-  Mazzon Riccardo  -  01/07/2013

REGOLAMENTI LOCALI CHE FANNO RIFERIMENTO A DISTANZE DAI CONFINI - Riccardo MAZZON

Comportando sovente deroga - o, comunque, speciale regolamentazione:

"qualora i regolamenti edilizi prevedano la possibilità di costruire sul confine in alternativa rispetto alle distanze minime, si versa in ipotesi del tutto analoga a quella disciplinata dall'art. 873 c.c., con la conseguenza che è consentito al preveniente costruire sul confine, ponendo il vicino che a sua volta voglia edificare nell'alternativa tra arretrare la sua costruzione rispettando l'intera distanza tra costruzioni richiesta dallo strumento urbanistico, ovvero chiedere la comunione del muro e costruire in aderenza" T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 01/04/2011, n. 1899 A.S. c. (avv. Polito, Stanziano) c. Com. Striano c. (avv. Sagliocco) Foro amm. TAR 2011, 4, 1320 -

anche al c.d. principio di prevenzione,

"in materia di costruzioni sul confine, se il p.r.g. non dispone diversamente, va applicato il principio della prevenzione temporale, desumibile dal combinato disposto degli art. da 873 a 877 c.c., secondo cui il proprietario che costruisce per primo determina, in concreto, le distanze da osservare per le altre costruzioni che potranno essere costruite sui fondi vicini. In sostanza, il principio della prevenzione, che ricorre quando il fondo è situato in un comune sprovvisto di strumenti urbanistici, non è applicabile quando l'obbligo di osservare un determinato distacco dal confine sia dettato da regolamenti comunali in tema di edilizia e di urbanistica, avuto riguardo al carattere indiscutibilmente cogente di tali fonti normative, da intendersi preordinate alla tutela, oltre che di privati diritti soggettivi, di interessi generali" Consiglio di Stato, sez. IV, 04/02/2011, n. 802 Guido c. Com. Lecce Publica 2011 - cfr. anche: le norme dei regolamenti locali, integrative del c.c. (art. 872, 873 c.c.) che stabiliscono per le nuove costruzioni un distanza minima del confine, escludendo qualsiasi possibilità di scelta diversa, comportano una deroga al principio della prevenzione in base al quale il preveniente può scegliere se costruire sul confine o alla distanza prevista dalla legge o dai regolamenti - (Cass. 28.3.97, n. 2777, GCM, 1997, 490), nonché: in tema di costruzioni finitime, il diritto - stabilito dagli art. 873 e 875 c.c. - di uno dei confinanti di edificare in prevenzione, anche sul confine (per cui le distanze tra le costruzioni non vincolano il confinante che intenda costruire per primo, dovendo essere osservate, per intero, dal secondo confinante qualora il primo non le abbia osservate, salva la facoltà di costruire in aderenza) è derogato soltanto dalle norme dei regolamenti locali quando queste fissino un distacco obbligatorio dal confine: Cass. 11.4.96, n. 3397, GCM, 1996, 548,

i regolamenti locali, integrativi dell"articolo 873 del codice civile, che stabiliscono distanze minime dal confine, comportano difficoltà particolarmente gravose per l"interprete:

"qualora i regolamenti edilizi nella specie, il Piano regolatore del Comune di Torre del Greco) stabiliscano espressamente la necessità di rispettare determinate distanze dal confine, non può ritenersi consentita (salvo concreta, diversa previsione della norma regolamentare) la costruzione in aderenza o in appoggio, poiché l'imposizione di un distacco assoluto dal confine mira a tutelare interessi generali, quali l'assetto urbanistico di una certa zona, e non soltanto ad evitare la formazione di intercapedini nocive all'igiene, alla salute ed alla sicurezza; solo nel caso in cui i regolamenti locali prevedano, anche implicitamente, la possibilità di costruire in appoggio o in aderenza - come alternativa all'obbligo di rispettare una determinata distanza dal confine, con conseguente inoperatività del principio della prevenzione - sarà consentito derogare al principio dell'assolutezza del distacco minimo dal confine" Cass. 7.7.05, n. 14261, GCM, 2005, 6.

