-  Valeria Cianciolo  -  26/03/2017

I malati di Alzheimer sono a carico del SSN – di Valeria Cianciolo

Nota a Trib. Monza Sez. I, Sent., 01.03.2017

L'Italia è un Paese demograficamente vecchio, (ma non per vecchi!) nel quale aumenta progressivamente la richiesta di prestazioni sociosanitarie residenziali per le persone ultrasessantacinquenni non più assistibili presso il proprio domicilio.

È in costante aumento il numero delle persone, soprattutto anziane, colpite da permanenti patologie invalidanti in modo così rilevante da determinare non solo sofferenze, ma anche la non autosufficienza e cioè, limitazioni notevoli della loro autonomia (impossibilità di camminare, incapacità di alimentarsi da sole, incontinenza urinaria e/o sfinterica, ecc.).

Ampiamente confutata dunque, la tradizionale concezione tramandatasi da Cicerone ai nostri giorni che esalta la senescenza quale momento sereno, virtuoso e, per alcuni aspetti, addirittura migliore della giovinezza .

Si tratta, dunque, di soggetti che, a causa della gravità delle loro condizioni fisiche e psichiche, hanno bisogno di cure sanitarie e, nello stesso tempo, non sono in grado di provvedere a se stessi, se non con l'aiuto totale e continuo di altri individui.

Nei casi più gravi il malato cronico non autosufficiente ha bisogno dell'intervento di terze persone per soddisfare esigenze che non è nemmeno in grado di manifestare (fame, sete, caldo, freddo, ecc.).

Fra le persone colpite vi sono anche i malati di Alzheimer e coloro che sono affetti da altre forme di demenza senile.

Con le Linee guida del Ministero della Sanità n. 1 del gennaio 1994, "Indirizzi sugli aspetti organizzativi e gestionali delle Residenze Sanitarie Assistenziali", vengono fornite indicazioni sulle caratteristiche strutturali delle RSA (vengono ripresi e confermati i requisiti dettati dal DPCM 22/12/1989) e sugli aspetti gestionali e criteri per la determinazione dei costi (suddivisi in costi totalmente sanitari, costi totalmente non sanitari e costi misti).

Viene inoltre introdotta la differenziazione tra R.S.A. (Residenza Sanitaria Assistenziale) e la R.A. (Residenza Assistenziale).

Le prime (R.S.A.) realizzano un livello medio di assistenza sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa) integrato da un livello alto di assistenza tutelare ed alberghiera.

Sono rivolte ad anziani non autosufficienti e ad altri soggetti non autosufficienti, non assistibili a domicilio.

Qual è il costo complessivo di una giornata di soggiorno in RSA?

Sono innumerevoli gli esempi di rette giornaliere che superano i 100 €, come a Bologna dove le rette in vigore raggiungono, nel caso di camera singola i 127,50 € al giorno (110,00 per la camera doppia). Si tratta di servizi costosi (una media di euro 120,00 al giorno) in una struttura privata: si parla dunque di cifre che sforano abbondantemente i 3600 €.

Le Residenze assistenziali (R.A.) si esprimono attraverso diverse forme di residenzialità collettiva (case di riposo, case albergo, comunità alloggio, ecc.), e sono caratterizzate da diversi livelli di protezione sociale e di assistenza tutelare offerta ad anziani autosufficienti non bisognosi di assistenza sanitaria specifica.

Nelle residenze assistenziali le prestazioni di medicina generale, attività infermieristiche e riabilitative sono assicurate dai servizi sanitari distrettuali. I costi dell'ospitalità nella residenza assistenziale non sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale che assicura esclusivamente le prestazioni sanitarie erogate attraverso il distretto.

I Lea (Livelli essenziali di assistenza sanitaria), precisati nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, hanno confermato il diritto esigibile e senza limiti di durata degli anziani malati cronici non autosufficienti alle cure sanitarie, stabilendo, tuttavia, l'obbligo dei pazienti di partecipare ai relativi costi.

Nei casi di ricovero presso RSA e strutture similari, il Servizio sanitario nazionale è tenuto a versare la quota sanitaria, il cui importo non può essere inferiore al 50% della retta totale.

A sua volta, l'infermo non autosufficiente, se ha un'età superiore ai 65 anni, o se sono state accertate le sue condizioni di soggetto con handicap in situazione di gravità, deve contribuire sulla base delle sue personali risorse economiche (redditi e beni).

La normativa relativa ai Lea, diventata cogente in base all'art. 54 della legge 29 dicembre 2002 n. 289, impone alle Regioni, comprese quelle a statuto speciale, nonché alle Province autonome di Bolzano e Trento, di garantire le prestazioni sanitarie residenziali agli anziani non autosufficienti, senza poter sollevare riserve di sorta, ivi compresa la questione dei mezzi finanziari.

