-  Fabbricatore Alfonso  -  12/08/2014

DANNO NON PATRIMONIALE DA INADEMPIMENTO CONTRATTUALE. CENNI – Alfonso FABBRICATORE

Le pronunce del 2008 hanno portato rilevanti cambiamenti riguardo la disciplina del danno non patrimoniale da inadempimento, superando i rigidi schemi che vedevano l"art. 2059 c.c. inserito esclusivamente nell"ambito dell"illecito extracontrattuale e l"art. 1223 c.c., invece, come norma riguardante i soli pregiudizi suscettibili di valutazione economica. Va segnalato che sul punto si sono registrate negli anni sia tesi favorevoli[1] che voci molto critiche[2] rispetto alla scelta intrapresa dalle Sezioni Unite: se da una parte, infatti, è stata accolta con favore la valorizzazione dell"interesse non patrimoniale anche nei rapporti obbligatori, dall"altra in molti hanno sollevato forti dubbi circa la possibilità di configurare beni della personalità quali oggetto di obbligazioni.

Tuttavia dobbiamo sottolineare fin da subito che, alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale, il richiamo ai principi costituzionali come garanzia di ristoro per i danni non patrimoniali cagionati da inadempimento trovi spazio solo laddove non vi siano specifiche norme a disciplinarne il risarcimento, o laddove lo stesso contratto presenti delle lacune: in questo senso l"applicazione dei principi imposti dalle pronunce del 2008 non inficia in alcun modo l"autonomia contrattuale delle parti.

E dobbiamo, inoltre, osservare come già con le sentenze gemelle del 2003, benché queste non ne avessero fatto esplicito riferimento, era parso intravedersi la possibilità di superare le tesi tradizionali ostili al risarcimento del danno non patrimoniale da contratto. A ciò ha favorito sicuramente un graduale superamento della visione meramente patrimoniale del danno contrattuale ed il parallelo ampliamento del concetto di responsabilità da inadempimento.

Proprio sulla mutata concezione del contratto è sembrata basarsi la spinta evolutiva che ha finito per invertire le regole della risarcibilità in questo ambito: questo infatti col tempo non è stato più individuato come mero strumento per la disciplina dei rapporti economici tra soggetti e di circolazione della ricchezza, ma pian piano ha assunto una rilevanza completamente diversa, prestandosi ad essere considerato come mezzo per il raggiungimento ed il soddisfacimento di beni e interessi privi del carattere della patrimonialità[3]. Ne sono un esempio l"acquisto di biglietti per partecipare ad un"opera teatrale, o la vendita di pacchetti turistici, tutti casi in cui, come in molti hanno osservato[4], lo stesso contratto è finalizzato al benessere della persona.

Lo stesso art. 1174 c.c. ha assunto un significato nuovo, tant"è che è stata definitivamente superata (non facilmente[5]) la teoria secondo cui la patrimonializzazione dell"interesse della prestazione attribuirebbe una natura necessariamente economica al danno da inadempimento; viceversa è importante notare che sebbene l"art. 1174 c.c. contempli la possibilità che l"interesse corrispondente alla prestazione possa avere natura non patrimoniale, ciò di per sé non vale a riconoscere automaticamente la risarcibilità dei danni non patrimoniali derivanti da inadempimento[6].

E" utile anche evidenziare come sia la teoria degli obblighi di protezione, sia quella del contatto sociale qualificato abbiano contribuito molto all"ampliamento di questa categoria, come è avvenuto nell"ambito della responsabilità medica, il cui riconoscimento non può essere escluso dalla dimensione del danno non patrimoniale.

In quello che viene solitamente definito il sottosistema della responsabilità medica[7], le evoluzioni più recenti hanno trasferito, indubbiamente, la relativa responsabilità dal torto di per sé inteso al contratto, grazie ad una continua opera di affinamento compiuta tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.

Ed il risultato è stato grossomodo quello dell"abbandono delle regole atipiche che avevano finito per minare la rigida distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana.

Un siffatto pensiero sembra emergere chiaramente dalle Sezioni Unite del 2008, le quali, non senza sollevare perplessità, hanno tentato il riordino dell"intera materia del danno non patrimoniale, con particolare attenzione proprio ai casi in cui questo sia determinato da un inadempimento; si è affermato infatti che "se l"inadempimento dell"obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell"azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all"espediente del cumulo di azioni"[8]. Dunque il percorso evolutivo della responsabilità medica prende proprio le mosse dall"inquadramento del rapporto tra paziente e struttura sanitaria (sia essa pubblica o privata) nel c.d. contratto atipico di spedalità, come confermato anche dai giudici di legittimità[9]. In virtù di simili conclusioni, la struttura risulta essere responsabile nei confronti del paziente in ragione del tenore dell"art. 1228 c.c.[10]. Con il nuovo corso avviato nel 2003, in parte confermato nel 2008, non v"è dubbio che anche nei casi in cui il rapporto triangolare tra paziente-danneggiato, medico e struttura ospedaliera venga inquadrato in ambito contrattuale, possano essere risarciti tutte quelle compromissioni al valore uomo prive del carattere della patrimonialità, qualora dall"inadempimento dell"obbligo assunto derivino ingiuste lesioni alla sfera personale della vittima.

