-  Redazione P&D  -  08/02/2012

'SULLE RIFORME IN MATERIA DI GIUSTIZIA: INTERVISTA A CARLO FEDERICO GROSSO'

Carlo Federico Grosso, professore di diritto penale nell'Università di Torino, avvocato ed ex Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura affronta in questa intervista vari tra i più scottanti temi di attualità in materia di riforme della giustizia: oltre agli interventi per fronteggiare l'emergenza carceraria e alla riforma in cantiere dei delitti di corruzione e 'traffico di influenze', sono in particolare auspicate una serie di riforme possibili 'a costo zero', in particolare nel settore del processo penale (dai nodi delle notifiche e del processo per gli irreperibili, già menzionati dal professor Chiavario, alla semplificazione del sistema delle nullità processuali e alla previsione di un ricorso immediato in cassazione contro le decisioni del giudice di merito in materia di competenza), che potrebbero essere attuate anche nel breve spazio temporale a disposizione in questa legislatura con l'obiettivo fondamentale di accelerare i tempi processuali: ponendo così, tra l'altro, un argine alla falcidia della prescrizione, che vanifica buona parte del lavoro dei nostri tribunali penali. Interventi, questi, ai quali dovrebbe al più presto affiancarsi la tanto annunciata ridefinizione delle circoscrizioni giudiziarie, allo scopo di razionalizzare l'uso delle limitate risorse disponibili.


1. Come valuta gli interventi urgenti per fronteggiare la c.d. emergenza carceraria, in parte attuati con il d.l. 211/2011 dello scorso 22 dicembre e in parte preannunciati quali oggetto di un futuro d.d.l.? Quali altri interventi darebbero a Suo avviso necessari e/o opportuni in questo settore?

Gli interventi urgenti attuati con il d.l. 211/2011 s'inseriscono in una linea politico-criminale in linea di principio assolutamente corretta. Difficilmente essi saranno tuttavia in grado, per sé soli, di risolvere l'emergenza che incalza i nostri istituti di pena. Per rendersene conto è sufficiente considerare che sono oggi recluse oltre 68.000 persone a fronte di circa 45.000 posti/carcere regolamentari, mentre dagli interventi urgenti previsti è lecito attendersi l'uscita dal carcere di circa 3.000 persone (è stato lo stesso ministro a renderlo noto).

In ogni caso, come dicevo, si tratta di novità che sul terreno della politica criminale vanno nella direzione giusta. Da tempo una parte della dottrina penalistica ritiene che a fianco del principio secondo cui il diritto penale dovrebbe costituire l'extrema ratio di tutela giuridica, occorrerebbe collocare il principio, altrettanto importante, secondo cui la pena carceraria dovrebbe costituire a sua volta l'extrema ratio di sanzione penale, potendo, essa, essere sovente sostituita già sul terreno delle pene principali (irrogabili dal giudice di cognizione) da sanzioni diverse dal carcere, siano esse di natura limitativa della libertà personale (gli arresti domiciliari), ovvero di natura prescrittiva od interdittiva.   

Questo atteggiamento, che è stato assunto, sia pure con modalità specificamente diverse, da tutti i più recenti progetti di riforma della parte generale del codice penale, a partire da quello elaborato dalla Commissione ministeriale che io ho presieduto negli anni 1998-2001, costituisce ormai patrimonio abbastanza condiviso nella nostra cultura giuridica. E' quindi naturale che Paola Severino, autorevole ed attenta professionista, non abbia avuto esitazioni ad imboccare la strada di una maggiore utilizzazione della detenzione domiciliare, ad aumentare i confini dell'affidamento in prova, ad escludere dall'ambito della responsabilità penale i casi di scarsa rilevanza penale del fatto, ad impegnarsi sul terreno di un programma di depenalizzazione, e via dicendo, dichiarandosi altresì disponibile ad accettare ogni ampliamento dei meccanismi di deflazione penale e di rinuncia al carcere che il Parlamento  dovesse prospettare in sede di conversione in legge del decreto.

Su due profili merita, forse, spendere alcune parole specifiche: la mancata utilizzazione dei braccialetti elettronici e l'eliminazione dei passaggi in carcere degli arrestati in attesa di convalida.

La prima decisione mi sembra corretta. Pare infatti assodato che i braccialetti in uso al Ministero dell'interno non funzionino bene e, soprattutto, che a causa di un'onerosa convenzione stipulata con Telecom (in fase di scadenza) la loro utilizzazione sia molto costosa. Bene ha fatto pertanto il ministro a soprassedere in modo di potere valutare con la dovuta attenzione utilità e costi di un loro eventuale futuro impiego.

