-  Redazione P&D  -  05/05/2017

I bufali di Emilio Agostini - Maria Beatrice Maranò

Nell"almanacco quotidiano, spesso ci siamo imbattuti in poeti legati ad una regione d"Italia: è il caso del poeta di oggi.

Emilio Agostini nacque a Sassetta in provincia di Livorno  il 5 maggio 1874, da vecchia ed agiata famiglia borghese. Il padre era un medico condotto e  aveva sposato una signora di un"antica famiglia elbana, di Rio nell"Elba.
Fece il ginnasio a Lucca ed al Cicognini di Prato, il liceo a Pisa dove uscì con la laurea della scuola di farmacia.
Durante gli anni pisani dette vita, assieme ad Aurelio Ugolini, Ettore Botteghi, Enrico Meucci e Domizio Torrigiani, ad un cenacolo letterario che fece un certo rumore a Pisa e nella Toscana di fine secolo. L'Agostini più che scrittore fu poeta. Non venne subito apprezzato dal Carducci e ciò gli recò grande dolore ispirandosi proprio a lui, ma, ebbe gli elogi di Pascoli e di D'Annunzio. Egli seppe scavare nell'anima dei suoi concittadini,  ragazzi come lui divenuti uomini all"interno del suo paese. Un poeta legatissimo alla sua terra, che però non ha mai ricambiato questo legame . Sassetta viene spesso descritta con struggente nostalgia con  pagine splendide che costituiscono un bellissima descrizione del borgo. Un paese che non è "nido di uccelli rapaci", ma appare abitata da uomini e donne vivi nei loro sentimenti. Piccoli quadri della natura, del paesaggio, delle persone che, proiettati nella Sassetta odierna, sono dicotomici  e  rarefatti, da lasciare il sospetto,  che siano solo una pura invenzione poetica. Una lunga sequela di vocaboli ormai in disuso colti nel momento in cui sono pronunciati. Uno scrittore pieno di vita, ottimista per natura e profondamente umano che appartiene alla famiglia degli artisti toscani, al Fattori, al Fucini, fra i pochi ad uscir fuori dai canoni classici del tempo usando abbondantemente il linguaggio popolare, e con una descrizione dell'ambiente sociale e naturale degna dei migliori veristi.

I

AI PASCOLI

Bufali messi a svernare
fra paschi cini di canne,
fuori di vecchie capanne
stavano fermi a guardare.

E la campagna sommersa
languiva negli occhi a loro;
campagna senza lavoro,
senza boscaglia,dispersa.

Diruminavano il fieno,
e si grattavano il fianco
col corno;qualcuno stanco
d'ozio,poltriva il terreno.

Carri,che furon sull'aie
nuovi,nelle belle sere,
erano qui rastrigliere
lasciate alle bufalaie.

E qui mangiavano i secchi
foraggi,bufali magri;
bufali neri negli agri,
che avevan patto di stecchi.

Ora una mandra si alzava
sentendo rombe arrivare.
E dalla parte del mare
tutta la mandra guardava!..

II

PER LA BORGATA

Bufali grassi,di grandi
corna - tiravate stolli
per gli stradali, dai colli,
giu verso i vesperi grandi.

Bufali forti di cava
giovaia, - tiravate blocchi,
curvi per l'erta i ginocchi,
fumidi,belli di bava.

E chi vi diceva matti,
salvateci per foreste.
E chi dice:oh,vedeste
la mandra fra gli albigatti!

E chi diceva:tra i monti
vedeste oh l'agile brama,
quando una voce li chiama,
agili alla mossa,pronti.

Attraversarono un paio
per la borgata:ragazzi
li seguitarono,pazzi,
verso il ponte dell'orsaio.

Era la sera di maggio
sugli albigatti del fosso.
Frassini densi,nel rosso
tramonto,avevano un raggio.

III

CAMPAGNA ROMANA

Dov'erano dunque pianure
senza confine,senz'alberi,
dove paiono l'albe,
tramonti morti alle alture?

Dov'eran bufali a mandre
girovaghe, dai campani
dove si sentono lonteni,
fra nuvole di calandre?

Viscide campagne basse;
radure d'alberi in fondo.
Nel torbo cielo rotondo,
lente di corvi matasse.

Pecore di lunga lana
pascolavano sodaglie.
Tardavano nuvolaglie
per la campagna romana.

Bufali erravano rari...
Ma gia tu,Roma,venivi;
ma tu ,Lavinia,apparivi
ridendo negli occhi cari.

Tu che dicesti:ecco i piani,
ed ecco il colle quadrato...
mentre,oh cercavo in un lato,
sgorbi di pretoriani! (Emilio Agostini) ...I bufali




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