-  Mazzon Riccardo  -  09/12/2013

RESPONSABILITA' PER DANNI DA COSE IN CUSTODIA: IL POTERE DI INTERVENIRE - Riccardo MAZZON

Il potere di intervenire sulla cosa – atteso che la responsabilità del custode ai sensi dell"art. 2051 c.c. ricorre allorché il danno sia posto in rapporto di diretta derivazione dalla cosa in custodia, senza che questa sia stata in qualche modo impiegata dall"uomo quale strumento per la causazione del danno medesimo,

"fattispecie in cui andrebbe invece ritenuta l"esistenza del fatto illecito di cui all"art. 2043 c.c." (Trib. Saluzzo 14 gennaio 2009, Redazione Giuffrè, 2009 - cfr., amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012-,

opera non come fondamento di una presunzione di colpa, ma come elemento utilizzato, dal legislatore, per individuare la figura del custode: di qui, ad esempio, la recente pronuncia che segue, ove s'afferma che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza,

"in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta" (Trib. Napoli, sez. VIII, 20 gennaio 2010, GM, 2010, 6, 1564).

Si discute, a tal proposito, di potere "di fatto" - nel senso che il presupposto della responsabilità ex art. 2051 c.c. è la custodia che va vista come un potere di fatto, di regola corrispondente ad una situazione giuridica pari alla detenzione qualificata che conferisce al titolare il potere di controllo della cosa con la possibilità di escludere dalla medesima tutti gli elementi di rischio che siano configurabili secondo criteri di normalità:

"è esclusa, peraltro, la responsabilità del custode nell'ipotesi in cui l'evento lesivo sia da ricondursi al caso fortuito che va considerato come un elemento di fatto, dotato dei caratteri della non prevedibilità e della non evitabilità e che sia esso stesso la causa efficiente ed autonoma dell'evento lesivo" (Trib. Milano, sez. X, 12 ottobre 2009, n. 12044, GiustM, 2009, 10, 68) -,

di sorveglianza, di possibilità di modificare lo stato della cosa de qua e di escludere che altri vi apporti modifiche; si confronti anche la recente pronuncia di legittimità che segue, con l'affermazione secondo cui la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto cui la si imputa abbia con la cosa stessa (e sia in grado di esplicare riguardo ad essa) un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apporti modifiche - secondo una tesi risalente il concetto di custode sarebbe collegato all'uso, al godimento e allo sfruttamento economico della cosa: al custode si imputerebbe la responsabilità, giacché è il soggetto che "trae profitto dalla cosa" Valsecchi, Responsabilità aquiliana oggettiva e caso fortuito, in RDCo, 1947, I, 167;

una differente ricostruzione identifica la nozione di custodia nel dovere di controllo sul rischio derivante dalla cosa: di conseguenza, dovrebbe essere considerato custode il soggetto che abbia con la res un rapporto duraturo e continuativo, tale da rendere prevedibili

"i rischi a cui la cosa stessa espone i terzi" Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, 244;

la tesi maggiormente seguita individua nella custodia una particolare relazione tra un soggetto e la res che legittima una pronuncia di responsabilità, fondandola sul

"potere di escludere qualsiasi terzo dall'ingerire sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno" Salvi, La responsabilità civile, in Tratt. Iudica, Zatti, Milano, 1998; -

in particolare, per le strade aperte al traffico, l'ente proprietario si trova certamente in tale situazione una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa (il cui onere probatorio grava sul danneggiato):

"è configurabile la responsabilità dell'ente pubblico custode, salvo che quest'ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno; l'ente proprietario non può far nulla quando la situazione all'origine del danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest'ultima (al pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto) integra il caso fortuito previsto dall'art. 2051 c.c., quale scriminante della responsabilità del custode" (Cass. civ., sez. III, 28 settembre 2009, n. 20754, Redazione Giuffrè, 2009).

