Pubblica amministrazione  -  Gabriele Gentilini  -  06/02/2024

Ancora sul ribasso dei costi della manodopera ritenuto legittimo ed ammissibile secondo un rinnovato equilibrio tra la libertà dell'iniziativa economica privata rispetto all'utilità sociale

Importante pronuncia del Tar Toscana 29.01.2024 n. 120 da cui si  deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 del d lgs 36/2023, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Inoltre, la tesi sostenuta dal ricorrente, dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare ad esempio che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello di cui si discute, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante.

Segue un estratto del provvedimento giudiziario.

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FATTO

Con determinazione n. 57 del 14 luglio 2023 il xxxxxx, ente committente, ha disposto di procedere tramite la SUA della Provincia di xxxxxx all’indizione di una gara d’appalto avente ad oggetto “il servizio di refezione scolastica nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado e per le attività estive” del medesimo xxxxxx.

Successivamente, con determinazione n. 763 del 18 luglio 2023 la Provincia di xxxxxx ha avviato la procedura di gara, tramite la piattaforma START, con pubblicazione degli atti di gara in data 24 luglio 2023.

L’affidamento dell’appalto è stato previsto mediante procedura aperta, ai sensi del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti), con applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità prezzo ex art. 108 del Codice (80 punti offerta tecnica, 20 punti offerta economica), “per un importo presunto totale pari ad € 1.833.910,40, per tutta la durata contrattuale” (dal 1 settembre 2023 al 31 agosto 2026, con l’opzione di continuare il servizio con il medesimo aggiudicatario fino al 31 agosto 2029).

In particolare, il punto 3 del Disciplinare individuava in euro 1.833.910,40 l’importo a base d’asta, calcolato come segue: euro 916.955,20 (IVA non inclusa) per tre annualità a partire dal 1 settembre 2023 al 31 agosto 2026 - di cui euro 915.995,20 come corrispettivo per i servizi resi, comprensivo di euro 564.868,38 (costi della manodopera) non soggetti a ribasso - ed euro 1.000,00 per oneri di sicurezza; euro 916.955,20 (IVA non inclusa) per l’opzione di rinnovo per ulteriori 36 mesi, di cui 1.000,00 per oneri per la sicurezza da rischi interferenziali non soggetti a ribasso ed euro 564.868,38 di costo della manodopera non soggetto a ribasso.

Il medesimo punto 3 precisava che “il costo della manodopera deriva dalla moltiplicazione del costo orario delle diverse figure impiegate per il numero di ore presunto di servizio durante il periodo di riferimento dell’appalto secondo le tabelle del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali” e che “non sono ammissibili offerte che riportino un importo della manodopera inferiore ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge, come previsto dall’art. 110, c. 4, lett. a) D.lgs. 36/2023, in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 11 e dall’art. 41 cc. 13 e 14 del richiamato Codice”.

Il punto 17 del Disciplinare stabiliva che “ai sensi dell’art. 41, comma 14, del Codice i costi della manodopera indicati al punto 3 del presente disciplinare non sono ribassabili. Resta la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale o da sgravi contributivi che non comportano penalizzazioni per la manodopera”.

Hanno partecipato alla gara tre operatori economici: xxxxxx, xxxxxx e xxxxxx .

Esse, all’esito della gara, sono risultate:

- 1° classificata la xxxxxx, con punteggio totale di 84,29/100; importo totale offerto al netto dell’IVA euro 1.830.429,77; ribasso percentuale 0,19%;

- 2° classificata xxxxxx, con punteggio totale di 83,29/100; importo totale offerto al netto dell’IVA euro 1.812.126,76; ribasso percentuale 1,18912%;

- 3° classificata xxxxxx, con punteggio totale 66,59/100; importo totale offerto al netto dell’IVA euro 1.723.995,77; ribasso percentuale 6,00%.

