-  Luca Leidi  -  29/06/2016

Brexit: what's up, doc? - Luca Leidi

E" una storia che si ripete. Il Regno Unito si riscopre isola e, ciò che più conta per noi comuni europei, riscopre la volontà di esserlo.

Lo "splendido isolamento" del 2016, per usare parole del diplomatico inglese Sir William Edward Goschen durante un discorso a Lewes, nel Sussex, del 26 febbraio 1896, è stato accomunato da qualcuno allo Scisma Anglicano del 1534, quando Enrico VIII creò la Chiesa d"Inghilterra e ruppe definitivamente un amore mai nato con l'autorità papale e la Chiesa cattolica romana.

Tutti – populisti, europeisti, brexisti, disfattisti, pessimisti, positivisti, ecc. – han scritto e commentato il risultato storico del referendum inglese del 23/6/2016.

Così, con la scusa di informarmi, di imparare, di riflettere (da qui il titolo "what"s up, doc?", celebre frase di Bugs Bunny, tradotta in "Che succede amico?"), ho deciso di scrivere anche io, in qualità di ragazzo (di quasi trentanni), di europeista (italiano), di amante dell"Inghilterra (rectius, di Londra – cosa molto diversa a quanto pare), dei suoi modi, dei suoi pensieri, della sua lingua, della sua musica, del suo calcio, delle sue libertà e della sua meritocrazia. E Lei (intendo Londra) mi ha apprezzato a sua volta, lo avverto.

Non sono pessimista, dal lato economico, né tantomeno disfattista sul "progetto" Unione Europea. Sono triste e sorpreso, cosciente di aver perso una gran bella parte d"Europa (almeno sulla carta).

Ricordate la Grecia? Un anno fa circa, migliaia di greci erano festanti in piazza per il grande "no" al referendum sul salvataggio europeo. Il mattino dopo, il Governo che gli aveva chiamati ad esprimere la propria opinione al seggio, si arrese alle pressioni della Troika, la quale ovviamente era per il remain della Grecia. (1)

Questo non vale per gli inglesi. A loro non si può dire cosa fare…."Britannia rule the waves" si dice. Proprio questa "arroganza" dei vertici U.E., si è scritto, è imputata come una delle cause principali del Brexit, assieme alle incertezze su come fronteggiare l"immigrazione ed il terrorismo, all"aver sottovalutato i problemi legati alla crisi finanziaria iniziata nel 2008.(2)

Quello che mi ha lasciato sconvolto del voto, oltre al risultato inaspettato, è la geografia del sentimento. Ho sempre visto i britannici come un popolo molto unito, ragion per cui vedere cinque differenti situazioni (Londra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord, per il remain, e Inghilterra per il leave), che richiamano contrastanti - ed opposte - volontà, mi ha lasciato senza parole, spiazzato.

REFERENDUM SCELTA DEMOCRATICA

Ho sempre adorato la meritocrazia inglese, o meglio, della City. Vivendo lì, anche se solo come studente, ho potuto appurare che tale concetto esiste veramente. Vivendo qui in Italia, ne ho avvertito la mancanza.

Senza tuttavia deviare il discorso, meritocrazia (elettiva) fa rima con democrazia, almeno nella società utopistica proposta dal Sartori (3). E la democrazia, etimologicamente il "potere del Popolo", ha la sua massima espressione nel referendum. Presa coscienza che l"essere d"accordo tutti su una questione, importante o no che sia, è un"ipotesi meramente illusoria, il referendum si regge a sua volta sul principio maggioritario, nel senso che «i più prevalgono sui meno, ma contano anche i meno» (Sartori).

