Letteratura  -  Paolo Cendon  -  29/03/2024

Dopocena, Venezia, Campo S.Stefano

Ieri sera alle dieci  dopo una lunga  passeggiata mi ero seduto su una panchina di legno in campo S.Stefano.  Il monumento a N.Tommaseo in restauro, avvolto in veli  su  ponteggi.

A fianco della mia -  accostata, di schiena -  c’era un’altra panchina uguale, rossa, a listelli di legno, ricurva, comoda.

Ero stanchissimo. Parlavo con Giampaolo, del festival; lui,  con la sua lunga barba da guru, e gli occhi verdi inquieti e assonnati, mi raccontava dei film della giornata al Lido.

Lì accanto  - a venti metri, sotto un lampione - un tipo  molto alto suonava da solo il sax tenore: suonava bene, lentamente, strascicatamente, diciamo alla Miles Davis, rilassava, incantava, la testa ti andava via, oltre la laguna, l’oceano, oltre tutti oceani.

Io parlavo poco, ascoltavo soprattutto, ogni tanto interloquivo.

 

Sulla panchina parallela  alla mia c’erano due tizi che parlavano. La loro testa era distante da me  mezzo metro. A un certo punto è venuta a sedersi accanto a loro una ragazza. Dopo cinque  minuti i due si sono alzati,  la ragazza è rimasta sola. E si è subito distesa sulla panchina, appoggiata su un gomito, ha turato fuori un pacchetto di cellophan e si è messa mangiucchiare credo dei piccoli biscotti. Straniera?

Di colpo ho avuto  - dopo un attimo - l’impressione che mi guardasse  di sghimbescio, era un po’ imbarazzante la cosa, come fare? Poi ho buttato anch’io un’occhiata girando   di quindici gradi la testa, lei forse ha distolto gli occhi, poi sì, anche lei, di nuovo,  mi ha guardato  dritto negli occhi e mi ha sorriso, cioè un mezzo sorriso, a  poche decine di cm, a cui ho dato  anch’io un micro-riscontro – ma ho distolto subito gli occhi, e mi domandavo  anzi se avevo visto giusto ---

Poi l’ho riguardata, lei aveva lo sguardo altrove, verso la direzione del suonatore, ho visto allora che era un ragazza probabilmente alta (distesa  però come si fa a dire esattamente?), bionda, direi sui trent’anni, una camicetta romantica e non tanto scollata, un viso ben disegnato, un po’ forte forse di profilo, luminosa comunque, viva, pulsante, poi lei si è voltata di nuovo verso di me e mi ha di nuovo sorriso appena  appena, ma fissa, sì, sì, un’espressione  affettuosa, forse ironica, avventurosa, interrogativa, impossibile sbagliarsi, e io questa volta sono stato meno scemo, ho fatto un mezzo sorriso anch’io, lì  al buio, non è che si vedesse molto per la verità, lei certo  (sentendomi) aveva capito che ero italiano, però la faccia …

--- Giampaolo si è accorto  allora di quegli sguardi, era meravigliato, ha guardato anche lui lei, ma   lei non ci faceva un gran conto, sembrava a suo agio, c’era come un ponte, un diapason  --- la cosa sarà continuata un paio di volte,  tre o quattro forse,  così, poi niente, mi sono alzato, sono andato verso l’uomo del sax, ho appoggiato sulla custodia aperta delle monete,  tanto per fare qualcosa, sono tornato indietro, lei continuava a mangiare i suoi biscotti --- poi mi sono alzato definitivamente  e sono andato  via --- e mi chiedo  ora cosa ci fosse dietro quegli sguardi un po’ spavaldi e malinconici.

 




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