-  Peron Sabrina  -  15/11/2013

CONCORRENZA SLEALE IL PERICULUM IN MORA E LA QUALIFICA DI IMPRENDITORE – T Milano (ord.) 19.04.2013 – Sabrina PERON

 

L"ordinanza del Tribunale di Milano che qui si pubblica, pur non escludendo, in via generale ed astratta, l"ammissibilità del ricorso alla procedura cautelare anche per le azioni di accertamento negativo (come previsto dall"art. 120, comma 6-bis, CPI, a seguito della modifica introdotta dall"art. 52 Dlgs n 131/2010), precisa che ciò non esime comunque la verifica in concreto della sussistenza dei requisiti per le azioni cautelari

In particolare la verifica della sussistenza del periculum in mora, deve sempre fondarsi sugli elementi concreti della specifica vicenda, ragion per cui ben può essere rilevante il fatto che la condotta illecita sia stata interrotta e che non possa più essere posta in essere dal responsabile (anche per effetto delle diverse scelte imprenditoriali da questi nel frattempo adottate). In questo contesto, il Tribunale di Milano, ha ritenuto che la "cessazione della commercializzazione dei prodotti, da un lato, e la probabile e verosimile non reiterazione della sua commercializzazione, dall"altro, atteso il carattere effimero dell"iniziativa", fossero tutti elementi idonei a deporre "per l"assenza del presupposto del pericolo del ritardo, necessario per l"applicazione delle misure cautelari". Ha giustamente osservato il Tribunale che anche a voler ipoteticamente ammettere che "la condotta tenuta dai resistenti fosse illecita, perché in violazione di diritti di privativa industriale (…) il periculum in mora non può ritenersi in re ipsa, neppure argomentando dalla difficile quantificazione del danno conseguente alla commercializzazione del prodotto giacché, se da un lato non vi è perpetuazione dell"illecito, dall"altro è determinato e conosciuto il numero complessivo dei beni già distribuiti per pacifica ammissione delle parti". Con la conseguenza che nel caso concreto il danno conseguente alla commercializzazione del prodotto in violazione dei diritti di privativa, non appariva, quindi, "di difficile o impossibile quantificazione, considerato il numero limitato dei beni già commercializzato".

Il Tribunale ha altresì osservato come non fosse ipotizzabile alcuna forma di concorrenza sleale in capo al ricorrente che aveva proposto l"azione cautelare in proprio, come persona fisica, e non come imprenditore o legale rappresentante di una società. E" noto difatti che ai sensi dell"art. 2598 c.c., «la concorrenza sleale è fattispecie tipicamente riconducibile ai soggetti del mercato in concorrenza, non configurabile, pertanto, ove manchi il presupposto soggettivo del cosiddetto rapporto di concorrenzialità » (Cass. 17459/2007). Difatti, «la qualifica di imprenditore commerciale in capo ad entrambi i soggetti del rapporto concorrenziale costituisce presupposto indeclinabile per l"applicazione della tutela contro la concorrenza sleale» (App. Genova, 20.03.2002). In altre parole « la disciplina del codice civile in tema di concorrenza sleale non può trovare applicazione neppure quando soltanto uno dei due soggetti interessati svolge attività di impresa, e ciò sia nel caso in cui sia l"imprenditore a chiedere tutela nei confronti di chi non ha tale qualità, sia nel caso opposto, in cui sia l"offeso da atti di concorrenza sleale a non rivestire tale qualifica » (Trib. Udine, 23.02.1998).




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