Infatti, la lettera m) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione riserva allo Stato "la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale".

Quale il punto in questione affrontato dal Tribunale di Monza?

La vicenda giudiziaria nasce dalla proposizione di opposizione nei confronti di un decreto ingiuntivo richiesto e ottenuto da una residenza per anziani circa il pagamento di rette per il ricovero di una persona anziana affetta da morbo di Alzheimer da parte del figlio che si era obbligato al pagamento delle stesse all'inizio del ricovero.

La donna dunque «non aveva alcuna autonomia personale», non deambulava né mangiava da sola ed era affetta da piaghe da decubito. Per cui necessitava di un «continuo monitoraggio e di frequente assistenza infermieristica» e doveva essere «mossa spesso». Da tutto ciò, prosegue la sentenza, «si desume che quelle prestate dalla casa di Cura erano prestazioni di carattere prevalentemente sanitario» e come tali «a carico del servizio sanitario».

In sostanza, le RSA (Residenze sanitarie assistenziali) non possono chiedere il pagamento di una retta supplementare per le attività «socio assistenziali» svolte a beneficio dei malati di Alzheimer o comunque, affetti da grave demenza senile.

Per questo motivo è stato revocato il decreto ingiuntivo a carico dei parenti del paziente ed è stata condannata la RSA a restituire quanto era stato in precedenza versato.

I costi delle attività assistenziali che siano strettamente connesse ad attività di rilievo sanitario devono essere a carico del Servizio Sanitario Regionale. In pratica, chi viene ricoverato in RSA e, oltre alla permanenza assistita in struttura riceve anche cure mediche, non deve pagare nulla.
Il tribunale ha così dichiarato la nullità dell"impegno a pagare la retta giornaliera sottoscritto dalla figlia, e la restituzione degli oltre 2mila euro già versati.

Tramite l'opposizione, oltre alla richiesta di declaratoria di nullità dell'ingiunzione per essere la paziente 100% invalida a causa della patologia neuro - degenerativa, veniva richiesta la dichiarazione di nullità del contratto di ospitalità in quanto contrario a norme imperative ex art. 1418 c.c. nonché la restituzione di quanto fino ad allora versato.  vale la pena di sottolineare che anche la normativa attualmente vigente in materia di assistenza socio-sanitaria-assistenziale (Dpcm del 14 febbraio 2011, Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie), stabilisce che le "prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria" sono a carico del SSN.

In base alla riforma sanitaria del 1978 tutti i cittadini hanno diritto alla erogazione gratuita delle prestazioni di carattere sanitario. Mentre l"articolo 30 della legge n. 730 del 1983 dispone anche che «sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali».

La Cassazione, infatti, - prosegue la sentenza - ha sempre interpretato tale norma in senso letterale, ritenendo che gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle assistenziali siano a carico del fondo sanitario. In sostanza, «la norma ha assegnato preminente rilievo alla natura sanitaria (di parte) delle prestazioni erogate, tale da assorbire anche le prestazioni meramente di assistenza e di supporto».

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MONZA

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Claudia Lojacono

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 839/2015 promossa da:

(...) (C.F. (...)) in proprio e quale A. di (...) e (...) (C.F. (...)) con il patrocinio dell'avv. FRANCHI GIOVANNI elettivamente domiciliati in Monza, c/o l'avv. Marica Novara, via Italia n. 28

opponenti

contro

V. (...) C. D. SRL (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliato in MILANO VIA PETRARCA, 13 presso l'avv. (...)

opposta

opposta

Oggetto : opposizione a decreto ingiuntivo

 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

 

Con atto di citazione regolarmente notificato (...) in proprio e quale A. di (...) e (...) convenivano in giudizio la (...) srl proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso, su richiesta di quest'ultima , dal G.U. di Monza il 13.12.014, con il quale veniva ingiunto loro il pagamento della somma di Euro 39.274,66 , asseritamente dovuto a titolo di rette di assistenza per la degenza della (...).

A sostegno della opposizione gli attori deducevano in via preliminare il difetto di legittimazione di (...) in proprio.

Nel merito deducevano la inesistenza degli obblighi a carico del malato di Alzheimer e dei suoi familiari per il pagamento della retta di ricovero in forza della legislazione vigente e della sentenza 4558 del 2012 della Cassazione.

Tanto premesso gli opponenti hanno chiesto che fosse dichiarata la nullità dell'impegno sottoscritto da (...); che fosse dichiarato che nulla era dovuto dalla (...), che la convenuta fosse condannata a restituire la somma di Euro 2.327,70 in favore della (...)

Si costituiva la convenuta chiedendo il rigetto della opposizione e delle domande attoree.

L'eccezione preliminare sollevata da (...) è fondata e come tale va accolta.

