-  Mazzon Riccardo  -  18/03/2015

VACCINAZIONE OBBLIGATORIA: E' ATTIVITA' PERICOLOSA EX ART. 2050 DEL CODICE CIVILE? - Riccardo MAZZON

cassazione civile, sezione III, n. 9406 del 27 aprile 2011 e la vaccinazione obbligatoria

il danno al minore deriva dalla somministrazione del vaccino?

operando un ragionamento controfattuale, l'omessa somministrazione del vaccino avrebbe scongiurato l'evento?

La pronuncia ha origine con l'atto di citazione attraverso il quale due genitori, in proprio e nella qualità di esercenti la potestà sul figlio minore, convenivano, davanti al Tribunale di Perugia, il Ministero della sanità, chiedendone la condanna al risarcimento del danno derivato - al figlio ed a loro stessi, quali genitori - dalle gravi lesioni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria antipolio praticata al minore (cfr. amplius il volume "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012).

La domanda, accolta dal Tribunale, era invece rigettata dalla Corte d'Appello.

Per quanto qui d'interesse, con il ricorso per Cassazione i ricorrenti denunciano, trallaltro, la violazione dell'articolo 2050 del codice civile, per mancata applicazione al caso di specie e la Suprema Corte osserva come la Corte di merito affermi che, nella specie, ricorre un'ipotesi di responsabilità aquiliana, ai sensi dell'articolo 2043 c.c. - per la lesione del diritto alla salute - e neghi, invece, l'applicabilità della norma di cui all'articolo 2050 c.c., in tema di attività pericolosa:

"la Corte rigetta, poi, la domanda perchè, pur avendo gli attori "provato il fatto della vaccinazione e la sua efficienza causale rispetto al fatto dannoso delle lesioni", "non hanno provato la colpa" del Ministero, affermando che questa "non può consistere dalla semplice derivazione del danno dal fatto della P.A.", ma "..Occorre invece che sia allegata e provata una negligenza, imprudenza o imperizia presente nella condotta causativa del danno"" Cassazione civile, sez. III, 27/04/2011, n. 9406 S. e altro c. Min. Salute Giust. civ. Mass. 2011, 4, 663

Nell'esame della lagnanza, il Supremo Consesso, correttamente, focalizza l'attenzione sul tipo di attività che sarebbe alla base della responsabilità del Ministero della salute quale "attività pericolosa".

Invero, rammenta la pronuncia in esame, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno operato - con la sentenza n. 576 del 2008, in materia di responsabilità civile per danni da emoderivati - una fondamentale distinzione di problemi:

  1. il problema della qualificazione come attività pericolosa ex art. 2050 c.c. dell'attività di produzione, commercializzazione ed effettiva trasfusione sui singoli pazienti del sangue;
  2. il diverso problema dei contenuti e dei profili di responsabilità dell'attività del Ministero in tale settore, che attiene alla sfera non direttamente gestionale, ma piuttosto di supervisione e controllo:

"affermano, in particolare, le Sezioni Unite: "La pericolosità della pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell'uso degli emoderivati non rende ovviamente pericolosa l'attività ministeriale, la cui funzione apicale è solo quella di controllare e vigilare a tutela della salute pubblica. Anche gli interventi per la distribuzione e ripartizione del plasma tra le strutture sanitarie o le autorizzazioni per l'importazione del plasma non possono considerarsi elementi di conferma di un'attività in senso lato imprenditoriale - ritenuto da parte della dottrina, elemento necessario per la responsabilità ex art. 2050 c.c. -, in quanto si tratta di incombenze meramente complementari e funzionali all'organizzazione generale di un settore vitale per la collettività". Affermano, invece, che la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da HIV e da epatite, contratte da soggetti emotrasfusi per l'omessa vigilanza esercitata dall'Amministrazione sulla sostanza ematica negli interventi trasfusionali e sugli emoderivati è inquadrabile nella violazione della clausola generale di cui all'art. 2043 c.c." Cassazione civile, sez. III, 27/04/2011, n. 9406 S. e altro c. Min. Salute Giust. civ. Mass. 2011, 4, 663.

Osserva, dunque, la Suprema Corte come principi analoghi, pur con le precisazioni dovute alle diversità della fattispecie in esame, valgano anche per l'attività di controllo e vigilanza esercitata dal Ministero della salute in tema di vaccinazioni obbligatorie, come quella antipoliomielitica: rilevante, a tal fine, è che il Ministero - sotto questo profilo - non svolge in concreto attività imprenditoriale in relazione all'acquisto e distribuzione di prodotto immunizzato antipolio, ma soltanto di controllo e vigilanza a tutela della salute pubblica.