La seconda decisione ha suscitato, com'è noto, qualche discussione: si è sostenuto che la condizione delle carceri sarebbe più garantita rispetto a quella delle camere di sicurezza gestite dalla polizia, che le camere di sicurezza non sarebbero sufficienti e molte di esse neppure idonee a recepire gli arrestati, che usare le camere di sicurezza in luogo del carcere costringerebbe magistrati e poliziotti a faticosi spostamenti. Non mi sembrano, tuttavia, obbiezioni convincenti. Quanto alle garanzie, si tratta, semplicemente, di assicurarle; quanto al numero ed all'idoneità delle camere di sicurezza, i due ministri avranno fatto i loro calcoli e le loro valutazioni; quanto agli eventuali disagi del personale, si tratta di fronteggiarli con adeguate misure organizzative. Se davvero eliminare le c.d. "porte girevoli" reca un sia pure limitato sollievo alle prigioni, data l'emergenza carceraria ben vengano, anche, questi minimi vantaggi.

Mi si chiede, infine, quali interventi ulteriori potrebbero essere utili e/o necessari allo scopo di risolvere l'emergenza carcere. Sul punto non ho dubbi: le uniche misure "svuota-carceri" efficaci nei confronti di tale emergenza sarebbero l'amnistia e l'indulto. Conosco le obbiezioni alle quali una simile proposta va incontro. Cionondimeno insisto poiché, altrimenti, in tempi brevi non potrà esservi rimedio alla condizione carceraria ormai insostenibile.

Naturalmente, se si vuole evitare di ripetere gli errori del passato, occorrerebbe che la scelta d'utilizzare ancora una volta (impropriamente) gli istituti di clemenza allo scopo di sfoltire la popolazione carceraria sia accompagnata da una forte iniziativa riformatrice di carattere generale. Il provvedimento di amnistia e d'indulto dovrebbe essere, in altre parole, accompagnato dall'impostazione di quella "riforma complessiva ed organica del sistema penale" che si auspica da anni per superare la cerisi della giustizia italiana, ma che mai, fino ad ora, le forze politiche sono state in grado anche soltanto d'impostare: riforme di organizzazione del sistema giudiziario, riforma del codice penale, riforma del codice di procedura penale, accelerazione nella costruzione di nuove carceri, e via dicendo.

Se non vi fosse questa contestualità, l'eventuale nuovo provvedimento di clemenza finirebbe per subire la sorte di quelli, numerosi, che l'hanno preceduto: servirebbe ad allievare l'affollamento negli istituti di pena (e in parte dell'arretrato giudiziario penale), ma non risolverebbe il problema carcere, e dopo qualche anno ci si ritroverebbe a fare i conti con una nuova situazione d'emergenza.

Il ministro Severino, di fronte alla prospettiva dell'amnistia e dell'indulto, ha prudentemente rilevato che si tratta di nodo politico che, al momento, soltanto il Parlamento è, politicamente, in grado di affrontare. Ha ragione, ma penso che, allora, sarà giocoforza accontentarsi dei piccoli (corretti) passi compiuti, utili ma sicuramente non decisivi per risolvere né l'emergenza né i grandissimi problemi della giustizia penale.

 

2. In un'intervista del 30 dicembre 2011 al Corriere della Sera il Ministro Severino ha preannunciato altresì interventi urgenti in materia di corruzione (anche privata) e abuso di ufficio. Quale è la sua opinione i proposito?

Il contenuto dell'intervista del ministro Severino in materia di corruzione ed abuso di ufficio mi sembra assolutamente condivisibile.

Mi pare ovvio, ad esempio, che per contrastare la corruzione occorra "fissare delle procedure trasparenti", individuando "tempi certi" e poi monitorando che "le regole vengano rispettate", ed è ragionevole sostenere che, riducendo "l'area grigia della discrezionalità amministrativa", si riducono contemporaneamente le opportunità di corruttela (il problema è, semmai, stabilire quali procedure imporre e quale margine di discrezionalità ridurre).

Mi pare altrettanto ovvio che occorra riformare il delitto di abuso di ufficio, in larga misura "svuotato" dalla riforma del 1997 (anche qui il problema è, semmai, definire i contenuti dell'eventuale ulteriore innovazione legislativa, tenendo fra l'altro conto delle preoccupazioni e dei disagi che le vecchie formulazioni eccessivamente elastiche di tale reato, ed ancor prima del reato di interesse privato in atti di ufficio, creavano negli amministratori pubblici, sovente alle prese con una disciplina amministrativa complessa e farraginosa).

