-  Redazione P&D  -  10/05/2011

CORRUZIONE TRA PRIVATI: BREVI CONSIDERAZIONI – Ornella STRADAIOLI

Com’è noto, nel nostro ordinamento, il concetto di corruzione è riconducibile a diverse fattispecie criminose, disciplinate agli articoli da 318 a 322 ter ,c.p. , all’interno del titolo dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione. Senza voler in questa sede ripercorrere le diverse fattispecie previste (e punite) dal nostro legislatore, preme sottolineare come, in ciascuna di esse, l’accordo, quale elemento essenziale del reato, intervenga necessariamente tra un privato ed un pubblico ufficiale (o, al più, un incaricato di pubblico servizio). Non sono, cioè, previste, nel nostro codice penale, ipotesi criminose in cui il pactum sceleris si conclude tra due soggetti entrambi “privati”. 

Quid iuris
, quindi, qualora sia un soggetto privato a ricevere, da altro privato, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità ovvero ad accettarne la promessa per compiere (o per aver compiuto) un atto del suo ufficio o un atto contrario ai doveri d’ufficio, ovvero per omettere o ritardare (o per aver già omesso o ritardato) un atto del suo ufficio? 

Il legislatore comunitario, prima ancora di quello italiano, si è occupato di tale questione già nel lontano 2003, con l’adozione della decisione quadro 2003/568/GAI, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato. 

I punti essenziali di tale decisione sono facilmente sintetizzabili nei pochi punti seguenti: 
1) punizione della corruzione, tanto attiva (promettere, offrire, concedere) quanto passiva (sollecitare, ricevere o accattare la promessa), nel settore privato – limitatamente alle condotte compiute nell’ambito di attività professionali, siano esse svolte nell’ambito di entità con o senza scopo di lucro; 
2) punizione anche delle condotte di istigazione o favoreggiamento ai reati sub 1); 
3) responsabilità delle persone giuridiche per la commissione di uno degli illeciti sub 1) e sub 2) , da parte di un soggetto il quale occupi una posizione dirigente all’interno delle stesse, ovvero qualora la perpetrazione di uno di tali reati si sia resa possibile per carenza di sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti preposti alla dirigenza e la commissione degli stessi sia andata a beneficio della persona giuridica.
 
Cosa non meno importante, inoltre, la decisione prevedeva un termine (22 luglio 2005) entro il quale gli stati membri avrebbero dovuto adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni sopra menzionate. 

Lasciando ad altra sede le valutazioni circa l’incidenza delle fonti sovra nazionali sul diritto penale interno, resta, quindi, da capire se nel nostro ordinamento la cosiddetta “corruzione tra privati” resta priva di tutela penale o se, invece, vi siano altre norme, residuali, all’interno delle quali è possibile ricondurre astrattamente eventuali condotte che presentano gli elementi tipici sopra detti. 

A puro titolo esemplificativo meritano di essere ricordate le seguenti disposizioni: 
a) art. 2635 c.c. – Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità “Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori e i responsabili della revisione, i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione sino a tre anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette l'utilità. Si procede a querela della persona offesa”. 
b) Art. 178 t.u.f. - Compensi illegali “Gli amministratori, i soci responsabili della revisione contabile e i dipendenti della società di revisione che percepiscono, direttamente o indirettamente, dalla società assoggettata a revisione contabile compensi in denaro o in altra forma, oltre quelli legittimamente pattuiti, sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro duecentosette a euro milletrentatre. La stessa pena si applica agli amministratori, ai dirigenti e ai liquidatori della società assoggettata a revisione contabile che hanno corrisposto il compenso non dovuto”. 
c) Art. 135 - Reati societari “ Le disposizioni contenute nel titolo XI del libro V del codice civile si applicano a chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche, anche se non costituite in forma societaria”. 

Come si può dedurre, dunque, l’assenza di una specifica norma volta a sanzionare condotte riconducibili all’ipotesi corruttiva tra privati non lascia scoperti da tutela tutti i settori, tanto più se si considera che tali condotte, talvolta, potrebbero altresì essere ricondotte ad altre ulteriori ipotesi delittuose quali quelle di cui all’art. 640 c.p. (truffa) ovvero di cui all’art. 646 c.p. (appropriazione indebita). 

Fermo restando quanto sopra, tuttavia, il legislatore nazionale dovrà adeguarsi quanto prima alle linee comunitarie, introducendo una nuova e autonoma fattispecie di reato, la quale, peraltro, dovrà essere inserita nell’elenco dei reati presupposto previsti dal d.lgs. 231/01, in materia di responsabilità degli enti. (o.s.)




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