Ne consegue l'insussistenza di una sua eventuale responsabilità per attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c.; in questa ottica, va ricordato quel complesso normativo che, specie dopo il trasferimento di alcune funzioni statali in tema di sanità dal Ministero della salute alle regioni, in attuazione della riforma dell'art. 117 Cost. operata dalla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, -successiva, peraltro, ai fatti oggetto del presente giudizio (v. sul punto anche Sez. Un. 11 gennaio 2008, n. 584) - ed alle USL e, poi, alle ASL, avalla il carattere generale e di indirizzo proprio delle competenze ministeriali rispetto a quelle direttamente operative delle regioni:

  1. così la L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 6 (istitutiva del servizio sanitario nazionale), che riserva allo Stato compiti di carattere generale e di indirizzo;
  2. così il successivo art. 7, comma 2 in base al quale sono le regioni che "provvedono all'approvvigionamento di sieri e vaccini necessari per le vaccinazioni obbligatorie" ed in base ad un programma concordato con il Ministero della sanità", con sub - delega delle funzioni delegate dallo stesso articolo ai comuni; 3) così l'art. 53 della medesima legge che riserva al Governo la proposizione del Piano Sanitario Nazionale, contenente "linee generali di indirizzo", da sottoporre all'approvazione del parlamento, rimesse, dall'art. 55, per l'attuazione alle regioni:

"deve, però subito osservarsi che, in ogni caso, è rimasto all'amministrazione centrale, non solo un ruolo primario nella programmazione, ma anche un ruolo centrale di controllo, che si attua attraverso il servizio sanitario nazionale. Affermata, quindi, l'insussistenza dì una responsabilità del Ministero della salute per attività pericolosa, si deve passare ad esaminare la fattispecie sotto il profilo dell'art. 2043 c.c. In questa prospettiva va ribadito che al Ministero della sanità, prima, ed ora al Ministero della salute spettano compiti di vigilanza e controllo preventivo, istituzionalmente attribuitigli. E la fonte normativa che integra la norma primaria del neminem laedere, da cui ricavare l'esistenza di tali doveri in capo al Ministero della sanità, è costituita dalla L. 13 marzo 1958, n. 296, art. 1 che gli attribuisce "il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica", di "sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, provvedendo anche ad emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari..."" Cassazione civile, sez. III, 27/04/2011, n. 9406 S. e altro c. Min. Salute Giust. civ. Mass. 2011, 4, 663

Nel sostenere l'importante tesi, precisa la Suprema Corte come le indicazioni normative, di rango primario e secondario, che si sono susseguite nel tempo, con riferimento alla materia della vaccinazione antipoliomielitica - e di cui è opportuno dare conto - siano le seguenti:

  1. L. 30 luglio 1959, n 695 Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica" e la successiva L. 4 febbraio 1966, n. 51 "Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica" che ha abrogato la precedente rendendo obbligatoria la vaccinazione antipoliomielitica;
  2. il D.M. 25 maggio 1967 "Disposizioni relative alla quantità e tipo di vaccino antipoliomielitico", con il quale espressamente si prescriveva che la vaccinazione contro la poliomielite "è temporaneamente sospesa nei confronti dei soggetti che presentano manifestazioni di malattia acuta, febbrile o diarrea e dovrà essere ripresa appena scomparso lo stato di controindicazione";
  3. il D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica";
  4. il D.M. 25 novembre 1982: Modificazioni al D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica";
  5. il D.M. 19 aprile 1984 "Impiego del vaccino antipoliomielitico inattivato tipo Salk";
  6. Circolare n. 11/97 "Completamento della schedula vaccinale antipolio mediante impiego di vaccini iniettabili aventi caratteristiche diverse"; 7) D.M. 7 aprile 1999 "Nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva";
  7. Circolare n. 5 del 7 aprile 1999 "Nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva";
  8. D.M. 18 giugno 2002 "Nuovo Calendario della Vaccinazione antipolio";
  9. Circolare 6 agosto 2002 "Piano per il mantenimento della situazione di eradicazione della poliomielite;

10)  Circolare del Ministero della Salute - 20/02/2004 Eradicazione della Polio - Sorveglianza della paralisi flaccida acuta nel 2003;

11)  D.M. 15 luglio 2005 "Modifica al calendario delle vaccinazioni antipoliomielitiche per adeguamento al Nuovo Piano nazionale Vaccini 2005-2007":

L'excursus effettuato rende evidente come, nel tempo, siano intervenuti cambiamenti nei tipi e qualità di vaccino da impiegare e nei tempi e modi della sua somministrazione, che hanno determinato modifiche della "schedula vaccinale antipolio" "con l'utilizzo esclusivo di vaccino antipoliomielitico inattivato (IPV), alla luce dell'evoluzione della situazione epidemiologica nazionale, europea e globale di tale malattia" (D.m. salute del 18 giugno 2002 pubblicato sulla G.U. n. 163 del 13 luglio 2002).

In particolare il D.M. 14 gennaio 1972 "Nuove norme in materia di vaccinazione antipoliomielitica ", applicato ratione temporis nella specie per essere state le vaccinazioni effettuate nel 1981 prevedeva che "A partire dal 28 febbraio 1912 la vaccinazione obbligatoria contro la poliomielite viene eseguita gratuitamente dagli appositi servizi istituiti dai comuni a mezzo del vaccino a base di virus attenuati secondo Sabin, del tipo trivalente", stabilendo modalità e tempi della somministrazione.