Ci si rende subito conto dell"impossibilità di fare uso del referendum in maniera sistematica (4). La democrazia, per ovvie ragioni, deve essere rappresentativa, in cui il corpo elettorale (il Popolo) si limita ad eleggere uno o più collegi politicamente rappresentativi del Popolo, cui resta affidata la deliberazione delle leggi e, più in generale, la determinazione dell"indirizzo politico. In poche parole, il Popolo elegge altri cittadini del popolo, presumibilmente che vantino competenze particolari, affinché questi prendano decisioni su questioni specifiche. Quindi: io cittadino voto un altro cittadino, con lo scopo che questi mi rappresenti e faccia il mio bene su questioni di cui, generalmente, io non ho competenza. Ad esempio, utopisticamente, non potrei votare sull"aumento/diminuzione della superficie minima abitabile per persona, oppure sull"aumento/diminuzione del limite dell"assunzione di una sostanza che, se superata, è considerata doping, in quanto tale tematiche concernono conoscenze e competenze talmente specifiche che il sottoscritto (ed il Popolo) non giudicherebbe correttamente, ma si risolverebbe in un giudizio di mero valore morale. Per contro, potrei esprimere il mio personale parere con il voto su questioni "morali" ed "etiche". Ancora ad esempio: adozione da parte di coppie omosessuali, aborto, sulla legalizzazione della marijuana, ecc.

Ora, il sottoscritto lunge dal voler porre dubbi sulla soluzione adottata dall"ex primo ministro inglese David Cameron (che rappresenterà uno dei più grandi autogoal della storia politica del mondo) di mettere in condizione direttamente il Popolo di far sentire la propria voce attraverso il referendum del 23/6, però vi è anche questo fatto da tenere in considerazione. Il Popolo è in grado di decidere su una questione così delicata come il leave o il remain nell"Unione Europea?

Non mi pare un caso che la parola più ricercata dai britannici nell"ultimo mese sia proprio "Unione Europea" e la frase "What does it mean to leave the EU" (Cosa significa lasciare l"Ue, n.d.r.).

Tecnicamente questa si chiama democrazia e va rispettata, ma la sproporzione dei numeri nelle varie zone del Regno è tale che qualche dubbio sulla validità del suffragio universale ci sta. Si registra, infatti, una tendenza sociale ed una tendenza geografica. Per quanto rigurada la prima, si potrebbe insinuare che la working class sia contro Bruxelles, mentre le grandi città e l"establishment siano a suo favore. In merito alla tendenza geografica, già si è detto, si denota come la città di Londra, il Galles, la Scozia e l"Irlanda abbiano votato maggiormente per rimanere uno Stato membro, a contrario invece del resto dell"Inghilterra. Ancora, secondo i sondaggi post referendum, pare sia degenerata la situazione tra i più anziani (pro leave) ed i giovani (per il remain). Quest"ultimi, per di più, saranno quelli che subiranno gli effetti dell"autonomia, paradossalmente, voluta dai senior.

Tuttavia i britannici, sul profilo della democrazia, hanno da insegnare a tutti gli altri stati, sia nel bene che nel male. Si è citato prima il precedente della Grecia, in cui il Popolo aveva votato di lasciare l"Unione ed il Governo, sul pressing dell"Europa stessa, aveva deciso di rimanere ed accettare gli aiuti finanziari. Sull"onda dell"utopia potrebbe anche in Gran Bretagna ripresentarsi lo stesso epilogo. Infatti, anche in questo caso, il referendum è meramente consuntivo, ovvero ha lo scopo di ascoltare il volere popolare su una determinata questione politica, che però non risulta poi essere vincolante per la decisione finale. Sul versante realistico non credo, però, che questo succederà.

ART.50 TUE

Da giurista in erba quale è il sottoscritto, sarà affascinante osservare come evolverà l"iter del recesso di uno Stato dall"Unione Europea, fino ad oggi solo parole enunciate su libri, ed introdotto con il Trattato di Lisbona del 2007. La procedura è già scritta, pur in maniera vaga, ma non vi sono precedenti. (5)

La norma di riferimento è l"art.50 del Trattato dell"Unione Europea (noto anche come Trattato di Maastricht del 1992), la quale attribuisce ad ogni Stato dell"UE la facoltà di decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall"Unione.

Tale disposizione lascia piena discrezionalità ai Paesi membri di esercitare la facoltà di recesso dall"UE, essendo previsto solo il rispetto delle proprie norme costituzionali e non essendo richiesto alcun obbligo di motivazione.

