La norma cui fare riferimento è l’articolo 379 del codice civile. La regola prevede la gratuità e le sue eccezioni. Pensata per il tutore - e dunque in un contesto sociale dove le funzioni venivano assegnate a familiari - il principio della gratuità si comprendeva.

Anche la figura dell’amministratore di sostegno era stata normata pensando al tessuto familiare e volontaristico tuttavia la realtà ci dice che i numeri sono impietosi (260.000 procedimenti pendenti in Italia nel 2019). Un’escalation di richieste di nomine di amministratori di sostegno ed una oggettiva e pesante assenza delle figure cardine, ovvero familiari e volontari (figura che deve tornare ad impegnarsi su questo fronte sociale).

Un giudice chiamato a provvedere sul ricorso, pur in assenza di tali figure, se accoglie la domanda deve nominare una persona che assuma il ruolo e gli avvocati sono tenuti ad accettare (salvo comprovato motivo di impedimento o incompatibilità). Come professionisti legittimamente hanno il diritto di chiedere un’equa indennità (che sottolineo è diversa dalla retribuzione e dal compenso) ovvero un quid che li indennizzi o compensi del tempo dedicato al beneficiario (e sottratto al lavoro di studio).

Non sempre lo fanno; dipende dalle circostanze.

E ci tengo a sfatare un mito: chiunque svolge le funzioni di AdS (anche il familiare e/o il volontario) può chiedere la liquidazione dell’equa indennità e molti lo fanno (soprattutto se ci sono altri ma restano inerti).

Spetta al giudice ogni valutazione sull’entità (molti tribunali si sono dotati di protocolli)

Ogni vicenda di AdS è un caso a se stante che va valutato nella sua specificità e comunque è vero che i rimborsi, in quanto tali, devono trovare giustificazione documentale; tenga conto che le affermazioni contenute nelle relazioni dell’AdS sono affermazioni rese da pubblico ufficiale.

Le norme per far funzionare correttamente il sistema ci sono; vanno applicate bene