-  Mazzon Riccardo  -  30/08/2016

Tre forme di imputazione soggettiva? - Riccardo Mazzon

L"inopportunità di considerare la responsabilità oggettiva, anche in ambito civile, quale mera assenza di dolo o colpa (attribuendo con ciò rilievo ad una definizione meramente negativa) consiglia, in detto ambito, di distinguere la colpevolezza civile in senso stretto (dolo e colpa) dalla colpevolezza civile in senso lato (responsabilità oggettiva), con conseguente rilievo all"eccezionalità di quest"ultimo istituto e al rigore richiesto sia al legislatore nella previsione casistica, sia all"interprete nell"applicazione pratica.

Presupposta l"esistenza (e la costituzionalizzazione) del principio di colpevolezza, risulta oltremodo interessante osservare come esso diversamente si atteggi nelle forme di imputazione soggettiva previste dal codice: il dolo, la colpa, la responsabilità oggettiva.

Sono però a questo punto necessarie due precisazioni che supportino l"affermazione che "le tre forme di imputazione soggettiva sono il dolo, la colpa e la responsabilità oggettiva": – la prima concerne la non menzione della preterintenzione: ciò è dovuto alla particolare ibridità del concetto, uniformemente considerato un composto delle diverse forme di imputazione soggettiva (dolo + colpa o dolo + responsabilità oggettiva); caratteristica questa che induce a differenziarlo notevolmente dalle figure prodromiche di cui è derivazione [note, a tal proposito, le pronunce secondi cui l"interpretazione costituzionalmente orientata conduce ad una ricostruzione della preterintenzione non come un"ipotesi di dolo per l"evento voluto e di responsabilità oggettiva per l"evento ulteriore, bensì come un"ipotesi mista di dolo e di colpa, non già specifica ma generica, la quale può consistere nella violazione di regole cautelari anche attraverso una condotta dolosa, regole che devono essere rispettate nel pilotaggio finalistico di qualsiasi decorso causale:

"l"affermazione di responsabilità per l"evento ulteriore, oltre l"intenzione, richiede quindi che l"autore del fatto possa muoversi un rimprovero in termini di colpa generica, accertando che la morte sia stata conseguenza concretamente prevedibile degli atti diretti a percuotere o a ledere" (Ass. Milano 6 giugno 2003, FAmb, 2003, 458)];

– la seconda concerne la inclusione della responsabilità oggettiva nel concetto di imputazione soggettiva; ciò è dovuto proprio alle premesse prima enunciate, e cioè al fatto di considerare la necessità assoluta di un minimo di imputazione psicologica: minimum che è dato proprio dalla colpevolezza, da considerarsi quindi elemento essenziale non solo del dolo o della colpa, ma anche della responsabilità oggettiva (l"imputazione a titolo di responsabilità oggettiva è da considerarsi, dunque, imputazione soggettiva a tutti gli effetti; così, ad esempio, s"è affermato che l"interpretazione della fattispecie di omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.) deve rispettare il principio di colpevolezza, ponendosi in linea con l"insegnamento della Corte cost. sul tema della personalità della responsabilità penale:

"da ciò discende una ricostruzione della preterintenzione come ipotesi di dolo misto a colpa; sicché la morte, in quanto elemento significativo che connota il disvalore della figura delittuosa descritta dall"art. 584 c.p., può essere addebitata all"agente soltanto ove rappresenti la conseguenza concretamente prevedibile degli atti diretti a percuotere o a ledere e siano altresì configurabili profili di colpa generica, consistenti nella violazione delle regole cautelari poste a presidio del controllo finalistico di ogni decorso causale" (Ass. Milano, 6 giugno 2003, CP, 2005, 2, 598).

 Per un approfondimento, si veda il terzo capitolo del volume: "Responsabilità e risarcimento del danno da circolazione stradale" Riccardo Mazzon, Rimini 2014.




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