La Commissione dava atto che l’offerta del primo classificato risultava anormalmente bassa in relazione a quanto stabilito dall’art. 110 del Codice dei contratti e, quindi, dichiarava che avrebbe provveduto a richiedere i giustificativi onde valutare la congruità dell’offerta stessa. In particolare, riteneva necessario “provvedere alla verifica della congruità del costo della manodopera dichiarato dal primo classificato stante la dichiarazione, sul punto, di un importo inferiore rispetto a quanto stimato dalla SA negli atti di gara, pur dando atto di applicare ai lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto lo stesso CCNL indicato dalla stessa SA”.

A seguito della verifica di anomalia - acquisiti i chiarimenti richiesti alla xxxxxx, acquisita la nota del RUP del 13 settembre 2023 attestante il rispetto dei minimi salariali retributivi per il costo della manodopera - la Provincia di xxxxxx, con determina n. 1023 del 14 settembre 2023, ha disposto l’aggiudicazione del servizio di refezione scolastica in favore della xxxxxx.

Con il presente ricorso, notificato il 14 ottobre 2023, la xxxxxx, sulla base di quattro ordini di censure, ha chiesto l’annullamento della detta determinazione n. 1023 del 14 settembre 2023 della Provincia di xxxxxx e dei verbali di gara, la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e la condanna al risarcimento del danno.

Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 e 17 del disciplinare di gara e dell’art. 41, comma 14 del d.lgs. 36/2023 (il Codice) – violazione del divieto di ribasso del costo della manodopera come indicato in gara – eccesso di potere per difetto di motivazione e istruttoria – violazione della par condicio. In via subordinata, incostituzionalità dell’art 41, comma 14 ult. periodo del Codice per eccesso di delega, ove interpretato nel senso che consenta un ribasso sul costo della manodopera, in violazione dell’art. 1, comma 2, lett t) della legge n. 78/2022 recante Delega al Governo in materia di contratti pubblici”. L’aggiudicataria xxxxxx, nonostante l’espresso divieto in gara, avrebbe presentato un’offerta in cui il costo della manodopera, pari ad euro 1.056.748,86, sarebbe stato ribassato rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, pari ad euro 1.129.372,76. La disciplina di gara laddove stabilisce, nella determinazione della base d’asta, come previsto all’art. 41, comma 14 del Codice, che il costo della manodopera, definito dalla stessa stazione appaltante, non è soggetto a ribasso, non sarebbe derogabile: una diversa interpretazione, nel senso che la miglior organizzazione aziendale può giustificare il ribasso del costo della manodopera, renderebbe la norma citata costituzionalmente illegittima.

Con il secondo motivo si è denunciata la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del Capitolato Speciale di Appalto (CSA)- inammissibilità dell’offerta violazione delle prescrizioni inderogabili del Capitolato relative al servizio - In subordine, erroneità dell’attribuzione del punteggio all’offerta tecnica - eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza manifesta”; la xxxxxx avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, non avendo rispettato le prescrizioni minime imposte dall’art. 36 del Capitolato per lo svolgimento del servizio oggetto dell’appalto. In particolare, nella offerta della xxxxxx non sarebbe stata adeguatamente inserita la figura di un aiuto cuoco, come indicato dall’art. 36, lett. d) del Capitolato, in particolare, sarebbe stata invece indicata la figura dell’ “aiuto cuoco/autista”, con un monte orario di sole 20 ore settimanali, quindi non full time, e per di più con mansioni anche di autista e quindi non “addetto esclusivamente” alla preparazione dei pasti, come prescritto dal Capitolato. In subordine (rispetto all’esclusione), il punteggio attribuito all’offerta tecnica, con riferimento al criterio B.1 (descrizione delle modalità di organizzazione e gestione del servizio), avrebbe dovuto essere pari a zero, non avendo la xxxxxx fornito il personale minimo essenziale, come richiesto in gara.

Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato la: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del disciplinare di gara e dell’art. 7 del Capitolato speciale di appalto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 130, co. 1, lett. a) del Codice. Illogicità manifesta nell’attribuzione del punteggio di cui al sub-criterio a.3. della lex specialis – difetto di motivazione e istruttoria”; ossia l’illegittimità dell’attribuzione del punteggio all’offerta tecnica della medesima xxxxxx, con riferimento al sub-criterio A.3, dove si prevede che: “in aggiunta ai prodotti Bio, DOP, IGP richiesti come standard minimi nell’Allegato 1 al capitolato, si attribuiscono punti ai concorrenti che forniscano (al posto di prodotti convenzionali) ulteriori alimenti qualificati prodotti da “sistemi di produzione integrata”, IGP DOP E STG e tipici e tradizionali”. L’offerta della ricorrente, con riferimento a tale criterio, avrebbe meritato l’assegnazione di tre punti in più (avendo essa proposto otto prodotti derivanti da “sistemi di produzione integrata” o da prodotti IGP, DOP E STG) mentre avrebbe ricevuto solo un punto.

Infine, con il quarto motivo, la ricorrente ha dedotto la: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 110 del codice e dell’art. 23 del disciplinare - erroneità e difetto dei presupposti - eccesso di potere e illogicità e irragionevolezza manifesta - difetto di istruttoria e di motivazione – anomalia dell’offerta”; l’offerta della xxxxxx, risultata aggiudicataria, sarebbe incongrua tenuto conto: dell’esiguità dell’utile indicato dalla stessa, pari a poco più di tremila euro annui; del costo per investimenti di euro 57.000,00 (erroneamente imputato e suddiviso su sei anni, così da generare un costo annuo di 9.500 euro, mentre l’appalto avrebbe una durata triennale, con opzione di rinnovo di ulteriori tre anni rimessa all’amministrazione); dell’ omessa indicazione dei costi per la formazione e dei costi di disinfestazione.

Si sono costituiti in giudizio il xxxxxx, la Provincia di xxxxxx e la Soc. xxxxxx, argomentando in ordine all’infondatezza delle singole censure e chiedendo il rigetto del ricorso.

In vista dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie conclusive e di replica.

All’udienza del 23 gennaio 2024, all’esito della discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso non può essere accolto per le ragioni che si passa ad esaminare.

1.1. In ordine al primo motivo di ricorso, l’art. 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, prevede che “nei contratti di lavoro e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Come condivisibilmente e concordemente osservato dalle parti resistenti e della controinteressata, questa norma deve essere interpretata in maniera coerente con:

- l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, che prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;

- l’art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.

Se ne deduce che i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso, come è del resto precisato dall’ultimo periodo del comma 14, dell’art. 41 citato, secondo cui: “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta.

Inoltre, la tesi sostenuta dal ricorrente, dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico potrebbe dimostrare ad esempio che il ribasso è correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello di cui si discute, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante.

A conferma di quanto sin qui esposto, il Consiglio di Stato, sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665, con riferimento al previgente Codice dei contratti, ha osservato che “la clausola della lex specialis che imponga il divieto di ribasso sui costi di manodopera, sarebbe in flagrante contrasto con l’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016 e, più in generale, con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, e richiamando, quale supporto interpretativo l’art. 41 comma 14 del d.lgs. 36 del 2023, ha osservato che: “persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale così armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”.

Con parere n. 2154 del 19 luglio 2023 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rispondendo ad un quesito specifico sui costi della manodopera negli appalti, ha chiarito che l’offerta economica non è costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera, ma deve includere quest’ultimo costo al suo interno; il costo della manodopera non può essere considerato un importo aggiuntivo ma fa parte dell’offerta ed è soggetto a verifica.

A sua volta l’ANAC, con la delibera n. 528 del 15 novembre 2023, ha chiarito che: “La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, induce a ritenere che il costo della manodopera, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo. Tale interpretazione del dettato normativo secondo l’ANAC “consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante negli atti di gara. Tra l’altro, solo seguendo tale impostazione, si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9, d.lgs. 36/2023) previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”.

Peraltro, l’ANAC, nel bando tipo n. 1/2023 (articolo 17), ha previsto che “l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera. Se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. 36/2023”; evidenziando nella relativa nota illustrativa (punto 28) che: “ai sensi dell’articolo 41, comma 14, del codice, i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Tuttavia, è fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo derivi da una più efficiente organizzazione aziendale. Tali giustificazioni potranno essere richieste dalla stazione appaltante in occasione della verifica di anomalia, fermo restando il divieto di giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili e agli oneri di sicurezza”.

