Non più così, saltando da una casella all’altra, non come nel gioco di una volta; secondo il capriccio dei dadi, un momento di qua, cinque minuti dopo da un’altra parte.
È tempo di pensare a cadenze meno frammentarie, casuali, per la carriera di chi è fragile.
Sparse nel territorio, del resto, ancora embrionali, reti del genere esistono già in Italia. Città grandi, medie, consorzi locali, non serviranno sforzi eccessivi per gli interessati; basta un po’ di solerzia architettonica, assemblatrice. Voci ufficiali disposte a colloquiare, allora, a integrarsi negli scambi: al vertice un assessore alle politiche sociali risoluto, capace di trarre le fila. Meglio quando i familiari, il volontariato, le associazioni, le cooperative nella polis fanno la loro parte.
La ‘’presa in carico’’ quale fondamento, allora, per gli assetti progettabili; chiave di volta rispetto a ogni evento da far accadere, in progress lungo il territorio. Un serio baluardo per combattere, prevenendolo e scongiurandolo, la peggior minaccia strisciante sul campo: l’abbandono a se stessi dei ‘’deboli’’, delle creature non in grado di cavarsela.
Esseri dispersi fra le agenzie dell’accudimento, finiti in qualche contenitore sanitario, mai ascoltati davvero; vittime di oblio, alienati o destoricizzati, spesso sul punto di smarrirsi. E, per l’enfasi posta sugli scogli, da rimuovere, il miglior riferimento non potrà che essere, qui, l’art. 3 della Costituzione; con due passaggi in evidenza, ai fini dell’art.404 cod.civ:
(a) il riferimento agli ‘’ostacoli di fatto’’, che appare destinato, nella prospettiva dell’amministrazione di sostegno, a tradursi in rimando al pericolo di occlusioni e frantumazioni, da sventare con accorte sinergie;
(b) l’esortazione al ‘’pieno sviluppo’’ della persona umana, un passaggio disciplinare che diventa, nell’ottica privatistica, soprattutto richiamo ad affrancamenti dal buio e dall’incuria, per i meno fortunati, da perseguire con sagaci responsabilizzazioni.