genitori".

Si conforma al medesimo indirizzo, ossia quello della responsabilità procreativa finalizzato a proteggere la prole, anche la Procura della Repubblica di Catania, con provvedimento del 30.3.2013, in relazione al caso di una coppia italiana, ricorsa alla procedura della maternità surrogata in India , che aveva chiesto la trascrizione degli atti di nascita dei due figli, già iscritti agli Uffici dello Stato civile di New Delhi, presso il Comune di residenza italiano.

Di recente il Tribunale di Trieste, con sentenza del 6 giugno 2013, n. 349, ha assolto due coniugi , che avevano fatto ricorso alla maternità surrogata, imputati del reato di "alterazione di stato", di cui all"art. 567, II c. cod. pen., per aver consegnato all"ambasciata d"Italia e Kiev, una richiesta di trascrizione presso il Comune di Trieste, producendo i certificati di nascita dei loro bambini rilasciati dall"Ufficio di Stato civile di Zythomir in Ucraina, ritenuti ideologicamente falsi.

Tra le decisioni significative si segnala quella del Tribunale di Varese, Gup 8 ottobre 2014, est. Stefano Sala, per l"approfondimento motivazionale. Nel caso in esame, la Procura della Repubblica di Varese aveva esercitato l"azione penale nei confronti di due coniugi, chiedendo il loro rinvio a giudizio per aver alterato lo stato civile di due neonati, che erano stati fatti figurare come generati e partoriti dalla stessa madre, ma in realtà erano stati partoriti attraverso maternità cd. surrogata. Secondo il GUP di Varese, il soggetto che ricorre a metodi di fecondazione diversi da quelli consentiti e disciplinati dalla legge nazionale non può vedersi disconoscere sic et simpliciter il proprio rapporto genitoriale, perché ciò costituirebbe una lesione intollerabile all'identità del figlio, ma al contempo non può formalmente dichiarare le circostanze in cui è nato il discendente, perché non è stata introdotta alcuna legislazione in ambito interno destinata a disciplinare simili attestazioni (quanto meno con riferimento alla linea biologica parentale). Si rileva anche come non esista nel nostro ordinamento una regolamentazione utile a definire le modalità di conservazione dei dati concernenti i profili biologi degli ascendenti naturali, così di fatto privando i nati con simili metodi procreativi di ogni possibilità di reperire -seppur a determinate condizioni- informazioni essenziali circa la propria provenienza e origine. Il giudicante conclude che si deve dunque affermare che l"attestazione della qualità di genitore innanzi al pubblico ufficiale rilasciata dagli agenti non comporta alcun nocumento per il bene giuridico tutelato dalla norma penale (veridicità della dichiarazione), in un sistema giuridico come quello attuale in cui è divenuto sostanzialmente ininfluente -secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani- il metodo di concepimento della prole quale presupposto per il riconoscimento della maternità e paternità. Infine si ritiene che essendo intervenuta una sostanziale elisione dell'antigiuridicità del fatto, che trasmuta da falso punibile a falso innocuo, i genitori vanno assolti dal reato loro ascritto, perché il fatto non costituisce reato, anche a seguito delle sentenze pronunciate dalla Corte Europea dei diritti umani nei casi Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia. Le decisioni avrebbero statuito la violazione dell'art. 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) in caso di rifiuto da parte delle autorità nazionali di riconoscere valore legale alla relazione tra un genitore e i suoi figli nati all'estero, facendo ricorso a surrogazione di maternità (C. EDU, quinta sezione, 26 giugno 2014, Mennesson c. Francia, ric. n. 65192/11, e C. EDU, quinta sezione, 26 giugno 2014, Labassee c. Francia, ric. n. 65941/11, entrambe le sentenze sono definitive). Si pone in rilievo il fatto che sia: "indubbio che gli imputati abbiano cercato di celare il vero e abbiano fornito al contempo una apocrifa rappresentazione degli eventi all'Ufficiale di Stato Civile, è, altresì, doveroso constatare che, in assenza di una norma giuridica che consenta di conservare le informazioni relative all'identità dei donatori di gameti ovvero della donna che ha prestato "l'utero in affitto", la dichiarazione non conforme al vero in punto di filiazione biologica è destinata a perdere di significato sino a divenire sostanzialmente irrilevante per la legge, non incidendo minimamente nel processo di attribuzione dello statuto di genitorialità per l"evidente disinteresse del legislatore interno, che non ha predisposto alternative forme di comunicazione dei dati anagrafici relativi alla filiazione in epoca successiva all"intervento della Corte di Strasburgo, né tanto meno ha introdotto la facoltà di ottenere la trascrizione dell"atto di nascita con riferimento al solo genitore naturale. Diversamente opinando, la coppia sarebbe comunque esposta ad un dilemma inestricabile con inevitabili risvolti di carattere penale: rinunciare semplicemente alla trascrizione dell"atto di nascita contravvenendo al connesso obbligo giuridico incombente su ogni cittadino italiano (fatto di per sé integrante illecito penale) ovvero avanzare una siffatta richiesta apponendovi dei caveat cui l"ordinamento non riconosce alcuna valenza giuridica (l"atto di nascita non è scindibile in singole componenti), così esponendosi a dichiarare il falso… . Ne consegue, inevitabilmente, che è intervenuta una sostanziale elisione dell'antigiuridicità del fatto, che trasmuta da falso punibile a falso innocuo, con tutte le conseguenze che si traggono in dispositivo in punto di assoluzione degli imputati (si leggano in tema di falso innocuo, fra le tante: Cass. 35076/2010; Cass. 3564/2007; Cass. 6885/2002; Cass. 13623/2001). Occorre infatti considerare che, se anche gli agenti avessero ammesso il ricorso a tecniche riproduttive consentite solo all"Estero, simili informazioni non avrebbero potuto minimamente influenzare l"iter decisionale dell"ufficiale di stato civile, in quanto non è disciplinata l"acquisizione formale dei dati menzionati neppure ai fini della trascrizione dell"atto di nascita con riferimento alla sola linea paterna."

