-  Redazione P&D  -  18/10/2014

ABBANDONO DI INCAPACE: PERICOLO POTENZIALE E LINCOLUMITA DELLA VITTIMA – Cass. pen. 2149/14 – R. BUCIOL

Il reato di abbandono di incapace si consuma quando da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di custodia che grava sul soggetto agente deriva uno stato di pericolo anche potenziale per l'incolumità dello stesso incapace.

La Corte d'appello confermava la sentenza del Tribunale, con la quale l"imputata veniva condannata ex art. 591 c.p. per aver abbandonato il marito, incapace di provvedere a se stesso perché affetto da "Corea di Huntington", con l'aggravante dell'aver agito in qualità di coniuge e con la recidiva generica nel quinquennio.

Contro la decisione proponeva ricorso per cassazione l'imputata. Quest"ultima lamentava la violazione dell"art. 591 c.p., poiché nel caso concreto non sarebbe emerso né l'elemento oggettivo, né l'elemento soggettivo del reato. Quanto al primo aspetto, si evidenziava che il delitto contestato è un reato di pericolo concreto, che richiede la prova del rischio per l'incolumità della persona offesa e nel caso di specie ciò non si sarebbe verificato. Quanto al secondo aspetto, dovrebbe escludersi il dolo dell'imputata, poiché il suo allontanamento era stato temporaneo.

La Suprema Corte rigetta il ricorso.

In particolare, per quanto concerne l"elemento materiale del reato, si rileva come nella morfologia della norma, "abbandono" significhi lasciare la persona indifesa in balia di sé stessa in modo tale da esporla a pericolo per la sua incolumità o per la sua vita. Pertanto, esso si realizza con qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di custodia che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo anche potenziale per l'incolumità dello stesso incapace. Corollario di tale enunciazione è che l'interesse giuridico della norma deve ritenersi violato anche quando l'abbandono, come nel caso di specie, sia solo relativo e parziale.

Ai fini dell'elemento soggettivo del reato, l'art. 571 c.p. richiede la consapevolezza di abbandonare a sé stesso il soggetto incapace di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica. Il dolo non è escluso dal fatto che chi ha l'obbligo di custodia ritenga il minore in grado di badare a sé stesso per l'aiuto di coetanei a lui legati da vincoli di parentela.

La ratio della disposizione consiste nella tutela del valore etico-sociale della sicurezza della persona con specifico riferimento, in chiave solidaristica, ai soggetti bisognosi - per età o condizioni fisiche e mentali - della dovuta assistenza, siccome incapaci di provvedere a sé stessi (Cass. pen., sez. IV, 20 novembre 2001, n. 45431 in Cass. pen., 2003, p.1175). Il suo oggetto giuridico non è il rispetto dell'obbligo legale di assistenza in sè considerato, quanto piuttosto il pericolo per l'incolumità fisica derivante dal suo inadempimento (Cass. Pen., sez. V, 19 maggio 1995, n. 7003, in Cass. pen., 1996, p. 3300).

In senso conforme alla pronuncia in commento e per quanto concerne l"elemento materiale che richiede una situazione di pericolo solo potenziale si vedano Cass. pen., sez. II, 6 dicembre 2012, n.10994, in CED 254996; Cass. pen., sez. V, 23 febbraio 2005, n.15245, in CED 232158; Cass. pen., sez. V, 21 settembre 1995, n.10126, in Cass. Pen., 1996, p.2925.

Sulla possibilità di un abbandono non necessariamente materiale ed assoluto ma solo temporaneo: Cass. pen., sez. V, 6 ottobre 1983, n. 7774, in CPMA, 1984, p. 7774.

Per quanto riguarda l"elemento psicologico, ossia la coscienza e volontà di abbandonare il soggetto passivo che non ha la capacità di provvedere a sé stesso in una situazione di pericolo di cui si abbia l"esatta percezione, si vedano Cass. pen., sez. IV, 14 marzo 2007, n. 15147, in Cass. pen., 2008, p. 200; Cass. pen., sez. V, 4 luglio 1974, n.8180, in CED 128371; in senso parzialmente contrario che ritiene sufficiente la consapevolezza del pericolo inerente all"incolumità fisica e derivante da una situazione di pericolo solo potenziale, Cass. pen., 7 febbraio 1989, Fracchiola, in Cass. pen., 1990, p. 1704.

In particolare, per quanto concerne la non esclusione del dolo nel caso di convinzione dell"agente circa un eventuale aiuto che potrebbe essere prestato da persone legati al soggetto passivo da un vincolo di parentela, Cass., pen., sez. V 8 gennaio 2009, n. 9276, in CED 24315.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film