Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  23/01/2024

Amministrazione di sostegno e limitazioni della capacità di agire - Carmela Bruniani

La Corte di Cassazione, Sez. I, con ordinanza del 17/01/2024, n.1782, ha cassato con rinvio il decreto della Corte di Appello che aveva applicato le limitazione della capacità di agire di cui all’interdizione (artt. 374 e 375 cc) ad un soggetto con problemi di natura psicologica.

Nello specifico i Giudici hanno precisato che, in materia di amministrazione di sostegno, il Tribunale adito può certamente disporre, a carico dell’amministrato, limitazioni o decadenze previste nelle disposizioni di legge relative all’interdizione o all’inabilitazione ma che un provvedimento altamente lesivo della capacità di agire relativa alla possibilità di esercitare diritti di natura economica o di natura giudiziaria deve essere adeguatamente motivato.

L'art.411 cod. civ., dettato in tema di amministrazione di sostegno, infatti, prevede che il giudice tutelare possa disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l'inabilitato o l'interdetto, si estendano anche al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, avuto riguardo all'interesse del medesimo e a quello tutelato dalle predette disposizioni ma precisa, proprio nel quarto comma su ciò incentrato, che il provvedimento sia assunto con decreto motivato, dal che si desume che è richiesta una specifica motivazione ove le misure predisposte attengano a limitazioni della capacità di agire relativa all'esercizio di diritti a contenuto economico o all'esercizio di diritti in sede giudiziaria ex artt.374 e 375 cod. civ.

Infatti la Corte di Cassazione ha ribadito che  "in tema di amministrazione di sostegno, nel caso in cui l'interessato sia persona pienamente lucida che rifiuti il consenso o, addirittura, si opponga alla nomina dell'amministratore, e la sua protezione sia già di fatto assicurata in via spontanea dai familiari o dal sistema di deleghe (attivato autonomamente dall'interessato), il giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione, ove difetti il rischio una adeguata tutela dei suoi interessi, pena la violazione dei diritti fondamentali della persona, di quello di autodeterminazione e la dignità personale dell'interessato." (Cass. n. 22602/2017).

La ratio alla base di tale ragionamento è da rinvenire nel principio per cui "l'amministrazione di sostegno, ancorché non esiga che la persona versi in uno stato di vera e propria incapacità di intendere o di volere, nondimeno presuppone una condizione attuale di menomata capacità che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi mentre è escluso il ricorso all'istituto nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, pur in condizioni di menomazione fisica, in funzione di asserite esigenze di gestione patrimoniale, in quanto detto utilizzo implicherebbe un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona, tanto più a fronte della volontà contraria all'attivazione della misura manifestata da un soggetto pienamente lucido." (Cass. n. 29981/2020) opposizione che deve essere opportunamente considerata, a meno che non sia provocata da una grave patologia psichica tale da rendere l'interessato inconsapevole del bisogno di assistenza (Cass. n. 325421/2022).

Si conclude, pertanto, confermando che il Giudice tutelare non può, senza adeguatamente motivarla, applicare all’amministrato una regolamentazione invasiva e pervasiva dei suoi poteri di autodeterminazione sia dal punto di vista personale e della salute sia da quello patrimoniale in quanto tutto ciò osterebbe con il principio ispiratore della legge sull’amministrazione di sostegno.

Tutti i provvedimenti lesivi della libertà di autodeterminazione del soggetto possono costituire, infatti, oggetto di specifica impugnazione. 

Carmela Bruniani




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