Tornando sul più ampio discorso del danno non patrimoniale risarcibile da inadempimento, la regola dettata dalle Sezioni Unite si snoda in due passaggi essenziali: partendo dal praeceptum iuris dell"art. 1174 c.c.[11] secondo cui l"interesse del rapporto obbligatorio può avere anche natura non patrimoniale, bisogna successivamente analizzare gli interessi che nella realtà emergono dalla singola prestazione, così da poter individuare la c.d. causa negoziale concreta, comprendere, per meglio dire, quali interessi il contratto è volto a soddisfare aldilà del modello, anche tipico, adoperato.

Secondo la Corte, inoltre, vi sarebbero dei casi in cui la ricerca di interessi non patrimoniali realmente perseguiti dal contratto sia, per così dire, facilitata in quanto l"inserimento di questi avverrebbe ex lege, come nel contratto di lavoro. Su quest"ultimo punto, anche forse con l"intento di confermare quanto era stato precedentemente già stabilito[12], in ambito laburistico l"inserimento di interessi non patrimoniali avverrebbe in automatico ex art. 2087 c.c., norma che prefigurerebbe a priori il risarcimento dei danni non patrimoniali provocati dall"inadempimento.

Da queste considerazioni dobbiamo allora ritenere che con le pronunce del 2008 il risarcimento del danno non patrimoniale anche in ambito contrattuale debba essere regolato dalle norme dettate in materia, da interpretarsi, però, secondo una lettura costituzionalmente orientata. In questo modo non sarà il solo art. 2059 c.c. a cambiare completamente volto, ma lo stesso art. 1218 c.c. che, in chiave costituzionale, deve comprendere anche il danno non patrimoniale qualora l"inadempimento abbia pregiudicato diritti inviolabili della persona[13].

In questo modo il concetto di perdita ex art. 1223 c.c. viene a sua volta a mutare, ad ampliare i suoi confini fino ad abbracciare le conseguenze non patrimoniali dell"inadempimento[14].

Sorgono, invero, alcune perplessità se si considera che, in un quadro del genere, la disciplina dettata dalle Sezioni Unite finirebbe per divenire parziaria, incompleta, limitandosi a confinare il risarcimento dei danni non patrimoniali da inadempimento nell"alveo dei diritti inviolabili della persona.

L"orientamento della Suprema Corte sembra essere quello di attribuire, tuttavia, all"interprete il compito di integrare ed avvalorare l"interpretazione adeguatrice alla Costituzione: il richiamo ai principi costituzionali e quindi ai diritti inviolabili della persona, oltre a rappresentare il sostrato dell"ordinamento stesso, garantisce tutela a tutte quelle situazioni giuridiche che in mancanza di altre fonti legali di disciplina verrebbero ad essere ingiustamente pregiudicate o non tutelate. Prendendo le mosse da queste considerazioni, la lettura in chiave costituzionale delle fonti legali diviene allora una previsione di chiusura del sistema, che garantisce la salvaguardia degli interessi della persona anche laddove il sistema presenti delle lacune.

Viene quindi a configurarsi una osmosi tra fonte legale e fonte convenzionale, in base alla quale una non esclude l"altra: la legge non esclude l"autonomia negoziale del soggetto (anzi dovrebbe in astratto incentivarla) e viceversa, il ricorso alla fonte convenzionale (un contratto) non fa venir meno l"utilità della prima. In un contesto del genere una interpretazione secondo il canone della buona fede oggettiva varrebbe da sé a garantire il risarcimento dei danni non patrimoniali da inadempimento, poiché in questo modo si darebbe rilievo a tutti gli interessi che in concreto il contratto è finalizzato a conseguire; va però ricordato che nell"ambito della responsabilità da inadempimento non sempre c"è un contratto da valutare secondo il criterio della buona fede[15].

Ed è per queste ragioni che l"introduzione della nuova regola ha di sicuro rafforzato la tutela risarcitoria della persona, garantendo anche a quelle situazioni non disciplinate da contratto una adeguata protezione, oltre che a tutte le altre in cui, in presenza di un contratto, l"interpretazione secondo bona fide non soddisfi tali esigenze.