Tipica applicazione dei principi testé espressi la si riscontra nella responsabilità della pubblica amministrazione, riferita al danno derivante dal demanio stradale ove, mentre per quanto concerne le autostrade si deve concludere per la configurabilità del rapporto custodiale, in relazione alle strade riconducibili al demanio comunale non è possibile una simile, generalizzata, conclusione, in quanto l'applicazione dei detti criteri non la consente, per comportare, invece, valutazioni ulteriormente specifiche; si legga, a tal proposito, anche la seguente pronuncia, ove la Suprema corte precisa come con particolare riguardo al demanio stradale, la ricorrenza della custodia debba essere esaminata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche assumono rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti:

"alla stregua di tale criterio deriva che mentre in relazione alle autostrade (di cui già all'art. 2 d.P.R. n. 393 del 1959, e ora all'art. 2 d.lg. n. 285 del 1992), attesa la loro natura destinata alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, si deve concludere per la configurabilità del rapporto custodiale, in relazione alle strade riconducibili al demanio comunale non è possibile una simile, generalizzata, conclusione, in quanto l'applicazione dei detti criteri non la consente, ma comporta valutazioni ulteriormente specifiche. In quest'ottica, per le strade comunali - salvo il vaglio in concreto del giudice di merito - circostanza eventualmente sintomatica della possibilità della custodia è che la strada, dal cui difetto di manutenzione è stato causato il danno, si trovi nel perimetro urbano delimitato dallo stesso Comune" (Cass. civ., sez. III, 7 aprile 2009, n. 8377, GDir, 2009, 21, 77).

Ulteriori esemplificazioni giurisprudenziali riguardanti il c.d. potere "di fatto" sono riscontrabili nel caso di veicolo affidato ad un'officina, per riparazioni (fattispecie relativa ad incidente stradale occorso a motociclista, schiantatosi contro autotreno parcheggiato senza segnalazioni, di notte e sulla pubblica via, davanti ad una officina);

"in caso di lesioni da incidente stradale cagionato da veicolo affidato ad una officina per le riparazioni, deve essere esclusa la responsabilità del proprietario; infatti, colui che assume l'incarico delle riparazioni ad un automezzo danneggiato, assume anche l'obbligazione di custodia della cosa da riparare per tutto il tempo durante il quale la cosa gli rimane affidata e pertanto risponde anche dei danni connessi all'inadempimento di tale obbligazione" (Cass. pen., sez. IV, 13 settembre 1983, Buccella, CP, 1984, 909),

nel caso del gestore di un ristorante, il quale destini, di fatto, al servizio del locale, un annesso giardino-cortile con i tavoli ivi esistenti, ancorché tali beni non costituiscano oggetto del contratto di locazione del ristorante;

"ai fini della responsabilità per danni cagionati da cose in custodia, custode è colui che esercita una potestà di fatto su una cosa che possa presentare un pericolo per chi la usi o venga in contratto con essa. (Nella specie, la qualità di custode è stata attribuita al gestore di un ristorante il quale destinava di fatto al servizio del locale un annesso giardino-cortile con i tavoli ivi esistenti, ancorché tali beni non costituissero oggetto del contratto di locazione del ristorante)" (Cass. civ., sez. III, 23 aprile 1981, n. 2431, GCM, 1981, 4),

nel caso di appaltatore, quanto alle lesioni personali subite da un ragazzo a seguito del rotolamento di tubi per condutture, accatastati su terreno privo di recinzione e non idoneamente legati (nella specie, la Suprema Corte, enunciando il principio di cui alla massima, ha ritenuto corretta la decisione dei giudici del merito i quali avevano affermato la responsabilità di un appaltatore per le lesioni personali subite da un ragazzo a seguito del rotolamento di tubi per condutture, accatastati su terreno privo di recinzione e non idoneamente legati):

"poiché il concetto di custodia, presupposto dall'art. 2051 c.c. sta a significare un effettivo potere fisico del soggetto nei confronti della cosa, cioè un rapporto concreto che implichi il governo e l'uso della cosa custodita, con il conseguente obbligo di vigilare che da questa - per sua natura o particolari condizioni - non derivi danno ad altri, fa carico all'appaltatore curare la custodia dei materiali che si trovino nella sua disponibilità concentrati vicino al luogo dell'esecuzione dell'opera, in attesa della loro utilizzazione" (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1981, n. 481, GCM, 1981, 1).

 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film