Tali interventi plurimi (e diversificati quanto alla provenienza), convincono del fatto che la tesi della ricorrente, secondo la quale il costo della manodopera non sarebbe assoggettabile a ribasso, sia infondata, e allo stesso tempo consentono di dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 41 comma 14, palesando l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale che la ricorrente chiede sia sollevata con riferimento alla violazione dell’art. 36 della Costituzione.

La libertà di iniziativa economica deve infatti comprendere la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante nella disciplina di gara, slavo il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili.

Neppure può ravvisarsi il vizio di eccesso di delega paventato dalla ricorrente, in quanto l’art. 1 comma 2 lett. t) della Legge delega (n. 78 del 2022) dispone che le stazioni appaltanti devono prevedere “in ogni caso, che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, ma – nell’imporre alle stazioni appaltanti l’obbligatorietà dello scorporo, cioè la necessità di separata quantificazione e indicazione degli stessi – non ne fa discendere anche l’assoluta intoccabilità dei costi della manodopera come fissati dalle stazioni appaltanti, dovendo invece intendersi che la finalità della norma della legge delega sia quella di obbligare le stazioni appaltanti ad evidenziare separatamente il costo della manodopera, per garantirne una tutela rafforzata, ed in ultima analisi di salvaguardare il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 della Costituzione.

Dunque, in base al comma 14 dell’art. 41 del d.lgs. n. 36 del 2023, la conseguenza per l’operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera è, non l’esclusione dalla gara, ma l’assoggettamento della sua offerta alla verifica dell’anomalia: in quella sede l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale oltre il rispetto dei minimi salariali.

Nel caso di specie, la Provincia, con nota del 6 settembre 2023, ha richiesto alla xxxxxx le giustificazioni utili al fine della verifica della “congruità del costo della manodopera”. La società, con nota del 12 settembre 2023, ha fornito i chiarimenti richiesti. Con nota del 13 settembre 2023, il Comune ha ritenuto congrue le giustificazioni della xxxxxx.

Tuttavia tali atti e tale valutazione di congruità con riferimento ai costi della manodopera non sono stati oggetto di specifiche contestazioni da parte della ricorrente, la quale si è limitata ad opporre, in linea di principio, il divieto di ribasso dei costi della manodopera.

Per tali ragioni, il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

1.2. Con il secondo motivo la ricorrente censura l’aggiudicazione in quanto la xxxxxx non avrebbe adeguatamente inserito nella sua offerta la figura di un aiuto cuoco, ciò che avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla procedura o comunque l’attribuzione di un punteggio inferiore.

Anche tale motivo risulta infondato.

L’art. 36 del Capitolato prevede infatti che “l’organico del personale per la cucina centralizzata sarà costituito” da “n. 1 cuoco full-time che coordinerà le produzioni del primo piatto, secondo e contorno” (lett. c) e da “n. 1 aiuto cuoco full-time” (lett. d).

Il Capitolato, quindi, richiedeva la figura di un cuoco e di un aiuto cuoco.

L’offerta tecnica della Del Monte prevede un capo cuoco con un monte orario di 35 ore settimanali; un cuoco con un monte orario di 35 ore settimanali ed un aiuto cuoco/autista con un monte orario di 20 ore settimanali.

La xxxxxx non ha quindi indicato specificamente la figura dell’aiuto cuoco, ma ha comunque indicato la presenza di due cuochi e di una figura professionale in più rispetto a quanto previsto dal Capitolato, assorbendo dunque la mancata specifica indicazione della figura dell’aiuto cuoco e garantendo un monte orario superiore (90 ore rispetto alle richieste 80 ore) per l’espletamento del servizio.

Conseguentemente, anche l’attribuzione del punteggio relativo alla voce “organizzazione del servizio” alla controinteressata risulta senz’altro congrua e corretta.