Del pari, non è prevista approvazione alcuna da parte degli altri Stati membri, i quali, cioè, non possono impedire la fuoriuscita dello Stato interessato, potendo tutt"al più negoziare le modalità di scioglimento dall"Unione.

La procedura di recesso prevede che lo Stato membro recedente debba notificare tale intenzione al Consiglio Europeo, il quale formula gli orientamenti in base ai quali l"Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l"Unione. Quindi, l"unico formalismo previsto è l"obbligo di notificare il proprio recesso agli altri membri.

L"accordo di recesso, che definisce le pendenze reciproche tra Unione e Stato recedente, viene negoziato in conformità con quanto stabilito dall"art.218, par.3, TFUE ed è concluso, a nome dell"UE, dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento Europeo (ovviamente, delibere in cui lo Stato recedente dovrà tenersi assente).

Lo Stato non sarà più considerato dell"Unione, con conseguente cessazione dell"applicabilità dei Trattati europei, a decorrere dall"entrata in vigore dell"accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica dell"intenzione di recedere, salvo che il Consiglio e lo Stato recedente si accordino per prolungare tale termine. Naturalmente, i due anni previsti dal Trattato stabiliscono solo le tempistiche per le modalità di uscita dall"UE, non comprendono i negoziati successivi sui rapporti. Visto che tali accordi dovranno essere, presumibilmente, bilaterali (ovvero tra Gran Bretagna e lo Stato di turno – Italia, Francia, Germania, ecc.) l"arco temporale che si prospetta per i negoziati pare ben lungo.

PROSPETTIVE: MODELLI DI STATO

Superato il termine dei due anni, sostanzialmente, la Gran Bretagna diverrà definitivamente paese terzo rispetto all"UE. Di conseguenza, il Regno Unito cercherà di avere con i suoi ex partner rapporti politici e commerciali che vadano al di là delle buone relazioni di vicinato. D"altra parte, anche i paesi dell"UE avranno interesse a preservare legami economici con i britannici.

Si è scritto, in maniera interessante, quali possano essere gli scenari possibili in merito ai futuri rapporti tra il Regno Unito e l"Unione Europea. (6)

A) La prospettiva maggiormente plausibile è il modello norvegese. Con Oslo (unitamente anche Islanda e Liechtenstein, paesi membri dell"Associazione europea di libero scambio "EFTA"), infatti, l"Unione ha già firmato nel corso degli anni due accordi di collaborazione, creando uno Spazio Economico Europeo (SEE). Tale intesa riguarda le quattro libertà – circolazione di beni, servizi, persone e capitali – e le regole relative alla concorrenza, agli aiuti di stato, alla protezione dei consumatori, al diritto societario, all"ambiente, alle politiche sociali ed alle statistiche. (6) Per cui, secondo un tale modello, si prospetterebbe una situazione in cui i britannici rimarrebbero all"interno della EFTA, negozierebbero l"ingresso nello SEE, con una cooperazione estesa anche ad alcuni aspetti delle politiche di sicurezza. In cambio però, la Norvegia ha dovuto garantire alla UE il rispetto di quasi tutti i regolamenti europei, pur non avendo avuto alcuna voce in capitolo nella loro stesura. Contrapposizione di non poco conto se si tiene presente tutta la situazione (rectius, tensione) che si è venuta a creare nel periodo pre-referendum e, soprattutto, nel post. E poi, tra l"altro, per potere aderire all"accordo SEE, l"UE potrebbe porre la condizione della libera circolazione delle persone e se Londra accettasse, finirebbe per contraddire uno dei pilastri della Brexit. Viceversa, se si rifiutasse, le trattative apparirebbero compromesse sin dalla nascita.

B) Il modello svizzero. Seguendo tale impostazione, il Regno Unito uscirebbe dalla SEE ma non dall"EFTA, mantenendo gli accordi sul libero scambio di merci e persone ma con una sorta di "passaporto finanziario" per le banche. Ciò che potrebbe allettare il Regno Unito, è il fatto che la Svizzera ha si accettato la libera circolazione delle persone, ma, con referendum del 2014, ha imposto un tetto massimo all"immigrazione.

