-  Mazzon Riccardo  -  24/01/2013

RESPONSABILITA' PER DANNI DA ROVINA D'EDIFICIO E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Riccardo MAZZON

Non vi sono particolari ragioni che portino ad escludere l'applicabilità dell'articolo 2053 anche alla pubblica amministrazione; si veda anche, in tal senso, la seguente pronuncia laddove ricorda come, per le opere idrauliche di seconda categoria, relative ai bacini idrografici interregionali, il d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, all'art. 89, preveda non un trasferimento, ma una delega di funzioni alle regioni interessate, che le esercitano sulla base di programmi, direttive ed istruzioni fissati e coordinati dallo Stato:

"dal che deriva che, in caso di danni da rovina di un'opera idraulica appartenente a detta categoria, per un verso persiste, ai sensi dell'art. 2053 c.c., la presunzione di responsabilità dello Stato, che conserva la proprietà della suddetta opera, e per l'altro concorre, in base alla stessa disposizione, la responsabilità della regione, accomunata per legge nell'obbligo di esercitare una diuturna vigilanza sull'opera e di compiere gli interventi manutentivi necessari per assicurare la solidità e la non pericolosità, per i terzi, della stessa, salvo che non sia provata l'ascrivibilità dell'evento a causa diversa dalla carenza manutentiva. (Principio espresso in fattispecie di rottura dell'argine del fiume Bisenzio, appartenente al bacino idrografico del fiume Arno)" (Cass. civ., sez. un., 14 dicembre 2001, n. 15875, GCM, 2001, 2165 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012);

si pensi, ad esempio, all'autorità portuale,

"a danni derivanti dal crollo di un immobile demaniale sito nell'area portuale e oggetto di concessione in uso si applica l'art. 2053 c.c. e l'Autorità portuale, quale proprietaria, è responsabile del danno ed a essa incombe la prova dell'individuazione del caso fortuito o della forza maggiore o di altri fatti, posti in essere da terzi o dallo stesso danneggiato, che possano essere configurati quali cause dell'evento estranee alla sua sfera d'azione" (Trib. Trieste, 11 luglio 2002, DM, 2004, 221; DT, 2004, 591),

o anche all'ente pubblico eventualmente proprietario di argini fluviali:

"la rovina di un argine di fiume va inquadrata nella fattispecie disciplinata dall'art. 2053 c.c. che pone a carico del proprietario la responsabilità per la rovina di un edificio o di altra costruzione e che configura un'ipotesi particolare di danno da cose in custodia, la quale, per il principio di specialità, esclude che possa ravvisarsi in tal caso responsabilità per danno cagionato da cose in custodia disciplinata dall'art. 2051 c.c." (Trib. sup.re acque, 6 dicembre 1999, n. 127, CS, 1999, II,1903 -conforme, quanto all'ente regionale proprietario di opera idraulica, che risponde ai sensi degli art. 2043 e 2053 c.c. dei danni derivanti ai terzi da fenomeni di inondazione o esondazione derivanti da difetto di manutenzione dell'opera idraulica, anche in ipotesi di affidamento della manutenzione dell'opera a diverso ente locale: Trib. sup.re acque, 6 marzo 1996, n. 26, CS, 1996, II, 502);

naturalmente, deve trattarsi di rovina di edificio o, in ogni caso, di "costruzione", nel vero senso del termine; in tal senso, è stato osservato che il Comune risponderà solo della riparazione della tubatura e non anche dei danni subiti dal proprietario dell'area, in caso di rottura di una condotta idrica comunale che abbia danneggiato un cortile privato; la fattispecie non dà, infatti, luogo a responsabilità da fatto illecito ed è pertanto da escludere l"applicabilità dell"art. 2053 c.c.:

"nella fattispecie in esame, se si volesse riferire il danno come proveniente dalla tubatura incorporata nell'edificio, si dovrebbe osservare che l'edificio è di proprietà della stessa attrice, sicchè ella finirebbe per addurre in tal modo la sua stessa responsabilità; se, invece, si vuol sostenere che il danno è derivato dalla tubatura comunale, avulsa dall'edificio, bisogna osservare che la tubatura, di per sè, non può essere considerata nè edificio, nè costruzione tale da paterne derivare, in caso di rovina, la responsabilità oggettiva del suo proprietario" (Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2008, n. 11053, DeG, 2008).

 




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