La ricorrente deduceva che né il decreto prefettizio di espulsione, né l'intimazione del questore a lasciare il territorio italiano entro cinque giorni recavano alcuna giustificazione della mancata traduzione in lingua conosciuta dall'intimata; il suo difensore aveva lamentato che i predetti provvedimenti non erano tradotti in alcun'altra lingua, ma erano tradotti, in francese, i soli verbali di notifica, nei quali peraltro le parti tradotte non erano complete e dunque pienamente comprensibili.
La Cassazione dichiara il motivo inammissibile in quanto la censura non corrisponde alla ratio della decisione impugnata, secondo cui era sufficiente la traduzione in francese essendo appunto il francese una lingua conosciuta dalla ricorrente, in quanto lingua ufficiale del suo paese.