C) Il terzo modello, a differenza degli altri due, non è un modello. Parliamo in questo caso di secessione totale, la quale porterebbe alla chiusura totale delle relazioni con l"UE ed all"abolizione di tutte le tariffe sulle importazioni. Ciò significherebbe il ripristino dei controlli alle frontiere, per mettere un tetto all"immigrazione ed ai tassi doganali.

CONCLUSIONI

Non credo che il Regno Unito possa fare marcia indietro rispetto alla volontà del Popolo. Ormai han deciso per la loro piena autonomia (that"s it!).

Non penso neanche che questa scissione sia portatrice di conseguenze finanziarie disastrose, come da alcuni prospettato.

Il mio più grande dubbio riguarda le conseguenze politiche.

Da un lato temo l"effetto domino. In Francia, l"opposizione (Le Pen) ha già annunciato che, in caso di vittoria alle prossime elezioni governative, indiranno il medesimo referendum sul "laisser" o il "rester" nella UE. In Olanda, recenti statistiche hanno portato alla luce che il 54% degli olandesi sogna un referendum simile a quello inglese, e la fazione data per favorita alle elezioni del prossimo marzo pare voler dare adito a tale sentimeento. La stessa volontà sembrerebbe riscontrabile in Austria ed in Repubblica Ceca. Più di un dubbio in merito alle reazioni di Svezia e Danimarca, da sempre inclini al modello inglese (vedi la scelta di mantenere l"autonomia a livello monetario).

Dall"altro, mi han fatto ragionare prospettandomi che, ancora una volta, siamo noi ad essere usciti dal "potere mondiale". Ricordate la conferenza di Jalta? Questa fu un vertice tenuto durante la Seconda Guerra Mondiale, precisamente dal 4 all"11 febbraio 1945. Mentre la gente combatteva e moriva, tre grandi signori si spartivano il mondo. Parlo ovviamente di Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d'America, del Regno Unito e dell'Unione Sovietica. Non c"era l"Italia, né la Francia, né tantomeno la Germania. Se il vecchio detto "la storia si ripete" è vero, mi chiedo, con un po" di timore, se vivremo una sorta di Jalta 2, con Trump (al posto di Roosvelt), Putin (sostituto di Stalin) e Johnson (in loco di Churchill), a decidere sulla spartizione del potere del mondo. E noi europeisti ancora una volta alla finestra a guardare….

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(1) La Troika è quell"organismo di controllo informale (non governato dall"U.E. ma, imbarazzante anche solo a scriverlo, con a capo i Presidenti della F.M.I., della B.C.E. e della C.E.), nata con lo scopo di fronteggiare la crisi economica. In sostanza, la Troika si occupa di fornire piani di salvataggio (dire cosa fare e cosa no) ai Paesi colpiti dalla crisi in maniera importante, fornendo assistenza finanziaria in cambio dell"istituzione di politiche di austerità.

(2) Interessante l"articolo pubblicato su Il Giornale in data 25.6.2016, p.12.

(3) Sartori, Democrazia. Cosa è, Milano, 2007, 116.

(4) Paladin, Diritto costituzionale, III, Padova, 1998, 263.

(5) La possibilità di recedere dall"Unione non era disciplinata da alcuna disposizione dei vecchi Trattati. Il problema, infatti, si pose soltanto nel 1982 allorquando la Groenlandia, in seguito ad un referendum scaturito dall"ottenimento di stato indipendente dalla Danimarca, decise di abbandonare la all"ora Comunità.

(6) Pelliccetti R., Due anni per lasciare la Ue. In mente il modello Oslo, in Il Giornale del 25.6.2016, p.6.

(7) Beda R., In Europa ma fuori dalla UE: che cosa insegnano Norvegia e Svizzera a Londra, in ilsole24ore.com, art. n.60 del 21.6.2016.




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