La Corte Europea dei diritti dell"uomo, con sentenza 26.6.2014, n. 65941/11, Labassee c. Francia, pronunciandosi su due casi riguardanti il rifiuto di concedere il riconoscimento legale in Francia di una filiazione legalmente riconosciuta negli Stati Uniti a dei minori nati con "maternità surrogata" per le coppie che vi si erano sottoposte, ha osservato come tale rifiuto abbia minato l"identità dei bambini nella società francese, impedendosi di fatto l"instaurazione di un rapporto giuridico tra i figli e il loro padre biologico. In particolare, la Corte EDU ha riconosciuto la violazione dell"art. 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare), in caso di impedimento da parte delle autorità nazionali di riconoscere valore legale alla relazione tra un padre e i suoi figli nati con la pratica del c.d. "utero in affitto". Secondo la Corte il rispetto della vita privata comprende il diritto alla identità personale, nel cui ambito è incluso anche il proprio status di figlio o di figlia di una coppia di genitori. Nel recentissimo caso Campanelli c. Italia (27 gennaio 2015), la Corte Europea dei diritti dell"uomo ha condannato l"Italia per violazione dell"art. 8 della Convenzione in materia di protezione della "vita privata" e della "vita familiare", posto che il mancato riconoscimento dell"atto di nascita legalmente costituito all"estero ha inciso sull"identità personale del minore. Le misure adottate dalle autorità italiane nei confronti dei figli nati con la pratica di surrogazione di maternità, la sottrazione ai genitori e l"affido a terzi costituiscono, secondo la Corte, una illegittima interferenza nella vita privata e familiare. L"esigenza di tutelare l"ordine pubblico non può essere utilizzata in modo automatico, senza valutare il superiore interesse del minore e la tutela della relazione genitoriale.