1.3. Quanto al terzo motivo, dall’allegato alla documentazione di gara denominato “Modalità di valutazione offerte” a cui rinvia l’art. 16 del disciplinare di gara, si evincono le ragioni dell’attribuzione del punteggio alla ricorrente con riferimento al sub-criterio A.3 secondo cui: “in aggiunta ai prodotti Bio, DOP, IGP richiesti come standard minimi nell’Allegato 1 al capitolato, si attribuiscono punti ai concorrenti che forniscano (al posto di prodotti convenzionali) ulteriori alimenti qualificati prodotti da “sistemi di produzione integrata”, IGP DOP E STG e tipici e tradizionali”.

In particolare, per ottenere il punteggio premiale di n. 0,5 punti per ciascun prodotto, il concorrente doveva offrire prodotti che non fossero già richiesti come standard minimi nell’Allegato 1 al Capitolato (“in aggiunta ai prodotti richiesti come standard minimi nell’Allegato 1”).

Inoltre, il precedente criterio di valutazione A.2 premiava l’offerta di prodotti biologici richiesti dal Capitolato che fossero anche provenienti da filiera corta (“il punteggio verrà attribuito al concorrente che offrirà, per lo svolgimento del servizio, il maggior numero di tipi di prodotti bio a filiera corta, tra quelli richiesti nelle tabelle merceologiche e inseriti nel menù allegato alla documentazione di gara”), con la precisazione che “La quantità deve coprire l’intero fabbisogno delle tipologie di derrate indicate […]”. Pertanto, l’offerta di un prodotto biologico a km 0 nell’ambito del criterio A.2 esauriva l’intero fabbisogno di quel prodotto previsto dal Capitolato, con la conseguente impossibilità di offrirne “in aggiunta”. In sostanza, quindi, uno stesso prodotto non poteva essere offerto con riferimento ad entrambi i criteri di valutazione (A.2 e A.3), né dunque i relativi punteggi potevano essere cumulati.

Nel caso di specie, i sei tipi di verdure la cui valutazione è oggetto di contestazione da parte di xxxxxx sono i seguenti:

1) cipolla di Tropea IGP;

2) basilico lotta integrata;

3) pomodoro pelato San Marzano DOP;

4) patate Bologna DOP;

5) pomodori lotta integrata;

6) insalata lattuga lotta integrata.

Come meglio chiarito nelle memorie difensive del Comune e della controinteressata, la cipolla di Tropea, il basilico, le patate Bologna DOP ed i pomodori lotta integrata, non sono stati oggetto di valutazione da parte della Commissione perché in relazione ai prodotti ortofrutticoli l’Allegato 1 del Capitolato già prescriveva come standard minimi che fossero il 50 % Bio ed il 50 % DOP, IGP e STG (così dovendosi ragionevolmente interpretare la invero non perspicua prescrizione - relativa ai prodotti ortofrutticoli in generale - secondo cui: “È richiesta fornitura di prodotti da agricoltura biologica per almeno il 50% in peso e per il restante 50% della fornitura di frutta di prodotti a marchio IGP, DOP e certificati nell'ambito del Sistema di qualità nazionale di produzione integrata o equivalenti”). Il pomodoro pelato e l’insalata lattuga non sono stati oggetto di valutazione in quanto anch’essi prodotti ortofrutticoli soggetti ai predetti standard minimi e perché comunque in relazione a questi prodotti la Commissione aveva già attribuito un punteggio con riferimento al criterio A.2.

Ne consegue che, in relazione al criterio A.3, la Commissione ha correttamente attribuito a xxxxxx un punto per lo zafferano e per l’aceto balsamico (0,5 punti a prodotto).

1.4. Con il quarto motivo di ricorso, la Soc. xxxxxx ha denunciato l’erroneità e l’illogicità dell’esito della verifica di anomalia compiuta dalla stazione appaltante, sia in relazione all’utile dichiarato dall’aggiudicataria, pari a soli € 3.000,00, sia in relazione a talune specifiche voci di costo, quali i costi per gli investimenti, i costi per la formazione e i costi di disinfestazione che l’aggiudicataria avrebbe omesso di indicare.