La fonte legale quindi non si pone in contrasto con l"autonomia negoziale delle parti che viceversa può regolare direttamente il risarcimento anche dei danni non patrimoniali: quest" ultima deve essere considerata predominante rispetto alla fonte legale, a meno che non deroghi alla legge andando oltre i limiti rappresentati dagli interessi inviolabili della persona[16].

Un esempio di scuola è la facoltà delle parti, in ambito contrattuale, di prevedere e disciplinare la risarcibilità del danno non patrimoniale anche senza l"introduzione di una clausola penale: è il caso del risarcimento del danno non patrimoniale previsto nel contratto di deposito qualora l"oggetto consegnato al depositario venga da questi perduto.

Una regola del genere va analizzata a fondo, in quanto sembrerebbe contrastare con il concetto di non patrimonialità introdotto con le pronunce del 2008[17]: se il senso di queste pronunce è stato quello di sancire il netto predominio degli interessi della persona rispetto a quelli del patrimonio, allora dobbiamo concludere che tale contrasto non esiste se si esclude che i casi di inadempimento contrattuale inducono all"automatica risarcibilità di tutte le conseguenze dannose prive del connotato della patrimonialità derivanti dal pregiudizio inferto ad un interesse patrimoniale. Viceversa la risarcibilità deve essere ammessa laddove sia stata espressamente prevista dalle parti in sede di contratto oppure quando il diritto patrimoniale leso sia così intimamente connesso agli interessi non patrimoniali della persona che dalla sua violazione discendano, giocoforza, conseguenze negative nella sfera non economica del soggetto.

Orbene, altre sono ancora le riflessioni che si pongono in merito al diverso tenore normativo che presidia la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale. In effetti il dato che balza immediatamente all"occhio dell"interprete consiste nel fatto che, in un sistema delineato in tal guisa, verrebbe ricondotto anche in ambito contrattuale un concetto a questo completamente estraneo quale l"ingiustizia del danno.

Una parte della dottrina ha infatti osteggiato queste ricostruzioni, sul presupposto che la responsabilità del debitore, invero, non necessita di passare per il filtro dell"ingiustizia in quanto questo è criterio selettivo nell"ambito circoscritto della responsabilità aquiliana[18].

In realtà anche nell"ambito della responsabilità debitoria è possibile far riferimento alla violazione di interessi quand"anche questi non siano individuati dall"ordinamento come inviolabili, sempre sulla scorta dell"art. 1218 c.c., secondo cui la prestazione rappresenta il nucleo dell"obbligazione stessa: ne è un esempio l"art. 2087 c.c. laddove la prestazione principale viene arricchita di una serie di specifici obblighi (in questo caso in capo all"imprenditore) che sono volti alla tutela di interessi con rilevanza sul piano giuridico. In conclusione possiamo affermare che se dall"inadempimento dell"obbligazione può derivare la lesione di interessi giuridicamente rilevanti, ed in alcuni casi la violazione di diritti inviolabili, allora deve essere garantita la risarcibilità anche per quei pregiudizi che non influiscono nella sfera economica del soggetto, senza che per arrivare a ciò ci sia bisogno di ricorrere al c.d. cumulo[19] tra azione contrattuale e azione aquiliana[20].

Spetterà quindi al danneggiato dimostrare la presenza di diritti della persona all"interno dell"obbligazione che siano stati lesi dall"inadempimento, mentre spetterà al danneggiante la prova della forza maggiore o l"assenza del nesso causale tra inadempimento e lesione dell"interesse.

 

 



[1] PERLINGIERI, L"onnipresente art. 2059 c.c. e la "tipicità" del danno alla persona, in Rass. Dir. civ., 2009, p. 520 ss..

[2] SCOGNAMIGLIO C., Il sistema del danno non patrimoniale dopo le decisioni delle Sezioni Unite, in Nuova Giur. civ. comm., 2009, p. 261 ss..

[3] BIANCA C.M., Diritto Civile, vol. V - La responsabilità, Milano, 2012, 205.

[4] RESTA, Contratto e persona, in Trattato del contratto. VI, Interferenze, a cura di Roppo, Milano, 2006.

[5] Scettico sul punto è DE CUPIS, Il Danno, Teoria generale della responsabilità civile, Milano, 1979.

[6] Una tesi del genere sembra essere esplicitamente richiamata in Cass. Sez. Un. 24 marzo 2006, n. 6572.

[7] Termine adoperato, tra i tanti, da SELLA, La quantificazione dei danni da malpractice medica, 2009; nonché DE MATTEIS, Le responsabilità medica. Un sottosistema della responsabilità civile, Padova, 1995;.

[8] Cass. Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26792.

