-  Tornesello Giulia  -  16/11/2012

NEL SECONDO INVERNO DI MONTI: UNA RIVOLUZIONE SUI GENERIS - Giulia TORNESELLO

Nei mesi trascorsi dal primo a questo secondo inverno di Monti donne e uomini insieme, lavoratori, operai, ricercatori, medici e tante altre categorie si sono immersi ad occhi bene aperti nella realtà. E le famiglie, poi. Hanno toccato tutto con mano.

Si è creato una sorta di computer organico che mette in rapporto i disoccupati i nuovi poveri- gli umiliati e offesi- donne e uomini insieme trasformati in un think tank capace di rispondere alle nuove domande. Chi scrive qui può affermarlo essendosi avvicinata a tanti di loro ben più autorevoli per esperienza, attività senza confini, assuefazione allo "sconcerto altrui". Con loro dopo una lunga attesa.

Una forte e vibrante presenza femminile ha oggi una precisa funzione storica: portare all"attenzione dei decisori che l"alleanza fra generi e generazioni per promuovere una effettiva parità deve avvenire sulla base del riconoscimento dei problemi e soprattutto, anzi, prima di tutto della loro natura sociale. Altrimenti tant"è che questa alleanza non avvenga affatto.

Ad esempio: la dinamica vittimismo/empowerment, o comunque quella uomo/donna a livello individuale, non sposta di una virgola la soluzione del problema di rilevanza sociale generale.

E cioè.

Che gli ostacoli (di natura giuridica, culturale, psicologica ecc.) siano stati rimossi è vero. Ma alcune battaglie fondamentali non possono essere vinte se non dalla società.

Alcune di noi, chi scrive è fra queste, hanno pensato di farlo attraverso un impegno individuale totale ed "intelligente". Ebbene, dagli effetti differenziati pesantissimi è risultata riconfermata la dimensione sociale dei problemi.

Quali sono questi problemi?

Per esempio, la carenza dei servizi. In assenza di servizi sufficienti ed adeguati,sicuramente affidabili, che ne facciamo dei nostri cari da noi rispettati come persone ed amati? dei figli e degli anziani, dei familiari dipendenti?

Ancora, in mancanza di una parificazione delle diverse situazioni familiari di fatto che comportano convivenza, solidarietà ed assistenza continuative, i soldi per le "badanti" chi ce li dà?

È temporaneamente possibile, certo, una soluzione del problema a livello individuale ma le conseguenze sociali sono evidenti.

Una è il progressivo impoverimento delle famiglie, legato alla rimozione degli effetti sociali del problema irrisolto.

L"altra è l"impoverimento della sfera pubblica.

Ci sono aspetti delle questioni che vengono considerati terra-terra. Quando la mettiamo così si sente un grande strepitare.

Si strepita se l"OMS fa sapere che il problema della violenza alle donne non è solo un aspetto della violazione dei diritti umani, il più capillare, diffuso, invisibile? Certamente no.

Ebbene non si strepiti neppure se prosegue presentandoci i conti: i conti-effetti di un"emergenza sanitaria i cui costi umani, sociali e pure economici sono elevatissimi.

E se i conti ce li presenta lo Stato, ad esempio, come pagare le pensioni se continua a decrescere l"apporto delle donne nel mondo del lavoro? C"è chi strepita di nuovo.

Ma è ben questo il nodo. Mica il desiderio delle donne di "realizzarsi" a dispetto "dell"uomo cattivo".

Di più, l"alleanza con gli uomini, l"alleanza fra generi tanto attesa e in molti casi realizzata, finisce per concorrere al fenomeno della rimozione.

La vastità del problema della cura ha portato, finalmente, questo sito ad annunciare una discesa in campo di grande rilievo, attesa da tempo "IL RICONOSCIMENTO DEL RUOLO DEL FAMILY CAREGIVER".

