-  Redazione P&D  -  23/10/2012

RIFLESSIONI SUL CASO ENGLARO DALLA CHIESA FRIULANA - Silvia GEROLA

Siamo ad Udine, il 9 febbraio 2009, lentamente via Sant'Agostino si svuota e i manifestanti che da giorni presidiano l'entrata della Residenza Sanitaria Assistita "La Quiete" si allontanano.

Eluana Englaro è morta e le polemiche lasciano momentaneamente spazio a un rispettoso silenzio. 

La giovane, rimasta vittima di un incidente stradale nel 1992, era ricoverata in stato vegetativo da ormai diciassette anni. La sua morte nel febbraio del 2009 rappresenta l'epilogo della lunga battaglia legale che ha coinvolto la famiglia della ragazza e in particolare il padre, Beppino Englaro, per ottenere il rispetto della volontà della giovane.

La ragazza, infatti, aveva espresso a parenti e amici il desiderio di non essere sottoposta ad accanimento terapeutico qualora le fosse capitato un incidente simile.La tenace lotta della famiglia ha contribuito ad aprire il confronto sul tema del testamento biologico in Italia; molte le personalità politiche e religiose che hanno preso posizione sul tema, appoggiando o contrastando la scelta degli Englaro di procedere per vie legali alla richiesta della sospensione dei trattamenti di alimentazione e idratazione che mantenevano in vita Eluana.

Il confronto politico sul tema è stato spesso caratterizzato da toni accesi e da scontri tra gli esponenti dei vari partiti, alcuni dei quali hanno sostenuto di farsi portavoce in Parlamento della posizione della Chiesa Cattolica. Quest'ultima aveva, infatti, espresso la propria posizione attraverso la prolusione effettuata dal Cardinale Angelo Bagnasco nel settembre del 2008 durante un Consiglio della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) di cui ricopriva, e ricopre tuttora, il ruolo di Presidente.

La prolusione del Cardinale si concludeva con le seguenti parole:«Questi mesi estivi sono stati segnati dalla vicenda di Eluana Englaro, la giovane lecchese che, per un incidente stradale occorsole sedici anni fa, vive in stato vegetativo conseguente a un coma da trauma cranico. La partecipazione commossa alla sorte di questa giovane, la condivisione e il rispetto per la situazione di sofferenza nella quale versa la famiglia, sono i nostri primi sentimenti. È una condizione, quella di Eluana, che peraltro interessa circa altri due mila nostri concittadini sparsi per il territorio nazionale. Per loro e le loro famiglie, come pure per altri malati gravemente invalidati, è necessario un efficace supporto da parte delle istituzioni. Non è questa la sede per richiamare l"iter abbastanza complesso che, rendendo questo caso emblematico, ha nel contempo evidenziato la nuova situazione venutasi a determinare in seguito a pronunciamenti giurisprudenziali che avevano inopinatamente aperto la strada all"interruzione legalizzata del nutrimento vitale, condannando in pratica queste persone a morte certa.

Si è imposta così una riflessione nuova da parte del Parlamento nazionale, sollecitato a varare, si spera col concorso più ampio, una legge sul fine vita che – questa l"attesa − riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell"ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito – fuori da gabbie burocratiche − di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza. Dichiarazioni che, in tale logica, non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell"alimentazione e dell"idratazione, universalmente riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie. Una salvaguardia indispensabile, questa, se non si vuole aprire il varco a esiti agghiaccianti anche per altri gruppi di malati non in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi. 

 Quel che in ultima istanza chiede ogni coscienza illuminata, pronta a riflettere al di fuori di logiche traumatizzanti indotte da casi singoli per volgersi al bene concreto generale, è che in questo delicato passaggio – mentre si evitano inutili forme di accanimento terapeutico − non vengano in alcun modo legittimate o favorite forme mascherate di eutanasia, in particolare di abbandono terapeutico, e sia invece esaltato ancora una volta quel favor vitae che a partire dalla Costituzione contraddistingue l"ordinamento italiano.La vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che poggia sulla irriducibile dignità di ogni persona (cfr Benedetto XV, Discorso di saluto e accoglienza ai giovani, Sydney, 17 luglio 2008), dignità che non viene meno, quali che siano le contingenze o le menomazioni o le infermità che possono colpire nel corso di un"esistenza. Alla luce di questa consapevolezza iscritta nel cuore stesso dell"uomo, e che non è scalfibile da evoluzioni scientifiche o tecnologiche o giuridiche, noi guardiamo con fiducia alle sfide che il Paese ha dinanzi a sé, sicuri che il nostro popolo − con l"aiuto del Signore − saprà trovare le strade meglio corrispondenti alla sua voglia di futuro e alla sua concreta vocazione».

La Cei ha, quindi, assunto una posizione critica nei confronti delle scelte difese dalla famiglia che, per quanto guidate dal dolore, non potevano e non possono essere condivise dalla Chiesa. Infatti, come argomentato nella prolusione, la Chiesa non riconosce nell'idratazione e nell'alimentazione un accanimento terapeutico. È facile comprendere come il quadro in cui si è articolata la vicenda di Eluana fosse complicato e vedesse coinvolti molti attori, a livello non solo nazionale ma, come vedremo, anche locale.