Mi sembra giusto, infine, introdurre sanzioni più rigorose in materia di delitti contro la pubblica amministrazione e prevedere un nuovo delitto di corruzione con riferimento alle aziende private. Anzi, a tale nuova fattispecie di reato sarebbe forse opportuno affiancare anche quella di "traffico illecito di influenze", destinata a coprire situazioni non raggiunte, oggi, dalla disciplina della corruzione, ma altrettanto censurabili.

Occorre peraltro ricordare che le questioni menzionate sono, in realtà, già all'attenzione del Parlamento, che sta, sia pure faticosamente, discutendo un disegno di legge anticorruzione elaborato in adempimento di obblighi internazionali. Tale disegno di legge è già stato approvato dal Senato. La Camera dei deputati, ritenendo il testo approvato dal Senato non adeguato all'esigenza di un contrasto il più duro possibile delle corruttele, su iniziativa di talune forze politiche sta procedendo ad un suo "rafforzamento". In tale prospettiva si sta discutendo, proprio, se e come elevare le pene previste per la corruzione e per altri delitti contro la pubblica amministrazione, quali fattispecie aggiungere al catalogo delle corruzioni punibili (corruzione privata e traffico illecito d'influenze), se e come riformare il delitto di abuso di ufficio.   

In tale specifico frangente un intervento deciso del ministro a sostegno delle innovazioni che sono oggetto di discussione, magari sotto forma di un maxiemendamento del governo, potrebbe essere importante, forse decisivo per fare volare alta la riforma in cantiere. Ben venga, dunque, la sua attenzione anche su questo tema.

 

3. Quali sono, a Suo avviso, le ulteriori 'emergenze' della giustizia penale che potrebbero essere realisticamente affrontate nel breve spazio residuo della legislatura, tenendo conto anche dei vincoli di bilancio che necessariamente condizionano qualsiasi possibile riforma?

Altre emergenze della giustizia penale, se pure di gravità meno intensa rispetto a quella che attinge oggi il carcere, sono numerose. Ne elenco alcune: i tempi troppo lunghi dei processi, la falcidia della prescrizione, l'infelice distribuzione degli uffici giudiziari e la conseguente necessità di una loro redistribuzione, i vuoti nel personale ausiliario, l'insufficienza dei mezzi a disposizione.

Ritengo che nel breve spazio residuo di legislatura, e con i vincoli di bilancio che inevitabilmente condizionano ogni iniziativa, il ministro, se lo volesse, potrebbe tutt'al più tracciare le linee di una grande riforma possibile (ma ho già detto che è improbabile che lo faccia) e, magari, per dimostrare la bontà delle sue intenzioni, elaborare talune di quelle piccole riforme "a costo zero" che la dottrina suole enumerare a titolo di esempio di ciò che si potrebbe in ogni caso agevolmente fare per rimediare a qualche guasto o causa di lentezza, eppure non si fa.

Enumero alcuni di questi piccoli, possibili, interventi a costo zero, indicando il suo specifico profilo di utilità. Si potrebbe eliminare l'obbligo della doppia notifica all'imputato e al suo difensore (una semplificazione che eviterebbe un certo numero di rinvii dovuti a difetto di notifica); per altro verso, si potrebbe disporre il domicilio obbligatorio della parte presso il difensore (analoghi vantaggi di semplificazione); per evitare che il giudice d'appello o la cassazione annullino per incompetenza processi già ampiamente o interamente celebrati, si potrebbe prevedere il ricorso immediato in cassazione contro la decisione del giudice di merito sulla competenza, e che la valutazione della cassazione definisca una volta per tutte la questione; si potrebbe affrontare il problema dei processi penali nei confronti degli irreperibili; si potrebbe semplificare il sistema delle nullità processuali; se si avesse un po' più di coraggio, si potrebbe prendere il machete e cercare di depenalizzare tutti i reati di rilevanza marginale (sono davvero tanti); se si disponesse di un po' più di denaro (e forse di tempo), si potrebbe realizzare il salto epocale di un processo penale interamente informatizzato, all'interno del quale ogni comunicazione o notifica di avvisi od atti potrebbe svolgersi seguendo i canali misteriosi della posta elettronica e della firma autenticata.

Il ministro ha, d'altro canto, annunciato che sarebbe sua intenzione procedere rapidamente alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie allo scopo di eliminare le sedi inutili e razionalizzare, complessivamente, l'impiego delle risorse. E' da anni che s'invoca un intervento di questo tipo, ma esso si è sempre arenato di fronte alle resistenze locali. Se questo governo riuscisse in ciò in cui non è riuscito nessuno dei governi che l'hanno preceduto nel tempo, farebbe cosa assolutamente encomiabile.         

Tratta da www.dirittopenalecontemporaneo.it

 




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