 

Chi scrive qui (dopo un lungo silenzio dovuto proprio al dissenso con la Direzione, sui nuovi modi di intervento nella materia) ha sempre scelto di guadagnare sul campo la connessione continua con la vita reale, in specie nei primi anni del lavoro sul territorio e negli ultimi della assistenza al familiare debole.

E allora ecco il rifiuto di appaltare ad altri il problema, lo sconcerto dei colleghi avvocati, le domande senza risposta degli altri familiari.

Invero una risposta io (mi consenta il lettore il passaggio alla prima persona) la davo.

La risposta era: l"amore è l"unica risposta possibile qui ed ora, sino alla fine. Così è stato. Di questi ultimi anni porto ancora i segni sul corpo, nella malattia sopravvenuta.

A causa di questo cedimento del mio corpo, non dello spirito, dal Sud sono arrivata al Nord e vivo ancora qui emigrante della salute.

Ma in cambio che think thank: ammalati, infermieri, medici, si impara a formulare ciò di cui c"è bisogno, a mettere in parole. Impara chi soffre, più o meno, gli infermieri e le infermiere, dottori e dottoresse, un legame forte, l"Italia che resiste come cantava De Gregori beh, è tornata. Anche al Nord ci sono stati e ci sono i tagli nella sanità. Ma la sanità unita resiste.

E come mi sono tuffata io, sudista delicata e gentile abituata a scender in acqua per gradi, "nel primo inverno di Monti" lo hanno fatto in tante/i, si sono tuffati ed ecco infine la "parola". Detta a Paestum il 5-6-7 ottobre 2012:

"Vivere anche nella crisi, la rivoluzione necessaria".

Il logo dell"iniziativa la silhouette di una Tuffatrice, femminile del Tuffatore del 470 a.C. esposto nel museo locale (disegn. Pat Carra); ma il mare nel quale questa donna si tuffa decisa è il mare della morte? Ella è come il Tuffatore di Paestum?

Per quanto sin qui si è scritto la risposta è no.

È il mare sì, ma quello grande, aspro, difficile, agitato della vita"ça va sans dire", dove si può seguire il prossimo sino alla morte ed oltre, dove insomma i morti sono visti come vivi: come fa osservare lucidamente Luigi Zoja ricordando in maniera toccante i primi sbarchi di clandestini. Allo strazio di allora si è ora sostituita l"indifferenza, il respingimento anche interiore da parte dei vivi che sono morti dentro (in L. Zoja La Morte del Prossimo, Einaudi 2009).

Ma per concludere vorrei chiarire il senso del titolo "Nel secondo inverno di Monti: una rivoluzione sui generis" e lo farò rileggendo due delle tante versioni del mito di Orfeo. Una è di Rilke. Per Rilke, quando Orfeo la "chiama", Euridice si volta ma non lo riconosce. A Hermes che la accompagna nel suo viaggio dalla morte alla vita e che grida "si è voltato" chiede gelidamente "chi"? Dunque non si forma la scena amorosa (in A. Cavarero "Tu che mi guardi tu che mi racconti").

Sempre non dialogo ma monologo, dolcissimo però ed amoroso nella rilettura della discesa di Orfeo agli inferi di Claudio Magris, in scena al Piccolo Teatro Studio di Milano.

È sui generis, dunque, il nuovo accordo di genere che supera una contingente attribuzione del diritto alla parola ad uno solo dei due, ad Euridice, la donna amata in bilico fra vita e morte?

In "Come Lei dunque capirà" Magris sostituisce ad una narrazione che separa gli amanti una narrazione femminile che li unisce anche se in forma di monologo. Sarà infatti Euridice a chiamare Orfeo a farlo voltare riconsegnandosi al buio della morte. Perché, scrive Magris (che racconta in un"intervista di aver fatto personalmente quella che chiama l"esperienza della soglia, quotidianamente varcandola in una casa di riposo) è lì che è nata l"idea di questa specie di amore.

Se volete saperne di più andate a vedere la rappresentazione.

Qui abbiamo raccontato solo di una rivoluzione sui generis, un punto di partenza. Vi sembra poco?




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