 Il cosiddetto "caso Englaro" ha commosso tutta l'Italia, provocando dubbi e riflessioni. La vicenda ha, però, avuto una particolare risonanza in una delle regioni italiane. La regione in questione è il Friuli-Venezia Giulia, unita a Eluana da un particolare legame dovuto non solo alle origini di Beppino, padre della ragazza, nato in un piccolo comune della provincia di Udine (Paluzza), ma anche al fatto che proprio a Udine, all'inizio di dicembre 2008, una struttura ospedaliera si è detta disponibile ad accogliere la ragazza per procedere al protocollo di sospensione dei trattamenti, così come era stato deliberato in tribunale accogliendo la volontà dei familiari. 

A seguito del difficile confronto politico e del possibile trasferimento di Eluana a Udine, un gruppo di dieci Preti friulani ha deciso di dedicare parte della tradizionale lettera di Natale indirizzata ai fedeli proprio a una riflessione sul tema della vita. Il testo della lettera affronta la questione del "fine vita" sotto un'accezione diversa rispetto a quella proposta dalla Cei, mostrandosi vicino ai dubbi etici che in quel periodo hanno angustiato credenti e non. Della lettera, dal titolo "Nella Complessità con ragionevole speranza e rinnovato impegno", inviata nel dicembre 2008 da Don Pierluigi Di Piazza e altri nove Preti friulani, riportiamo il passaggio in cui i Preti friulani prendono in parte le distanze dalla posizione assunta dalla Cei sul tema del fine vita, promuovendo una riflessione profonda e consapevole.

Del nascere e del morire

«I diritti fondamentali delle persone riguardano la vita e la morte nel loro intrecciarsi continuo. Situazioni emblematiche, di cui i mezzi di informazione si sono ampiamente occupati, provocano in noi una riflessione sofferta e rispettosa della storia delle persone e alcuni interrogativi etici laceranti.Il primato oggettivo della "verità", comunque sempre da cercare e approfondire, è tale da sopprimere la libertà di coscienza personale?

E come questa può essere rapportata al sentire di una società, nel pluralismo delle ispirazioni e delle convinzioni? La sacralità della vita riguarda la sua totalità: la corporeità e la dimensione profonda dell"anima, dello spirito. L"attenzione e la cura alla vita umana inducono ad una prudenza nei confronti della scienza e delle sue tecnologie, a una sorta di timore che non intende limitare la ricerca e la sperimentazione, ma continuamente riporre la questione etica, senza apriorismi e fanatismi. Proprio a motivo di lancinanti interrogativi ci pare di non condividere né l"esultanza nei confronti di decisioni che sostituiscono di fatto il ritardo legislativo riguardo il testamento biologico, né la posizione di chi definisce omicidio una scelta drammatica vissuta nell"ambito di una relazione di amore.Avvertiamo l"esigenza di porsi molto di più in ascolto della vita e di tutte le sue situazioni e per questo di aprirci con rispetto a diverse possibilità.

Come è vero che nessuno dovrebbe sollecitare, tanto meno obbligare qualcuno ad anticipare la propria morte biologica, ci chiediamo se altrettanto è possibile che nessuno sia obbligato a vivere anche in quelle condizioni estreme che inducono a desiderare la morte come una liberazione da una vita considerata impossibile.Fra i tanti esempi di accompagnamento per anni e anni di persone in condizioni estreme, si possono collocare anche quelle situazioni in cui le persone non ce la fanno, non per egoismo, tanto meno per cattiveria, ma per scelta personale. O ci sarebbero questioni morali che non sono di competenza della libertà di coscienza di ciascuna persona? E davvero ci si può sostituire a Dio affermando di conoscere la sua volontà riguardo alla sofferenza e alla morte delle persone? E perché non vivere con lui una relazione di fiducia, di accoglienza del nostro vivere e morire, di una vita che continua diversamente nel suo Mistero?»

I Preti friulani si mostrano coscienti di quanto la questione sia articolata e complessa e propongono una riflessione di ampio respiro. Parlano ai fedeli in maniera diretta, ponendosi e ponendo domande su diversi aspetti, tra cui rientrano anche la libertà della ricerca scientifica e la sacralità della vita in tutte le sue accezioni. Un modo di relazionarsi alla storia di Eluana completamente diverso rispetto a quello proposto dai politici e dalla stessa Cei, all'insegna del dialogo e della riflessione collettiva, che cerca di uscire dalle posizioni precostituite.

Proprio a causa della peculiarità del messaggio inviato abbiamo scelto di approfondire i motivi che hanno spinto questi dieci Preti friulani a rivolgersi ai fedeli in tale maniera. Abbiamo, perciò, intervistato Don Pierluigi Di Piazza, uno dei sottoscrittori della lettera e direttore del Centro Balducci di Zugliano (Centro che si occupa di promuovere l'accoglienza e una spiritualità incarnata nella storia). A distanza di tre anni dalla morte di Eluana abbiamo inoltre chiesto a Don Di Piazza quale sia la sua opinione sulla legislazione riguardante il tema del testamento biologico in Italia.