 

3. La sentenza n. 24001 del 2014 della Suprema Corte di Cassazione.

Il dibattito sulla maternità surrogata ha recentemente subito un arresto a seguito della sentenza n. 24001 del 2014, con la quale la Suprema Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte di appello, ha dichiarato lo stato di adottabilità di un minore, nato in Ucraina, generato con la pratica di surrogazione di maternità, conformemente alla legge ucraina che la consente[9]. Nel corso del giudizio si era accertato che coloro che risultavano, dalla dichiarazione di nascita, genitori biologici del neonato in realtà non erano effettivamente tali, mentre la legge ucraina autorizzava tale pratica a condizione che gli ovociti non appartenessero alla donna che eseguiva la gestazione, mentre, almeno il 50% del patrimonio genetico del nascituro doveva provenire dalla coppia committente, onde il contratto di surrogazione di maternità concluso con la gestante era nullo anche secondo la legge ucraina. Il certificato di nascita ucraino, inoltre, anche se debitamente postillato, non poteva essere riconosciuto in Italia, ai sensi dell"art. 65 della legge 31 maggio 1995, n. 218, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, essendo contrario all"ordine pubblico, atteso che la legge n. 40 del 2004 vietava qualsiasi forma di surrogazione di maternità e la stessa fecondazione eterologa. La decisione di merito, confermata dalla Corte, riteneva mancare in capo al minore lo status di figlio legittimo degli appellanti, con conseguente accertamento dello stato di abbandono, e dunque lo stato di adottabilità dello stesso ai sensi dell"art. 8 della legge 4 maggio 1983, n. 184, oltre al fatto che l"allontanamento del minore dal nucleo familiare dei genitori era giustificato dal comportamento di questi ultimi, i quali avevano volontariamente eluso la legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita, ed avevano falsamente dichiarato di essere genitori naturali. I punti fondamentali della decisione si basano sostanzialmente sulla individuazione di principi stabiliti dall"ordine pubblico internazionale, che "non può ridursi ai soli valori condivisi dalla comunità internazionale, ma comprende anche principi e valori esclusivamente propri, purchè fondamentali ed irrinunciabili". Secondo la Corte, nella individuazione di tali principi, l"ordinamento nazionale va considerato nella sua completezza, ossia includendovi regole ed obblighi di origine internazionale e sovranazionale. Sulla base di questa premessa, la Prima Sezione civile, sostiene che l"ordinamento italiano, per il quale madre è colei che partorisce (art. 269, terzo comma, cod.civ.), contiene, all"articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, un espresso divieto della surrogazione di maternità, che essendo rafforzato dalla tutela penale, integra un divieto di ordine pubblico. La pratica di surrogazione di maternità si porrebbe, quindi, in conflitto con l"istituto dell"adozione, posto che solo con tale istituto, regolato da norme particolari, non basato sul mero accordo delle parti, l"ordinamento affida la realizzazione di progetti di una genitorialità priva di legami biologici con il nato. La Corte esclude che il divieto in discussione si ponga in contrasto con la tutela del superiore interesse del minore. Il legislatore italiano ha considerato che tale interesse si realizzi proprio attribuendo la maternità a colei che partorisce, affidando all"istituto dell"adozione, realizzata con le garanzie proprie del procedimento giurisdizionale, piuttosto che al semplice accordo delle parti, la possibilità di un genitorialità disgiunta dal legame biologico. Si conclude ritenendosi che il minore versa in stato di abbandono, non essendo i ricorrenti genitori del minore, né risulterebbe la presenza di altri parenti del minore stesso, posto che anche la donna che ha partorito in sostituzione, secondo la legge ucraina, non è madre del neonato, e non ha voluto essere indicata nel certificato di nascita, con ciò rifiutando la maternità. Si osserva che i due coniugi, così facendo, non solo hanno eluso la legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita, ma hanno eluso anche la disciplina sulla adozioni, in quanto risultava che già da tempo avevano superato l"età per l"adozione di un neonato e, in passato, per ben tre volte, erano state respinte le loro domande di adozione, per "grosse difficoltà nell"elaborazione di una sana genitorialità adottiva." La Corte, infine, richiama le sentenze gemelle emesse il 26 giugno 2014 nei confronti della Francia sui ricorsi n. 65192/11 (Mensonn c.Francia) e n. 65941/11 (Labasse c.Francia) , ritenendo, in contraddizione con i motivi di ricorso, che non si sarebbe, con le predette decisioni, affermato il diritto del nato mediante surrogazione di maternità ad essere riconosciuto come figlio legittimo della coppia committente. Al contrario, in dette sentenze si sarebbe riconosciuto un ampio margine di apprezzamento discrezionale ai singoli Stati sul tema della maternità surrogata, disciplinata in maniera diversa nell"ambito dei paesi membri del Consiglio d"Europa, ed ha ravvisato il superamento di detto margine nel difetto di riconoscimento giuridico del rapporto di filiazione tra il nato e il padre committente allorchè quest"ultimo sia anche padre biologico.