E' opportuno anche, per la prossimità temporale ai fatti oggetto del presente giudizio, menzionare il D.M. 19 aprile 1984 "Impiego del vaccino antipoliomielitico inattivato tipo Salk" con il quale il Ministero della sanità, ribadendo che la vaccinazione antipoliomielitica continuava ad essere effettuata con vaccino attenuato orale tipo Sabin, emanava, però, indicazioni che prevedevano l'impiego del vaccino inattivato parenterale tipo Salk per la immunizzazione contro la poliomielite di soggetti con riscontrato stato di controindicazione duratura all'uso del vaccino attenuato orale tipo Sabin precisandone le condizioni e ricomprendendovi le situazioni di immunodeficienza.

Quanto, poi, alle conoscenze dei due tipi di vaccini, delle loro caratteristiche, delle loro potenzialità e delle loro indicazioni e controindicazioni all'assunzione, la comunità scientifica - per la fondamentale importanza della vaccinazione - ha compiuto, da tempo risalente (fin dal loro apparire sulla scena mondiale), ricerche accurate e su larga scala, pervenendo a risultati condivisi dalla comunità scientifica mondiale; dando atto dei risultati raggiunti, che potevano ritenersi condiviso e comune patrimonio mondiale; come tali conosciuti o conoscibili da parte delle singole comunità nazionali:

"le premesse normative così esposte conducono ad una successione logicamente concatenata di domande, articolabili come segue: a) se, all'epoca dei fatti, sul Ministero gravasse un obbligo giuridico, la cui violazione poteva condurre - con il concorso di ulteriori elementi - all'affermazione di una sua responsabilità; b) se la condotta omissiva del Ministero (nel caso di risposta affermativa al primo quesito) abbia avuto efficacia causale rispetto all'evento di danno (c.d. causalità dell'omissione); c) se in tale omissione - qualora la si ritenga dotata di efficacia causale - siano ravvisabili i profili della colpa (colpevolezza dell'omissione), e se tale colpa sia stata a sua volta causale rispetto al danno (c.d. causalità della colpa). La sentenza impugnata ha risposto positivamente a tutte le domande tranne l'ultima. Infatti, il motivo di ricorso concerne esclusivamente il punto relativo alla colpevolezza dell'omissione" Cassazione civile, sez. III, 27/04/2011, n. 9406 S. e altro c. Min. Salute Giust. civ. Mass. 2011, 4, 663

Così circoscritto il thema decidendum, la Suprema Corte osservato, in conclusione, che - in mancanza di fattori eccezionali che abbiano impedito di compiere l'azione doverosa - il contenuto dell'omissione ed il contenuto della colpa finiscono per sovrapporsi.

A tal fine, il Supremo consesso invita a considerare alcune informazioni cruciali: la prima è che - alla stregua della consulenza in atti, non controversa - il danno al minore fu certamente derivato dalla somministrazione del vaccino; pertanto - operando un ragionamento controfattuale - l'omessa somministrazione del vaccino avrebbe scongiurato l'evento:

"in altri termini, se il Ministero della sanità avesse proibito - per la ricorrenza di precise controindicazioni tale forma di vaccinazione, l'evento non si sarebbe verificato. Dunque, la condotta omissiva del Ministero, che non ha proibito tale somministrazione (ma può dubitarsi che si tratti di condotta omissiva e non attiva: invero, a rigore, la condotta causale è la somministrazione del vaccino, disposta dal Ministero della Salute) è stato un antecedente causale dell'evento Cassazione civile, sez. III, 27/04/2011, n. 9406 S. e altro c. Min. Salute Giust. civ. Mass. 2011, 4, 663.

La seconda informazione - trascurata dalla sentenza impugnata - è che, già all'epoca, era conosciuta la pericolosità di tale vaccino, e vi erano statistiche accreditate sui gravi effetti collaterali che esso poteva provocare

"è chiaro, allora, che la sentenza impugnata ha omesso di valutare punti decisivi della controversia così determinabili: a) se all'epoca della somministrazione era conosciuta o conoscibile - secondo le migliori cognizioni scientifiche disponibili - la pericolosità del vaccino; b) se alla stregua di tali conoscenze, il rispetto del fondamentale principio di precauzione imponesse di vietare tale tipo di vaccinazione, o di consentirla con rigorose modalità tali da minimizzare i rischi ad essa connessi. L'eventuale esito favorevole delle indagini che il giudice del rinvio andrà a compiere, e di cui ai punti a) e b) indicati, costituirà, poi, il presupposto per la riconoscibilità agli odierni ricorrenti - ricorrendone le condizioni probatorie, di natura anche presuntiva - del danno lamentato (Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26972 punti 4.8 e 4.9)" Cassazione civile, sez. III, 27/04/2011, n. 9406 S. e altro c. Min. Salute Giust. civ. Mass. 2011, 4, 663.

 




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