-  Valeria Cianciolo  -  22/03/2017

Circonvenzione di incapace e ricostituzione dellasse ereditario– di Valeria Cianciolo

Nota a Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 dicembre 2016 – 20 marzo 2017, n. 7081

Il caso. Tre fratelli convenivano in giudizio un altro fratello per far accertare e dichiarare la nullità di un atto di vendita di immobile e un atto di donazione stipulati dalla madre, poi deceduta.

La de cuius, secondo parte attrice, versava in condizioni di incapacità, dunque, era stata oggetto di circonvenzione d"incapace. Pertanto, occorreva ricostruire l"asse ereditario, quantificare i frutti maturati e procedere alla divisione.

Il Tribunale accoglieva la domanda di parte attrice.

La Corte d"appello rilevata la non punibilità del reato di circonvenzione di incapace (circostanza esimente dei rapporti di parentela), chiariva che la non perseguibilità del reato non esclude l"antigiuridicità della condotta che, comunque, esclude la validità degli atti compiuti dall"incapace che subisce la circonvenzione di uno o più familiari. Il giudice territoriale chiariva che la prova dell"incapacità poteva essere desunta in via presuntiva, ovvero mediante certificati medici del tempo in cui la madre era in vita nonché mediante prova testimoniale di parenti ed amici non interessati all"eredità.

Parte soccombente ricorreva in Cassazione, denunciando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 643 e 649 c.p., nonché 24 e 111 Cost., per aver la Corte d"Appello sostanzialmente ritenuto integrato, seppur astrattamente, il reato di circonvenzione di incapace, nonostante a suo carico non fosse mai stato pendente alcun processo penale.

Gli Ermellini rigettano il ricorso affermando che a seguito della modifica operata dalla l. n. 353/1990, il principio della prevalenza della legge penale su quella civile è stato superato dalla unità della giurisdizione nonché dalla autonomia e dalla separazione dei giudizi. Dunque, non è necessario accertare il reato con il processo penale per poi avviare l"azione civile.

Rilevava poi il ricorrente che restava applicabile l"art. 428 c.c., che prevede la sanzione dell"annullamento[1] dell"atto compiuto dall"incapace conseguibile ad istanza del medesimo oppure dei suoi eredi o aventi causa. La Suprema Corte precisa che lo "stato d"infermità o deficienza psichica", di cui all"art. 643 cod. pen., non costituisce un maius rispetto allo stato d"incapacità di intendere o di volere di cui all"art. 428 cod. civ., ma semmai un minus.

 Gli atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere. L"art. 428 c.c. dispone: " [1] Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore.

 

[2] L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente.

[3] L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto.

[4] Resta salva ogni diversa disposizione di legge."

L'incapacità cui fa riferimento la norma in questione è la c.d. incapacità naturale che è lo stato di fatto della persona che non è in grado d'intendere o di volere per una qualsiasi causa permanente o transitoria: non indica uno stato legale d'incapacità, né si traduce di per sé nella perdita o nella riduzione della capacità d'agire del soggetto, ma acquista giuridica rilevanza come difetto della volontà negoziale che rende annullabile l'atto.

L'esistenza delle cause d'incapacità va accertata avendo riguardo al preciso momento in cui l'atto che viene impugnato è stato posto in essere.

Quanto alla prova, l'incapacità d'intendere e di volere non è mai presunta, ma deve in ogni caso essere provata con assoluta libertà di mezzi. L'ampia libertà formale circa l'adozione dei mezzi di prova (e ciò indipendentemente dalla forma rivestita dal negozio che è oggetto di annullamento) non esime il giudice dall'onere di motivare la relativa decisione su elementi di fatto specifici e rigorosi.

 Il reato di circonvenzione di persone incapaci. Dispone l"art. 643 c.p.: "[1] Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065."

stato di infermità e stato di deficienza psichica presentano un connotato comune: sottintendono entrambi una riduzione oggettivamente anomala delle facoltà intellettive o volitive e dei poteri di critica, tale da agevolare l'induzione al compimento dell'atto[2].

Non è richiesto che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione e pressione (C., Sez. II, 20.12.2013, n. 3209).

Ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di persone incapaci sono necessarie le seguenti condizioni:

a) l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente, in cui quest'ultimo abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima, che, in ragione di specifiche situazioni concrete, sia incapace di opporre alcuna resistenza per l'assenza o la diminuzione della capacità critica;

b) l'induzione a compiere un atto che importi per il soggetto passivo o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso;

c) l'abuso dello stato di vulnerabilità che si verifica quando l'agente, consapevole di detto stato, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il suo fine e cioè quello di procurare a sé o ad altri un profitto;

d) la oggettiva riconoscibilità della minorata capacità, in modo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti[3].

 Considerazioni. Confermando un filone di pensiero dominante in giurisprudenza, la Corte di Cassazione afferma la diversità ontologica che sussiste tra l"incapacità naturale considerata dalla normativa civilistica ai fini dell"annullabilità del contratto (art. 428 c.c.) e l""incapacità" in cui versa la vittima del delitto contemplato dall"art. 643 c.p.

L"incapacità d"intendere e di volere considerata dall"art. 428 c.c. consiste in un"infermità psichica, quella stessa infermità che, se determinata da una causa duratura e accertata giudizialmente, conduce all"inabilitazione o all"interdizione; essa è un"inettitudine a giudicare e decidere, e rileva allorché sia contestuale al compimento del negozio che si impugna: al soggetto incapace risulta così impedita una seria e ponderata valutazione dell"atto e dei suoi effetti.

In conclusione, occorre prendere atto dell"attuale netta contrapposizione tra la giurisprudenza, favorevole alla tesi della nullità, e la dottrina, la quale opta per soluzioni diversificate, escludendo però la nullità per violazione di norma imperativa, esistendo, peraltro, una sostanziale unità di vedute sulla diversità ontologica tra il concetto civilistico di incapace naturale e la nozione di "incapace" per il delitto di circonvenzione.

Da queste brevi considerazioni discendono alcune conseguenze.

L"accertamento della capacità del soggetto passivo del reato di circonvenzione di incapace porta ad escludere l"incapacità di intendere e di volere invocata ai fini dell"annullamento di un atto negoziale. Viceversa, l"eventuale condanna per il reato di cui all"art. 643 c.p. non costituisce un vincolo nell"accertamento, in sede civile, dell"incapacità naturale del soggetto passivo del predetto reato.

Deve necessariamente bocciarsi, ai fini dell"applicazione della sospensione del processo civile ex art. 295 c.p.c., la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio civile rivolto all"accertamento dell"incapacità naturale e quello penale di circonvenzione d"incapace.

Infine, il giudicato che nega la sussistenza dell"incapacità d"intendere e di volere non preclude un successivo giudizio preordinato a ravvisare i fatti costitutivi della fattispecie delittuosa delineata dall"art. 643 c.c.: sulla base di questo principio di diritto la Corte di legittimità conferma la sentenza di appello che aveva dichiarato nulla la vendita, accertando incidentalmente la sussistenza del reato di circonvenzione d"incapace.

 

 



[1] Secondo un orientamento non unanime, ma consolidato in giurisprudenza, i contratti stipulati dalla vittima della circonvenzione, a differenza di quelli alla cui formazione abbia contribuito l'incapace di intendere o di volere non circonvenuto, non sono semplicemente esposti al rischio dell'annullamento, minacciato dalla disciplina comune (art. 428 c.c.), che peraltro non sempre sarebbe applicabile, dati i suoi limiti, per il contratto strumentale al reato di circonvenzione di incapaci. Sono invece nulli per contrasto con una norma imperativa, quella appunto dell'art. 643 (C. civ., Sez. II, 27.1.2004, n. 1427; C. civ. 29.10.1994, n. 8948).

[2] La giurisprudenza di legittimità afferma che la sussistenza della condizione di incapacità del soggetto passivo, essendo questa presupposto del reato, deve essere assolutamente certa. In tal senso vedi: Cass., Sez. II, 26.5.2015, n. 36424; Cass., Sez. II, 11.4.2014, n. 17762; Cass., Sez. II, 26.1.2011, n. 6971; Cass., Sez. II, 5.3-23.6.2010, n. 24192; Cass., Sez. II, 25.3.2010, n. 15185; Cass., Sez. IV, 23.4-4.7.2008, n. 27412; Cass., Sez. II, 4.10.2006; Cass., Sez. II, 27.1.2006; Cass., Sez. II, 24.4.1998.

[3] Cass., Sez. V, 16.4.2012, n. 29003; v. anche Cass., Sez. II, 20.6.2013, n. 39144




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