 

4. Il criterio del "superiore interesse del minore" quale regola per l"affidamento?

La breve esposizione delle posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza in materia di surrogazione di maternità, sollecita una riflessione sul ruolo assunto dal minore e sulle conseguenze che il vuoto legislativo e i relativi provvedimenti dell"autorità giudiziaria possono determinare nella sua vita. Come conciliare l"interesse superiore del minore ed i divieti imposti dal sistema normativo? Ad oggi, i genitori che ricorrono a metodi di fecondazione diversi da quelli consentiti e disciplinati dalla legge nazionale vedono disconoscersi il proprio rapporto genitoriale, non potendo formalmente dichiarare le circostanze in cui è nato il proprio figlio (o quello che ritengono tale), non essendo rinvenibile nell"ordinamento alcuna legislazione destinata a disciplinare simili attestazioni.

Le conseguenze per i figli minori sono gravissime. Il bambino generato ricorrendo a surrogazione di maternità è soggetto ad uno stato di assoluta incertezza giuridica, in quanto l"ordinamento italiano non riconosce la sua identità all"interno della società, e lo priva ingiustificatamente delle figure genitoriali di riferimento. Non esiste, inoltre, alcuna regolamentazione che consenta di conservare i dati concernenti i profili biologici dei genitori naturali, i quali sarebbero necessari non solo ai fini della conoscenza delle proprie origini, ma anche per ragioni di tutela della salute. L"allontanamento dalla famiglia committente può creare danni alla psiche irreversibili, mentre invece risponderebbe alla tutela dell" interesse del minore assicurare che lo stesso continui ad essere allevato da quelli che ha identificato come propri genitori, che si sono determinati ad assicurargli un equilibrato ed armonico sviluppo, con i quali ha stabilito un rapporto d"amore e di biunivoca affezione. E", infatti, assurdo pensare che il sistema consenta e lo consideri normale conseguenza dell"attuale vuoto legislativo, l"allontanamento del minore dal nucleo familiare di appartenenza, esponendo lo stesso ad una distonia identitaria del tutto inconciliabile con la tutela della dignità umana. Le determinazioni in tal senso rappresentano una chiara violazione del principio del perseguimento del superiore interesse del minore, principio che sottende l"intero panorama legislativo e criterio di valutazione in ogni decisione che riguarda l"infanzia e l"adolescenza. L"elisione del rapporto genitoriale causa una inaccettabile lesione della identità del figlio minore, in aperta violazione con i principi garantiti dall"art. 2 Cost., anche per l"impossibilità di reperire informazioni essenziali sulla propria provenienza ed origine, in violazione degli artt. 7 e 8 della Convenzione di New York che tutela il diritto dei minori a conoscere i propri genitori, e dell"art. 30 della Convenzione dell"Aja, che impone agli Stati contraenti, nella misura consentita dalla propria legge, di assicurare l"accesso del minore o del suo rappresentante alle informazioni conservate sulle sue origini, ed in particolare quelle relative all"identità della madre e del padre. Ai figli concepiti con tale pratica non solo vengono negati i rapporti di parentela e tutti gli aspetti fondamentali della propria identità, ma anche i diritti alla successione legittima, ad ogni legame riconosciuto in sede di separazione, divorzio, morte dei genitori committenti, ed ad ogni tutela garantita dall"ordinamento in caso di violazione degli obblighi riguardanti l"esercizio della responsabilità genitoriale.

