Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  02/07/2023

Rapporti tra amministrazione di sostegno, interdizione ed inabilitazione - Francesco Viglino

[...] si tratterà ora del tema specifico di questo lavoro, ossia la possibilità di un’ulteriore riforma che superi la tripartizione che si ha all’interno del sistema delle misure di protezione, con l’abrogazione di interdizione ed inabilitazione.

Per introdurre tale proposta, è necessario analizzare preliminarmente quali siano i rapporti tra i tre istituti ad oggi vigenti, al fine di comprendere in quali casi essi siano applicati, e se sia necessario mantenere questa differenziazione tra le misure.
Ancora prima di entrare nel merito, bisogna però soffermarsi sulla scelta che ha compiuto
il legislatore all’inizio del millennio, nel momento in cui disciplinò l’amministrazione di sostegno: già allora sarebbe stato possibile abrogare l’interdizione e l’inabilitazione, come d’altronde avevano già fatto Austria e Germania1, ma venne preferita l’opzione piùconservativa, ossia mantenere gli originari istituti, modificandoli però in alcuni aspetti2. Nessuna delle iniziative legislative che anticiparono la legge 6 del 2004, invero, avevano previsto l’abrogazione delle misure tradizionali, e nemmeno la Bozza Cendon3: si aveva, forse, il timore di stravolgere oltremodo il quadro normativo, eliminando due istituti che, seppur molto criticati, erano sempre stati presenti nei vari codici civili vigenti in Italia4; o, ancora, di creare incertezza, introducendo uno strumento che, a differenza dell’interdizione, non paralizza in ogni caso tutti gli atti con cui l’incapace può pregiudicare il suo patrimonio5. Questi motivi non sembrano sicuramente in sintonia con la ratio della riforma del 2004, né con i principi costituzionali ed internazionali che stannoalla base della novella legislativa; e tuttavia, ritengo che essi abbiano sicuramente avuto un certo peso nel panorama culturale dell’epoca. La ragione determinante che suggerì di escludere dai progetti di riforma l’eliminazione dei tradizionali istituti va però più probabilmente ricercata nel timore che una legge di tale portata innovativa non sarebbe stata approvata dal Parlamento: come scrive Paolo Cendon, “l’interdizione meglio conservarla”6, perché l’opinione pubblica era troppo “spaventata dalla follia”, e dunque l’iter di approvazione del testo non si sarebbe verosimilmente concluso7. A dire il vero, non sembra nemmeno che la possibilità di sostituire i classici strumenti con l’amministrazione di sostegno sia stata presa in considerazione: nemmeno nella “Bozza Cendon”, come anticipato poc’anzi, l’amministrazione era prevista come unica misura di protezione8. Cendon, in effetti, avrebbe presentano un nuovo, organico, progetto di riforma del codice civile soltanto dopo l’introduzione dell’amministrazione di sostegno: si tratta della “seconda Bozza Cendon”9, ove vengono previste alcune modifiche al nuovo istituto, oltre all’abrogazione di interdizione ed inabilitazione. Tutto ciò non deve, comunque, condurre alla conclusione che il legislatore volesse semplicemente affiancare un nuovo strumento a quelli già esistenti10: dai lavori preparatori emerge chiaramente la volontà di riqualificare gli istituti vigenti, che sarebbero stati destinati a rappresentare l’extrema ratio, e avrebbero, dunque, trovato applicazione soltanto nel caso in cui l’ampio ventaglio di possibilità di protezione dell’amministrazione non avesse soddisfatto le esigenze di protezione del caso concreto11.

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In allegato il testo integrale del saggio completo di note


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