[9] Sul punto si rimanda a Cass. 13 aprile 2007, n. 8826, dove si legge che "l"accettazione del paziente in una struttura (pubblica o privata ) deputata a fornire assistenza sanitaria‑ospedaliera, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto di prestazione d"opera atipico di spedalità, essendo essa tenuta ad una prestazione complessa che non si esaurisce nella prestazione delle cure mediche e di quelle chirurgiche (generali e specialistiche) già prescritte dall"articolo 2 legge 132/68, ma si estende ad una serie di altre prestazioní, quali la messa a disposizione di personale medico ausiliario e di personale paramedico, di medicinali, e di tutte le attrezzature tecniche necessarie, nonché di quelle lato sensu alberghiere".

[10] La norma, rubricata "responsabilità per fatto degli ausiliari", recita "salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro". Da ciò si ricava che il tenore della norma debba essere applicato in tutti i casi in cui il debitore si avvalga dell"opera prestata da altri soggetti, siano essi collaboratori dipendenti o autonomi, purché quest"ultimi non siano personalmente obbligati nei confronti del creditore. In ciò dunque sta la differenza rispetto all"art. 2049 c.c., in forza del quale i padroni e i committenti sono chiamati a rispondere del fatto illecito cagionato dai propri ausiliari, soggetti cui sono legati da un preciso vincolo di subordinazione.

[11] L"art. 1174 c.c., rubricato "carattere patrimoniale della prestazione", stabilisce che "la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore": ciò sta a significare che l"interesse alla base del rapporto obbligatorio può essere anche privo del carattere della patrimonialità. Si fa di solito l"esempio del soggetto che acquista un pacchetto turistico per un viaggio presso una meta esotica: nonostante la prestazione in sé sia valutabile economicamente, l"interesse sotteso all"esecuzione della stessa è di carattere prettamente non patrimoniale.

[12] Cass. Sez. Un. 24 marzo 2006, n. 6572

[13] Si rifà direttamente a questo assunto Trib. Trieste Sez. Un. 8 gennaio 2009, con nota di PONZANELLI, Esclusione del risarcimento del danno non patrimoniale per la corretta costruzione della casa dei propri sogni, in Danno e Resp. 2009, p. 439 ss.

[14] In realtà già con Corte Cost. 27 ottobre 1994, n. 372 la perdita aveva assunto un significato nuovo, di sicuro diverso da quello tradizionale meramente patrimoniale.

[15] BIANCA C.M., Diritto Civile, vol. V - La responsabilità, Milano, 2012, 205, secondo cui "al di fuori della lesione dei diritti fondamentali (e delle rare ipotesi di inadempimenti-reati) il danno non patrimoniale contrattuale è giuridicamente irrilevante salvo che la sua risarcibilità sia prevista dal contratto o da disposizioni normative: si veda ad esempio il caso del danno alla salute provocato dalle precarie condizioni di lavoro o la violazione della dignità professionale del lavoratore a causa di demansionamento".

[16] MAZZAMUTO, Il rapporto tra gli art. 2059 c.c. e 2043 c.c. e le ambiguità delle Sezioni Unite a proposito della risarcibilità del danno non patrimoniale, in Contr. e impr., 2009, p. 589 ss..

[17] Si rinvia a Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, in cui si legge che "Il danno non patrimoniale si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica".

[18] BONILINI, Il danno non patrimoniale, Milano, Giuffrè, 1983, secondo cui le problematiche intorno alla risarcibilità di simili pregiudizi andrebbero risolte mediante la disciplina dell"inadempimento, non già attraverso i mezzi propri della responsabilità aquiliana. Critici sull"argomento sono anche SCOGNAMIGLIO R., Il danno morale, contributo alla teoria del danno extracontrattuale, in Riv. dir. civ., 1957, p. 201 ss., secondo cui il danno morale si riferisce alla lesione dei soli beni della personalità che, in linea di massima, non possono essere oggetto di obbligazioni; similmente anche MESSINETTI, Recenti orientamenti sulla tutela della persona. La moltiplicazione dei diritti e dei danni, in Riv. Crit. Dir. Priv., 1992, p. 173 ss..

[19] COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, in Riv. Crit. Dir. priv., 1987, p. 127 ss..

[20] FRANZONI, Il danno risarcibile, in Trattato della resp. civ., Milano, Giuffrè, 2010, secondo cui sull"argomento da molto tempo ha dato risposta la giurisprudenza che ha superato l"ostacolo della inapplicabilità dell"art. 2059 c.c. al risarcimento del danno contrattuale, ammettendo l"esercizio in concorso dell"azione contrattuale e di quella aquiliana. Del resto, prosegue l"Autore, la Cassazione valuta che certi fatti possano essere produttivi di conseguenze diverse, senza che l"attore sia obbligato a scegliere un"azione in luogo dell"altra.




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