La violazione di tali diritti è assolutamente inconciliabile con la tutela della dignità della persona, tanto in aperto contrasto con la necessità di garantire negli ordinamenti internazionali il principio personalista, attualmente valore centrale del diritto, a cui si sono uniformate le politiche sociali e le normative europee. La tutela dei diritti fondamentali esistenziali rappresenta oggi, nel sistema delle fonti dell"Unione, la regola centrale dell"ermeneutica giuridica. Il valore fondamentale della persona, che struttura da tempo il diritto europeo, trova un considerevole e sistematico riscontro nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e di Lussemburgo, e l"espressione più elevata di sensibilità civile nelle garanzie assicurate al "minore". L"ampia misura del grado di estensione del principio personalista nel sistema delle fonti europee[10] è rinvenibile nella tutela assicurata dall"art. 24 della Carta di Nizza ai diritti dell"infanzia e dell"adolescenza. In questo contesto, il bambino non è più solo figlio della sua famiglia, ma è anche cittadino dell"Unione, con uno "status" nell"ordinamento, fatto di situazioni giuridiche pretensive, delle quali i genitori sono soltanto lo strumento di attuazione giuridica e giudiziaria. Le legislazioni familiari, al pari di quelle sociali, non pongono gli interessi e i diritti degli individui che vivono nella famiglia e che sono legati tra loro da legami di solidarietà sullo stesso piano, ma considerano l"interesse dei figli preminente rispetto a quello dei genitori. Questi principi sono ormai riversati in rivoli ben visibili nella legislazione interna in materia di adozione ed affidamento. Il perseguimento del superiore interesse del minore impone al giudice un angolo prospettico più ampio, che prescinde dalla tutela del ruolo genitoriale, che rimane sullo sfondo, ed è finalizzato ad assicurare la piena realizzazione di una personalità in divenire. Il diritto a crescere con i genitori che lo hanno cercato, desiderato, che si sono assunti intenzionalmente e consapevolmente il compito dell"educazione, della cura e dell"accudimento, deve essere garantito, anche in ragione della portata dell"art. 30 della Cost., circoscritto alle relazioni fra genitori e figli e all"assolvimento in via solo sussidiaria della cura dei minori da parte delle istituzioni. Il combinato disposto degli artt. 2 e 30 Cost., come interpretato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 11 del 10.2.1981), dispone come valore primario da perseguire la promozione della personalità del soggetto umano in formazione e la sua educazione nel luogo a ciò più idoneo, la famiglia d"origine e, soltanto in caso di incapacità di quest"ultima, in una famiglia sostitutiva. Questi valori rappresentano ormai patrimonio culturale dell"Unione e devono costituire per il giudice strumenti di riduzione del conflitto fra norme che invecchiano ed una realtà in continuo cambiamento.

 

Annamaria Fasano

Magistrato

 



[1] Sull"argomento cfr. Faraoni, La maternità surrogata, Milano, Giuffrè, 2002; Zatti, Maternità e surrogazione, in Nuova giur.civ.comm., 2000, II, 193 ss.; Sesta, Norme imperative, ordine pubblico e buon costume: sono leciti gli accordi di surrogazione?, ivi, 2000, II, 293; Graziani – Corti (a cura di) Verso nuove forme di maternità?, Milano, Giuffrè, 2002; Ferrando, Libertà, Responsabilità e procreazione, Padova, Cedam, 1999, 441.

[2] La violazione del divieto di surrogazione di maternità, compiuta in Italia, previsto dalla legge n. 40 del 2004, all"art. 12, comma 6, comporta la sanzione penale della reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 600.000 a un milione di euro. L"ordinamento italiano, invece, non prevede alcuna disposizione legislativa che configuri come ipotesi di reato la maternità surrogata compiuta all"estero. Questo vuoto normativo ha causato situazioni di incertezze interpretative, soprattutto nelle ipotesi, molto frequenti, che due genitori italiani di un bambino nato all"estero con la tale pratica, chiedano la trascrizione dell"atto di nascita nei registri dello stato civile. Per un approfondimento dottrinale:Mori (a cura di) Questioni di bioetica, Ed. Riuniti, Roma, 1988; Santosuosso, La procreazione medicalmente assistita. Commento alla Legge 19 febbraio 2004, n.40, Giuffè, Milano, 2004.; Warnock, Fare bambini. Esiste un diritto ad avere figli ?, Einaudi, Torino, 2004.