Cosa l'ha spinta nel 2008, insieme ad altri 9 preti friulani, a prendere una posizione non in linea con quanto indicato dalla Conferenza Episcopale Italiana sul tema del fine vita e sul caso Englaro?

«Si è trattato di una posizione interlocutoria che esige, di per sé, attenzione alla storia delle persone, ascolto, dialogo, riflessione. In quella dichiarazione si considerava quella vicenda nel rapporto di amore tra un padre e sua figlia. Un amore denso di dolore, di determinazione. Si accoglievano poi gli interrogativi di tante persone, a partire dal rispetto per chi vive scelte diverse da quelle di Beppino Englaro e dal rispetto per la sua scelta. C'è fra queste domande anche quella che riguarda Dio e la fede in Lui, una libertà nella responsabilità di scegliere riguardo la vita e anche alla morte; la riflessione su una considerazione globale dell'essere umano, senza assolutizzare la dimensione biologica. Si può pensare a una scelta che non è "contro" Dio, bensì al suo cospetto, in dialogo con lui, nell'affidamento a lui».

La lettera "Nella complessità con ragionevole speranza e rinnovato impegno" rispondeva a un bisogno dei fedeli?

«Osservando con attenzione le riflessioni e le reazioni successive di tante persone, quella nostra dichiarazione aveva interpretato il sentire di molti: le questioni aperte, dibattute, le perplessità, la libertà e il rispetto delle scelte, un orientamento rispettoso di orientamenti e scelte diverse. Più di qualche persona in modo esplicito ha espresso gratitudine; tante, in quelle nostre parole, hanno sentito una Chiesa più vicina le storie delle persone».

Qual è stata la reazione della comunità e delle autorità ecclesiastiche?

«C'è stato un immediato scalpore, anche amplificato dai mezzi di informazione che seguivano la situazione in modo ossessivo, quasi morboso. Qualche gruppo integralista ha chiesto pubblicamente l'intervento dell'Arcivescovo nei nostri confronti; lui ha risposto che con i suoi preti avrebbe parlato personalmente, come poi ha fatto, ma, a dire il vero, evitando toni disciplinari; ha ribadito la dottrina della Chiesa in modo pacato. Certamente la questione è fra le più delicate, profonde e complesse e l'accostamento e la riflessione dovrebbero sempre essere adeguati, mai scontati e tanto meno superficiali».

Cosa ne pensa delle attuali proposte sul testamento biologico? A suo avviso rispondono ai bisogni della dignità umana?

«A mio avviso nel nostro paese c'è una mancanza di contenuti e di linguaggio rispetto alla laicità; e più di qualche volta le scelte sono orientate in modo preventivo, ideologico, senza considerare ad esempio, le diverse situazioni degli ammalati, dei familiari, dei medici. Di fatto, i medici cattolici esprimono posizioni diverse sulla nutrizione e sull'idratazione, considerandole chi una cura, con la possibilità quindi di rifiutarle; chi invece, una necessità e quindi un dovere "naturale" quindi non rifiutabile.Se poi la decisione invece che da un serio confronto della scienza medica, deriva da posizioni ideologiche-partitiche, si determinano decisioni che non sono più rispettose della libertà di scelta di tante persone. Il testamento biologico dovrebbe prevedere il più possibile il rispetto delle diverse posizioni».Don Pierluigi Di Piazza sottolinea, quindi, il senso di responsabilità e di rispetto che ha guidato la stesura della lettera sottoscritta dai dieci Preti, sensibili al disagio della comunità su un tema importante come quello della vita. Proprio alla responsabilità si appella Don Pierluigi Di Piazza nella conclusione dell'intervista, ricordando come certi argomenti debbano essere affrontati seguendo le linee dell'etica e non delle logiche partitiche. Eluana si è spenta il 9 febbraio del 2009, ma la sua vicenda resta attuale. Ancora adesso il testamento biologico rimane un argomento controverso su cui spesso non si riesce a trovare un accordo per motivazioni strettamente politiche. 

 Si coglie l'occasione per ringraziare Don Pierluigi Di Piazza per la disponibilità e la chiarezza dimostrate durante l'intervista.

 Per saperne di più

Conferenza Episcopale Italiana, Consiglio Permanente. Prolusione del Cardinale Presidente. (2008)

Pierluigi Di Piazza, Federico Schiavone, Franco Saccavini, Mario Vatta, Andrea Bellavite, Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo. V lettera: Natale 2008 nella Complessità con ragionevole speranza e rinnovato impegno. (2008)

www.centrobalducci.org

www.janusonline.it

 

Articolo originale in http://www.janusonline.it/news/il-caso-englaro-visto-attraverso-gli-occhi-della-chiesa-friulana

 




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