1.4.1. Tale motivo, per come formulato, deve essere dichiarato inammissibile, essendosi la ricorrente limitata a rilevare la presunta erroneità dell’indicazione di taluni costi, ma non anche la complessiva non sostenibilità dell’offerta economica presentata dall’aggiudicataria (la quale peraltro ha proposto un ribasso percentuale dell’importo posto a base di gara inferiore rispetto a quello proposto dalla stessa ricorrente).

Si tratterebbe comunque di un motivo che impinge in valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale, alla luce del generale principio sul carattere globale e sintetico del giudizio sulla congruità dell’offerta, dovendo essere considerati tutti gli elementi che assumono rilievo ai fini dell’offerta, per cui un sospetto di anomalia per una specifica componente non incide necessariamente ed automaticamente sull'intera offerta che deve essere comunque apprezzata nel suo insieme, con un giudizio complessivo di competenza della stazione appaltante (cfr. ex multis, Cons. Stato, V, 2 aprile 2021, n. 2747).

E’ inoltre pacifico che la valutazione di anomalia dell'offerta va fatta considerando tutte le circostanze del caso concreto, poiché un utile all'apparenza modesto può comportare un vantaggio significativo sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa (il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo), sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e dall'aver portato a termine un appalto pubblico, cosicché nelle gare pubbliche non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulta pari a zero (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2021, n. 7498).

Peraltro la giurisprudenza consolidata richiede una motivazione specifica ed analitica nel caso che l’offerta venga giudicata non congrua, mentre ammette che la motivazione favorevole possa essere esternata con riferimento alle giustificazioni presentate dal concorrente.

1.4.2. In ogni caso, nel caso in esame, la risultanza dell’anomalia non riguardava l’intera offerta, ma costituiva una diretta conseguenza del ribasso del costo della manodopera, avendo l’aggiudicataria formulato un esiguo ribasso dello 0,19%, ed avendo la stazione unica appaltante, con nota del 6 settembre 2023, rilevato che “l’offerta del primo classificato è risultata anormalmente bassa in relazione a quanto stabilito dall’art. 110 del Codice essendo necessario verificare la congruità del costo della manodopera dichiarato dal primo classificato stante la dichiarazione, sul punto, di un importo inferiore rispetto a quanto stimato dalla SA negli atti di gara, pur dando atto di applicare ai lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto lo stesso CCNL indicato dalla Stazione appaltante”.

Anche nella richiesta di giustificativi del 6 settembre 2023 della stazione unica appaltante si comunica alla xxxxxx la necessità di “provvedere alla verifica della congruità del costo della manodopera da Voi dichiarato stante la dichiarazione, sul punto, di un importo inferiore rispetto a quanto stimato dalla SA negli atti di gara, pur dando atto di applicare ai lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto lo stesso CCNL indicato dalla stessa SA”.

Pertanto, il sub-procedimento che si è così doverosamente aperto era diretto a verificare tale specifico aspetto dell’offerta, che è stato chiarito dall’aggiudicataria mediante la dimostrazione del rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili e della predisposizione di una più efficiente organizzazione aziendale, avendo essa al riguardo evidenziato che: “per le ferie si è considerato che i periodi di sospensione del servizio consentono la loro parziale fruizione in periodi di inattività e quindi senza necessità di sostituzione e di relativi incrementi di costo”.

Coerentemente, il RUP, con nota del 13 settembre 2013, esaminate le giustificazioni della xxxxxx, ha valorizzato “il rispetto dei minimi salariali retributivi per il costo della manodopera ai sensi di quanto disposto dall’art. 41 comma 13 e 14”, e la stazione unica appaltante ha ritenute congrue le dette giustificazioni.

Come già detto, in merito a tali specifici passaggi la ricorrente non ha sollevato alcuna contestazione, e ciò costituisce una ulteriore ragione d’inammissibilità del motivo in esame.

2. Per le sopra esposte ragioni il ricorso, comprensivo di tutte le domande annullatorie e risarcitorie, deve essere integralmente respinto.

3. Le spese di lite possono essere compensate tenuto conto della novità e della complessità delle questioni trattate.

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