[3] Cfr. Carusi, voce Atti di disposizione del corpo, in Enc. giur. it., Treccani, III, Ed., Enc. It., 1 ss. 1998; D"Addino Serravalle, Atti di disposizione del corpo e tutela della persona umana, ESI, 1983; Rizzo, Atti di "disposizione" del corpo e tecniche legislative, in RDC, 618 ss. 1989.

[4] In tal senso, Dogliotti, L"inseminazione artificiale e il parere del Comitato nazionale per la bioetica, in Famiglia e diritto, 1994, p.554. Anche Giammarinaro, I rischi: proibizionismo e mercificazione, in Avvenimenti, 12.3.2000, e Ferrando, Libertà, responsabilità e procreazione, Cedam, 1999, p.444.

[5] Sul punto, Trabucchi, Procreazione artificiale e genetica umana nella prospettiva del giurista, in RDC, 498 e ss. cfr. Corti, La maternità per sostituzione, Giuffrè, Milano, 2000; Faraoni, La maternità surrogata. La natura del fenomeno, gli aspetti giuridici, le prospettive di disciplina, Giuffrè, Milano, 2002.

[6] Cfr. Corti, Procreazione artificiale, disconoscimento di paternità ed interesse del minore, in GI, I, 2, 702.

[7] Interessante anche la sentenza della Corte di Appello di Bari 13.2.2009, DFP, 2010, 251, ss che ha riconosciuto non contrario all"ordine pubblico internazionale il provvedimento giurisdizionale straniero che ha dichiarato figlio della committente il nato in seguito al contratto di maternità surrogata, in presenza di un accordo concluso prima dell"entrata in vigore della legge n. 40 del 2004.

[8] Cfr. App. Bari, 13 febbraio 2009, F.I., Rep.2009, voce Delibazione, n. 32. Con la decisione sono stati puntualizzati alcuni aspetti di rilievo: a) la nozione di ordine pubblico internazionale è più ristretta rispetto a quella di ordine pubblico interno e non coincide con le norme inderogabili dell"ordinamento italiano, ma deve essere rinvenuta in esigenze (comuni a diversi ordinamenti statali) di garanzia di tutela dei diritti fondamentali dell"uomo o in valori fondanti dell"intero assetto ordinamentale; b) la maternità surrogata è ammessa da alcuni Stati dell"UE, pertanto non è contraria all"ordine pubblico internazionale; c) nel caso in esame, secondo i giudici, è interesse superiore del minore quello di vedere riconosciuti i provvedimenti inglesi; d) il mancato riconoscimento avrebbe leso il diritto alla libera circolazione all"interno della Comunità Europea dei cittadini degli Stati membri; e) la stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione (anche se in un caso affine, Cass. 16.3.1999, n. 2315) ha stabilito che il principio del "favor veritatis" non è inderogabile e che addirittura in alcuni casi deve cedere il passo al "favor filiationis", avendo come parametro di riferimento il superiore interesse del minore che ha diritto ad avere una figura materna ed una paterna.

 

[9] In India, in Georgia, in Ucraina, in Russia, e in alcuni Stati degli USA vi è una prassi molto liberale. In Grecia, Irlanda, Regno Unito, Repubblica Ceca e Canada è legale il rapporto giuridico sinallagmatico che si instaura tra una madre e il padre committenti e la madre surrogata che, per ragioni di solidarietà, o in cambio di denaro, è disposta a farsi impiantare gli embrioni, a portare avanti la gestazione e a partorire un bambino, riunciando ad ogni diritto. Al contrario in Svizzera, ma anche in molti Paesi limitrofi, la maternità surrogata è vietata (art. 119 cpv, 2 lett. d, della Costituzione federale della Confederazione svizzera).

[10] Per un approfondimento della tutela dei minori quale espressione dei diritti fondamentali dell"Unione, cfr. P. Alston, The best interest principle: towards a reconsiliation of culture and human rights, in International Journal of Law and Family, 1994, 11 ss.




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