Si veda, ad esempio, la seguente pronuncia, avente pere oggetto un"esplicita previsione regolamentare in tal senso,

"quando la distanza da osservarsi nelle costruzioni a norma dei regolamenti locali consista in un determinato distacco dal confine, è irrilevante stabilire se il fondo del vicino abbia subito danni e sia o meno edificabile, avendo le disposizioni di tali regolamenti finalità pubblicistiche. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, con cui era stato disposto, per violazione dell'art. 19 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore di Reggio Calabria, l'arretramento di una costruzione dal confine con un area di cui era stata dedotta la destinazione a verde pubblico). Con il primo motivo denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge urbanistica 17.8.1942 n. 1150; 1 legge 19.11.1968 n. 1187 e 873 cc; delle disposizioni del Piano Regolatore Generale di Reggio Calabria, in relazione agli artt. 112 e 360 nn. 1, 3 e 5 cpc., la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe dovuto ritenere preclusa l'azione per il rispetto delle distanze legali per l'inedificabilità del terreno dei coniugi Marino - Campione; la destinazione a verde pubblico del terreno, stante l'immediata operatività dei vincoli di cui all'art. 7 n. 3 della legge urbanistica n. 1150-1942, impedendo al proprietario l'utilizzazione del suolo, non gli consente di invocare la tutela prevista dall'art. 873 c.c. Si oppone dei coniugi Marino l'inammissibilità della censura perché prospetterebbe una questione nuova; nel giudizio di appello la società aveva con il terzo motivo di gravame negato solo il loro diritto a chiedere la rimessione in pristino. Questo rilievo non ha fondamento, perché l'inammissibilità dell'azione era stata dedotta dalla società sotto un triplice profilo: l'ultimo riguardava la carenza di interesse a proporla per l'inedificabilità del suolo. Il motivo va poi disatteso; la mera previsione in un piano regolatore generale o in un programma di fabbricazione della destinazione di un terreno privato a strada pubblica, od anche la destinazione di fatto ad uso pubblico di tale terreno, senza l'esecuzione di opere (pubbliche) di irreversibile trasformazione e la conseguente appropriazione cosiddetta acquisitiva dell'immobile da parte della P.A., non producono di per sè una modificazione immediata del regime dei diritti immobiliari privati e non basta, pertanto, ad esimere il proprietario confinante dal rispetto delle distanze legali, perché l'eccezionale deroga alla disciplina delle distanze nelle costruzioni di cui al comma secondo dell'art. 879 c.c. opera esclusivamente per quelle che si fanno a confine di piazze ove propriamente pubbliche, secondo lo stretto significato che, nell'ordinamento, ha la nozione di questa categoria di beni, esclusivamente riferibile alle vie o piazze appartenenti ad un ente territoriale autarchico e, perciò, demaniali e soggette a regime demaniale, ovvero realizzate su terreni gravati da diritto pubblico di godimento al fine della circolazione, parimenti soggette al regime della demanialità (v. Cass. 12.2.1994 n. 1429). Quando, inoltre, la distanza da osservarsi nelle costruzioni a norma dei regolamenti locali consista in un determinato distacco dal confine, è irrilevante stabilire se il fondo del vicino abbia subito danni o sia meno edificabile avendo le disposizioni di tali regolamenti finalità pubblicistiche (v. Cass. 25.6.1994 n. 6111; Cass. 24.10.1989 n. 4322). Con il secondo motivo denunciando, in subordine, violazione e falsa applicazione dell'art. 19 delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale di Reggio Calabria, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ritenendo illegittima la costruzione realizzata in quanto non costituirebbe completamento del contorno di un isolato a cortina e non impedirebbe l'esposizione di nudi muri di frontespizio, non ha considerato che a tale inconveniente si può sopperire con l'apertura di finestre nella parte cieca, previa concessione edilizia, e senza creare vedute sul fondo vicino destinato a verde pubblico. Il motivo è infondato; la tutela delle distanze legali non può tener conto della possibilità di future modificazione dello stato dei luoghi dovendosi avere riguardo alla statuizione di fatto esistente al momento della decisione.
Con il terzo motivo denunciando violazione dell'art. 872 cc. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cpc. la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ritenendo applicabile la tutela dell'art. 873 cc. non ha considerato che la costruzione di una parete cieca sul fondo del vicino, risolvendosi nella violazione di criteri estetici, legittimava solo l'azione risarcitoria dell'art. 872 c.c.
Il motivo è infondato: nell'ambito delle norme dei piani regolatori e, in generale, dei regolamenti locali, occorre distinguere quelle dirette a soddisfare interessi in ordine generale, inerenti ad esigenze igieniche oppure alla tutela dell'estetica edilizia e quelle che sono integrative del codice civile sulle distanze legali tra fabbricati, richiamate cioè dalle norme comuni contenute nel libro terzo titolo secondo, sezione sesta del codice civile; dalle quali ultime nasce immediatamente, accanto al vincolo di diritto pubblico, anche il diritto del privato a pretenderne l'osservanza secondo l'estensione fissata dall'art. 872 c.c.; con la riduzione in pristino (v. cass. 3.12.1991 n. 12918; Cass. 27.5.1987 n. 4737). La sentenza impugnata, avendo ritenuto integrativo del codice civile l'art. 19 delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore di Reggio Calabria nella parte in cui impone, non per motivi di estetica edilizia, una distanza dal confine non inferiore a m. 7, correttamente ha disposto l'arretramento della costruzione" Cass. 20.2.97, n. 1560, GCM, 1997, 280,

