Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  26/01/2024

Con l'ADS è entrata nel diritto, si afferma, una nuova consapevolezza circa la necessità di cambiare linguaggio.

Cosa vuol dire?

Significa che vengono oggi usate, accanto alle locuzioni classiche, a livello sostanziale e processuale, una serie di altre espressioni. Formule che si ritrovano nei decreti giurisprudenziali, sempre più spesso, nelle opere dottrinarie, talora in contesti amministrativistici, di legislazione regionale.

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Sono termini deputati a scandire, quasi sempre, la necessità che si presti attenzione - in ogni scelta affidata al GT o all’AdS – ai motivi della scrupolosità professionale, della lievità di tono, della serenità rispetto al beneficiario.

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Già oggi, nell’ordito degli articoli dal 404 al 413 cod.civ., spiccano espressioni – un tempo assenti, o prospettate con ben altra enfasi - come ‘’esigenze’’, ‘’cura’’, ‘’sentire personalmente’’, ‘’servizi sociali e sanitari’’, ‘’bisogni’’, ‘’vita quotidiana’’, ‘’aspirazioni’’, ‘’richieste’’, ‘’piena tutela’’.

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Altre parole, che si candidano a entrare nel futuro lessicale, per l’istituto, sono ad esempio benessere, soddisfazione, empatia, ascolto, inadeguatezza (destinata sempre più a sostituire il vocabolo “incapacità”), desideri, quotidianità, relazioni sociali, creatività, realizzazione, resilienza.

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Una necessità è poi quella della modifica, avvertita da più parti, riguardo ai programmi sulle professionalità/competenze nel settore dell’AdS. Ciò con particolare rispetto ai piani di studio delle Facoltà di Giurisprudenza, di Scienze della formazione, di Psicologia e Pedagogia, ai corsi riservati ai magistrati, agli amministratori pubblici, agli assistenti sociali, agli infermieri, ai medici.

 

 




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