Deboli, svantaggiati Pubblica amministrazione  -  Alceste Santuari  -  15/06/2023

Accreditamento e contrattualizzazione delle strutture socio-sanitarie – Tar Lombardia 965/23

Una società lucrativa, accreditata con il sistema sanitario regionale, ha sollevato una questione di legittimità in ordine alla scelta regionale di precludere “sistematicamente” ad un operatore accreditato per una determinata unità d’offerta sociosanitaria (RSA) l’accesso all’area dei soggetti contrattualizzati, in relazione ai servizi offerti dalla filiera tradizionale delle RSA, riservando gli stessi ai soggetti già contrattualizzati.

La società ricorrente ha dunque contestato il sistema secondo il quale le prestazioni sociosanitarie in oggetto siano riconosciute soltanto in campo agli incumbents, riconoscimento che risulterebbe in contrasto con i principi di tutela della concorrenza e parità di trattamento.

Analogamente, la società ricorrente ha contestato la giustificazione regionale secondo cui una siffatta situazione sarebbe necessaria al fine di “salvaguardare la continuità e qualità assistenziale”.

E’ noto come il sistema dell’accreditamento istituzionale in ambito sanitario sia fortemente ancorato alla responsabilità programmatoria delle regioni, finalizzata, tra l’altro, ad assicurare la fruizione dei livelli essenziali delle prestazioni. In questo contesto regolatorio, riconducibile al concetto di “quasi-mercato”, sebbene i soggetti privati erogatori non agiscano in un contesto concorrenziale puro, essi sono sollecitati a svolgere la propria attività economico-imprenditoriale.

Tali operatori, nello svolgimento della loro attività, assumono integralmente il rischio di impresa e la remunerazione ottenuta a fronte dell’erogazione delle attività e delle prestazioni sanitarie accreditate è riconducibile alla nozione di corrispettivo e non di finanziamento pubblico.

In questa prospettiva, pertanto, il necessario bilanciamento tra diversi principi costituzionali non può ammettere posizioni soggettive eccessivamente consolidate. Ancorché i soggetti privati accreditati godano di una posizione privilegiata nell’ambito del sistema delle prestazioni e dei servizi in ambito sanitario, atteso che ad essi l’ordinamento giuridico “affida” un munus publicum, la loro specifica collocazione non può legittimare né un diritto perpetuo all’accreditamento né un loro consolidamento a scapito di altri potenziali soggetti erogatori.

Nel contesto sopra brevemente delineato, l’art. 15 della legge 5 agosto 2022, n. 118, recante “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”, ancorché non abbia alterato il regime abilitativo-concessorio dell’istituto dell’accreditamento, è orientato a rendere più “contendibili” gli accreditamenti e, in particolare, gli accordi contrattuali da essi discendenti, qualificando il processo valutativo in una dimensione temporale circoscritta.

Da quanto sopra descritto discende che l’art. 15 della legge n. 118/2022 conferma che l’accreditamento debba essere indissolubilmente ancorato alla programmazione regionale e, inoltre, sottoposto a “stress test” per quanto riguarda gli obiettivi di risultato raggiunti.

Il Tar Lombardia, sez. III, con la sentenza 18 aprile 2023, n. 965, ha ribadito che, in disparte situazioni di emergenza, quale quella verificatasi a seguito della pandemia da Covid-19, il sistema regionale non può giustificare limitazioni per disciplinare l’accesso di un operatore accreditato per l’offerta dei servizi sociosanitari della filiera RSA all’area di soggetti contrattualizzati.

I giudici amministrativi, benché non citino l’art. 15 della legge n. 118/2022 sopra richiamata, pur confermando che il sistema sanitario debba essere “ispirato alla necessità di coniugare il diritto alla salute degli utenti con l’interesse pubblico al contenimento della spesa” non può “prescindere dal contemplare anche la tutela della concorrenza”. Quest’ultima sarebbe “irrimediabilmente lesa dall’automatica preclusione alla messa a contratto di nuovi soggetti accreditati”.

In ultima analisi, il Tar lombardo ha ribadito che, “ferme restando le[…] esigenze di programmazione e contenimento della spesa sanitaria, una volta che l’Amministrazione abbia deciso di addivenire al perfezionamento di accordi contrattuali con le strutture accreditate, non vi è ragione riconducibile alla ristretta nozione di “ragioni imperative di interesse generale” per non applicare i principi concorrenziali”.

La sentenza de qua, ancora una volta, tocca un aspetto delicato, sensibile e anche controverso dell’organizzazione del sistema sanitario, specie a livello regionale: il sistema dell’accreditamento istituzionale deve sempre essere caratterizzato da accurate e approfondite valutazioni ed istruttorie circa i volumi contrattualizzabili. Esse devono contemperare le esigenze del territorio, la necessità di soddisfare la continuità dell’offerta terapeutica, unitamente alla tutela della concorrenza, evitando in quest’ottica, “automatismi che esulano[…] da ogni apprezzamento in concreto della qualità dell’offerta”.

 




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