nonché la seguente, ove il riferimento alla distanza dal confine è ritenuto implicito in una previsione di mera distanza tra fabbricati:

"allorquando i regolamenti edilizi comunali stabiliscano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile, detta prescrizione deve intendersi comprensiva di un implicito riferimento al confine, dal quale chi costruisce per primo deve osservare una distanza non inferiore alla metà di quella prescritta, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine e, quindi, della operatività del criterio cosiddetto "della prevenzione". Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione degli articoli 113 e 115 c.p.c. e falsa applicazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e degli articoli 873-875 e 905 c.c. nonchè vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver affermato che il regolamento edilizio del Comune di Bolognetta prevedeva una distanza assoluta tra edifici non inferiore a 10 metri con conseguente inapplicabilità del criterio della prevenzione e quindi con l'esclusione per il preveniente del diritto di costruire sul confine. Lo S. rileva che al contrario, non vi era alcuna prova che il piano di fabbricazione del Comune di Bolognetta, non prodotto in giudizio, avesse imposto l'obbligo della distanza di 10 metri tra fabbricati, cosicchè la condanna dell'esponente all'arretramento della propria costruzione ad una distanza non inferiore a 5 metri dal confine con il fondo di proprietà delle controparti era ingiustificata sul piano probatorio; il ricorrente aggiunge di aver edificato il proprio fabbricato nell'anno 1967 ed in quelli successivi, mentre il piano di fabbricazione del Comune di Bolognetta era stato adottato ed era divenuto operante in epoca successiva, cosicchè l'esponente non poteva essere obbligato ad uniformarsi ad uno strumento urbanistico non ancora esistente al momento della realizzazione dell'edificio. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli articoli 873-875 e 905 c.c. e vizio di motivazione, dopo aver affermato che il problema relativo alla operatività del criterio della prevenzione in materia di distanze legali quando l'obbligo della distanza è sancito da un regolamento locale è stato risolto in modo non sempre uniforme dalle decisioni di questa Corte, considera preferibile l'orientamento che ritiene comunque applicabile il suddetto criterio in difetto di una norma che ne preveda espressamente in tali ipotesi la inapplicabilità. Lo S. aggiunge che comunque la "ratio" della inapplicabilità del criterio della prevenzione qualora un regolamento locale prescriva un obbligo di distanza maggiore di quella di cui al codice civile risiede nella esigenza di evitare che tale obbligo venga a gravare prevalentemente o esclusivamente sul prevenuto; orbene nella fattispecie tale "ratio" è insussistente in quanto il fondo di proprietà dei D. è soggetto ad un vincolo di inedificabilità assoluta. Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate. Premesso che il regolamento edilizio del Comune di Bolognetta acquisito a seguito della menzionata ordinanza di questa Corte del 4/3/2004 non riguarda la fattispecie, essendo stato approvato il 7/9/1995 allorchè la presente controversia era già perdente, si ritiene di poter ugualmente decidere il ricorso in esame sulla base del rilievo che non risulta specificatamente censurata in questa sede l'affermazione del giudice di appello secondo cui lo strumento urbanistico locale applicabile prevedeva una distanza assoluta tra edifici non inferiori a 10 metri; infatti, nel richiamare le deduzioni degli appellanti principali che richiamavano tali disposizioni, la Corte territoriale ha aggiunto che l'appellato S. si era limitato ad asserire che tale obbligo di osservare la distanza di 10 metri tra costruzioni non sarebbe stata applicabile nella fattispecie perchè soltanto il suo lotto di terreno era stato edificato; pertanto le diverse deduzioni del ricorrente in ordine alle inapplicabilità delle disposizioni del regolamento edilizio di Bolognetta ora richiamata avendo egli realizzato il proprio fabbricato in epoca antecedente alla entrata in vigore di tale strumento urbanistico sollevano una questione di fatto nuova e dunque inammissibile. Chiarito, quindi, alla luce delle enunciate statuizioni della sentenza impugnata, che nella presente controversia trova applicazione un regolamento edilizio che prescrive una distanza non inferiore a 10 metri tra edifici, occorre esaminare in punto di diritto la questione relativa alla operatività o meno del principio della prevenzione in presenza di uno strumento urbanistico che stabilisce una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile. Orbene, premesso che costituisce orientamento pacifico di questa Corte il principio secondo il quale, allorchè uno strumento urbanistico locale stabilisce per le costruzioni una determinata distanza dal confine, il principio della prevenzione non opera perchè la distanza dal confine è assoluta e va rispettata anche se il fondo del vicino sia inedificato (vedi "ex multis"Cass. 13/12/1999, n. 13963; Cass. 9/4/2002 n. 4895, si osserva che alle medesime conclusioni si è giunti anche quando i regolamenti edilizi prevedano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prescritta dal codice civile senza un riferimento esplicito al confine; in tal senso infatti sussiste un indirizzo consolidato di questa corte del quale fanno parte anche le stesse decisioni invocate erroneamente dal ricorrente a sostegno del suo assunto (ovvero Cass. 10/10/1984 n. 5055 e Cass. 1/7/1996 n. 5953), basato sul rilievo che la prevista assolutezza della distanza, rapportata ad un'equa ripartizione del relativo onere, è da ritenersi comprensiva di un implicito riferimento al confine, dal quale chi costruisce per primo deve osservare una distanza non inferiore alla metà di quella prescritta, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine e, quindi, della operatività del principio della prevenzione (Cass. 29/6/1981 n. 4246; Cass. 28/4/1992 n. 5062; Cass. 16/2/1999 n. 1282). E' infine appena il caso di osservare che il profilo di censura relativo alla pretesa inedificabilità assoluta del fondo di proprietà di D. solleva una questione di fatto non trattata nella sentenza impugnata; pertanto il ricorrente aveva l'onere, in realtà non assolto, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto onde dar modo a questa Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale assunto prima di esaminare nel merito la questione stessa" Cass., 22.2.07, n. 4199, GCM, 2007, 6.

La complessità della tematica impone, peraltro, il rinvio al capitolo nono del trattato: "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto, dedicato compiutamente al c.d. principio di prevenzione.

 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film