-  Fedeli Giuseppe  -  17/09/2014

LIRISMO D'AUTORE - G.FEDELI

 

 

"(...)andiamo, sono tornate le balene/le balene d"agosto…"

 

"Nei primi trent"anni di vita, il cinema inventa e perfeziona tutta la propria grammatica e sintassi. Diventa un"arte, raffinatissima, ellittica, spudorata. Un"arte popolare, alla Dickens(…); un"arte elitaria, di rottura e provocazione(…), un"arte industriale, per sua stessa natura(…). Rénoir ha insegnato al cinema a frugare nelle passioni, Dreyer e Bergman a scavare nei volti, Rossellini ad andare per le strade, Buņuel a deridersi, Godard ad analizzare spietatamente, Truffaut a reinnamorarsi ogni volta di se stesso"(Emanuela Martini, Il Sole 24 ore domenica 8 gennaio 1995). Il tempio cinematografico si trasforma in vertigine. Bianco e nero sui gialli di Hitchcock, maestro insuperato della suspence, il primo a posare l"occhio dentro il garbuglio e i tenebrosi abissi della psiche. Ma vorrei in particolare soffermarmi sulle riflessioni esistenziali di un Kieslowskji, di un Tarkovsky, di un Bergman. La grande sensibilità porta i primi due a trasferire sulla pellicola attimi fuggenti di sentimenti obsoleti, momenti di realismo che si mescolano a riflessioni amare sulla condizione dell"uomo, alla fragilità e sovente al male du vivre, associata alle più nobili inclinazioni dello spirito, sì che in filigrana è dato leggere il disagio esistenziale che pervade le creature, a volte più simili a lemuri che ad esseri umani. Eccellente di Kieslowskji la trilogia del Film Blu, Film Bianco e Film Rosso. Non da meno il Decalogo, opera in dieci atti in cui sono "raccontati" per immagini i Dieci Comandamenti, interpretati a contrariis con gusto impareggiabile e finissimo e levità creativa, giocati sulle suggestioni cangianti del bianco e nero, su particolari apparentemente insignificanti che, in realtà, diventano il leit-motiv di tutta una storia. Senza concessione alcuna al sensazionalismo e a mezzanerie di cassetta, asciutti e nudi, rivelano una volta per tutte ciò che non siamo, ciò che non vogliamo(E. Montale). Dal canto suo, il tormentato itinerario morale di Tarkovsky attraverso i desolati paesaggi della civiltà umana approda a un sistema filosofico complesso, nel quale i danteschi inferni rivisitati in cupe atmosfere naives misurano la storia sulla natura umana.

Quanto a Bergman, il regista svedese insiste sul mobilissimo confine tra arte e follia, la ricorrente angoscia della morte, la difficoltà delle relazioni amorose, la dialettica dell"uomo e del suo alter ego, nel labirinto di ossessioni, sussurri e grida. Uno dei capolavori bergmaniani, Il settimo sigillo (1956), geniale affresco medievale, nel quale l'autore riflette sulla vita e sulla morte, sul rapporto fra uomo e Dio, sul senso della propria esistenza, sulla miseria e la nobiltà della natura umana, tratta gli stessi temi esistenziali, affrontati alla luce della psicanalisi, presenti anche nel successivo Il posto delle fragole (1957) e in tante altre perle preziose. I riferimenti culturali vanno da Joyce a Proust, da Mann a Kierkegaard, i temi religiosi vengono affrontati in un'ottica laica; il problema del vuoto si sostituisce alla perdita della fede, pur nella inesausta quanto sofferta ricerca di una religiosità intima, epurata di ogni formalismo. Interessanti e di livello anche le tematiche chiaroscurali di Ferzan Ozpetek. Ricordo ancora le Balene d"agosto, film del 1987 diretto da Lindsay Anderson, visto per la prima volta in una fumosa sala d'essai alla periferia di Roma. La storia di due anime diverse, con troppe primavere, l"odio e l"amore. Le mani che s"intrecciano a sigillare un sentimento sopra quegli arti sghembi che procedono malfermi. Verso il golfo ventoso… Quanta poesia. Una cornice splendida di verde e di mare, di fiori e d"incanto. La voglia di vivere, d"interpretare fino in fondo la commedia...Chilometri di pellicole ingiallite, su cui è passata la povere del tempo, pure miracolosamente intatte. Cadenzate da un sottofondo triste, a sottolineare la giostra della vita, visione lirica, voce misteriosa nell"improbabile riscatto: "il carrozzone va avanti da sé…". Pedagogia e magià del cinema, la cui funzione si rivela, ad uno "sguardo" attento, profondamente catartica.




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