-  Mazzon Riccardo  -  23/09/2013

RESPONSABILITA' DELLA P.A.: MARCIAPIEDE QUALE NORMALE PERCORSO DI CALPESTIO DEI PEDONI - Riccardo MAZZON

Particolare attenzione la giurisprudenza riserva al marciapiede, quale normale percorso di calpestio dei pedoni – la Suprema Corte, ad esempio, ha recentemente sostenuto, in argomento, che, con una lettura costituzionalmente orientata delle norme di tutela riferite alla responsabilità civile della pubblica amministrazione, in relazione alla non corretta manutenzione del manto stradale e del marciapiede, che costituisce il normale percorso di calpestio dei pedoni, la presunzione di responsabilità di danni alle cose si applica, ai sensi dell"art. 2051 c.c., per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, quando la custodia del bene, intesa quale potere di fatto sulla cosa legittimamente e doverosamente esercitato, sia esercitabile nel caso concreto, tenuto conto delle circostanze e della natura limitata del tratto di strada vigilato,

"la presunzione di tali circostanze resta superata dalla prova del caso fortuito e tale non è il comportamento del danneggiato che cade in presenza di un avvallamento sul marciapiede coperto da uno strato di ghiaino, ma lasciato aperto al calpestio del pubblico, senza alcuna segnalazione delle condizioni di pericolo", (Cass. Civ., sez. III, 15 ottobre 2010, n. 21329, Civ, 2010, 12, 16 - cfr., amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012) -,

esplicitando l'obbligo della pubblica amministrazione di mantenerlo, in quanto pertinenza della strada, in condizioni che non costituiscano una situazione di pericolo;

"sul custode della cosa pubblica incombe una responsabilità oggettiva per i rischi di cui lo stesso è tenuto a rispondere in relazione ai doveri di sorveglianza e di manutenzione ragionevolmente esigibili in base a criteri di corretta e diligente gestione. In tale prospettiva l'obbligo di mantenere il marciapiede (in quanto pertinenza della strada) in condizioni che non costituiscono una situazione di pericolo, incombe sul Comune" (Trib. Napoli, sez. VIII, 7 gennaio 2011, n. 163, GM, 2011, 4, 1015),

ad esempio, pur solitamente affermando come non possa ritenersi, in capo all'ente, l'obbligo giuridico di eliminazione di ogni e qualsiasi irregolarità - neppure all'interno del perimetro del centro abitato -, in quanto l'utente non è esonerato dal minimale e generale obbligo di prudenza e diligenza che gli impone di guardare dove mette i piedi,

"considerati i particolari caratteri che in concreto ha la "custodia" della rete stradale e dei marciapiedi da parte dell'ente territoriale: - non può ritenersi che da detta custodia derivi in capo a esso ente (tenuto anche conto della nota tendenza alla riduzione delle risorse finanziarie degli enti locali, che appaiono decrescere nel tempo) l'obbligo giuridico di eliminazione di ogni e qualsiasi irregolarità, neppure all'interno del perimetro del centro abitato, ma solo di quelle maggiormente pericolose (per la gravità - in termini di probabilità dell'incidente e di entità delle sue conseguenze - del pericolo che introducono) per l'incolumità generale; - soprattutto non può ritenersi che l'utente sia esonerato dal minimale e generale obbligo di prudenza e diligenza che gli impone di guardare dove mette i piedi (considerato appunto che, data l'estensione della cosa, l'uso "di massa" della stessa, la non volontarietà della custodia facente capo al Comune - al contrario del privato il quale può disporre della propria cosa come gli aggrada, anche cedendola o distruggendola, o decidendo di non acquistarla -, la scarsità delle risorse disponibili per gli enti locali e la discrezionalità amministrativa, è tutt'altro che infrequente). In assenza di insidiosità dell'anomalia del manto del marciapiede, per difetto dei caratteri della imprevedibilità e delle inevitabilità - si deve, infatti, osservare che dislivelli e discontinuità nella pavimentazione stradale o dei marciapiedi costituiscono situazioni assai frequenti, dal centro alla periferia - deve affermarsi l'esistenza di un'assorbente colpa della vittima, integrante il caso fortuito che costituisce il limite alla responsabilità oggettiva di cui all'art. 2051 c.c." (Trib. Milano, sez. X, 1 luglio 2008, n. 8632, GiustM, 2008, 7-8, 52),

è stata riconosciuta la responsabilità del Comune anche per un dislivello di circa un centimetro, ritenendo che il modesto dislivello comportasse una minor percepibilità dello stesso, rendendolo maggiormente insidioso:

"allorché una persona, camminando su un marciapiede di strada cittadina, in zona inurbata, con case ed esercizi pubblici e di pubblico transito, inciampi a causa di un dislivello di circa un centimetro causato da una sconnessione di un tombino, procurandosi delle lesioni, ha diritto ad essere risarcita dal Comune ex art. 2051 c.c., in quanto, in conformità al più recente orientamento della S.C., il bene pubblico ben rientra nella sfera di custodia e di intervento dell'Ente locale, tenuto ai controlli ed alla periodica manutenzione. Il fatto che la sconnessione del tombino causi un modesto dislivello comporta una minor percepibilità dello stesso, rendendolo maggiormente insidioso" (Trib. Milano, sez. X, 7 gennaio 2009, n. 74, GiustM, 2008, 12, 86).

Si confrontino, in argomento, anche le seguenti decisioni, riguardanti la caduta di un pedone in una bocca di lupo (più compiutamente, la caduta in una bocca di lupo posta a ridosso del cordolo del marciapiede e priva della grata di protezione, in relazione al quale è stata affermata la responsabilità del Comune)

"qualora la porzione di bene sulla quale si è innestata una situazione di pericolo sia circoscritta, sì da consentire l'esercizio fattivo di un potere di controllo e di addossare al custode quei danni che siano estrinsecazione del rischio connesso alla custodia stessa, deve ammettersi l'applicabilità dell'art. 2051 c.c." (Trib. Venezia, sez. III, 9 febbraio 2007, GM, 2008, 2, 405; Civ, 2008, 9, 22),

nonché l'inciampo in prossimità di tombino coperto da foglie (nella specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza che, con riguardo ad un'azione risarcitoria promossa da un pedone per le lesioni conseguenti ad una caduta su un tratto del marciapiede di una strada comunale sconnesso in prossimità di un tombino coperto da foglie, non aveva adeguatamente motivato circa l'estensione del marciapiedi e la sua collocazione all'interno dell'abitato, non considerando la possibile imputabilità del sinistro alla difettosa messa in opera del tombino ed escludendo, altresì, ma con argomentazioni insufficienti ed inidonee, la configurazione dei presupposti per la sussistenza dell'imprevedibilità della situazione di pericolo):

"dalla proprietà pubblica del Comune sulle strade (e sulle relative pertinenze, come i marciapiedi) discende non solo l'obbligo dell'Ente alla manutenzione, ma anche quello della custodia con conseguente operatività nei confronti dell'Ente stesso della presunzione di responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c., ove sussista omissione di vigilanza al fine di impedire che i lavori su di essa effettuati costituiscano potenziale fonte di danno per gli utenti" (Cass. Civ., sez. III, 21 luglio 2006, n. 16770, GCM, 2006, 7-8).

 

 




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