Invero è evidente che il DI è stato emesso dal Tribunale nei confronti di questo in proprio, e non in qualità di A. della (...) , qualità che non viene specificata nel provvedimento.

Il (...) è quindi carente di legittimazione passiva, in quanto non è stato allegato dalla ricorrente alcun credito nei suoi confronti in proprio .

Il decreto emesso contro (...) in proprio va quindi revocato.

Nel merito l'opposizione è fondata e come tale va accolta.

Invero va premesso in diritto che sulla base della riforma sanitaria del 1978 tutti i cittadini hanno diritto alla erogazione gratuita delle prestazioni di carattere sanitario.

L'art. 30 della L. n. 730 del 1983 dispone poi che sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali.

La Cassazione ha sempre interpretato tale norma in senso letterale, ritenendo che gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle assistenziali sono a carico del fondo sanitario. In sostanza la norma ha assegnato preminente rilievo alla natura sanitaria (di parte) delle prestazioni erogate, tale da assorbire anche le prestazioni meramente di assistenza e di supporto (Cass. sezioni Unite n. 1003 del 1993 e Cassazione n. 4558 del 2012).

In tale ultima sentenza la Cassazione ha rilevato anche che ove vi sia tale stretta correlazione tra i due tipi di prestazioni, tale da determinare la totale competenza del servizio sanitario, non vi è luogo per una determinazione di quote (ponendo a carico del Comune le prestazioni di carattere assistenziale), operazione che presuppone la scindibilità delle prestazioni.

Da ultimo tale indirizzo è stato confermato dalla Cassazione con sentenza n. 22776 del 2016 ("In tema di prestazioni a carico del S.S.N., l'art. 30 della L. n. 730 del 1983 - che per la prima volta ha menzionato le attività di rilievo sanitario connesse con quelle assistenziali - deve essere interpretato, alla stregua della L. n. 833 del 1978 che prevede l'erogazione gratuita delle prestazioni a tutti i cittadini, entro i livelli di assistenza uniformi definiti con il piano sanitario nazionale, nel senso che, nel caso in cui oltre alle prestazioni socio-assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, tale attività, in quanto diretta in via prevalente alla tutela della salute, va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto di competenza del S.S.N ").

La interpretazione della Cassazione sull'art. 30 è rafforzata dal contenuto dell'art. 1 D.P.C.M. del 1985 il quale precisa che sono attività di rilievo sanitario quelle che richiedono personale e tipologie d'intervento propri del servizi socio assistenziali, purchè siano diretti immediatamente ed in via prevalente alla tutela della salute e si estrinsechino in interventi a sostegno dell'attività sanitaria di cura e/o di riabilitazione fisica e psichica del medesimo.

Non rientrano invece tra dette attività quelle esclusivamente socio-assistenziali in particolare i ricoveri in strutture protette meramente sostitutivi dell'assistenza familiare, ove il personale svolge una attività di mera assistenza e sorveglianza.

Infine il D.P.C.M. 14 febbraio 2011 (applicabile nel caso di specie stante il periodo in cui è avvenuto il ricovero) ha distinto "prestazioni sanitarie e rilevanza sociale" che sono a carico delle ASL, "prestazioni sociali a rilevanza sanitaria", che sono di competenza dei Comuni con partecipazione alla spesa da parte dei cittadini e "prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria che sono a carico del servizio sanitario".

Stante il quadro normativo e giurisprudenziale sopra illustrato, al fine di accertare se nel caso di specie la retta fosse o meno a carico del servizio sanitario nazionale, va valutato da un lato quale fosse lo stato di salute della (...)el periodo del ricovero, d'altro lato le esigenze terapeutiche (comprendenti non solo l'assistenza medica generica e specialistica, ma anche quella infermieristica , riabilitativa e di somministrazione di farmaci) connessa a tale stato.

Va ulteriormente precisato che in tale valutazione deve farsi riferimento non solo alle terapie in concreto prestate, ma anche a quelle che la struttura avrebbe dovuto prestare , con un giudizio condotto alla stregua del parametro di diligenza professionale, alla luce delle patologie accertate.

Alla luce dei documenti prodotti può senz'altro escludersi che la (...) necessitasse esclusivamente di una attività di mera assistenza e sorveglianza. Del resto dagli stessi documenti emerge che la struttura non si è limitata alla prestazione di tali attività cd. socio-assistenziali, anche perché in caso contrario le condizioni di salute della (...), già critiche, sarebbero ulteriormente peggiorate.

In particolare la (...) soffriva di morbo di alzheimer , malattia diagnosticata già nel 2003 e che nel gennaio del 2013 veniva definita dai sanitari come una forma di demenza giunta ad uno stadio molto grave .

A causa di tale malattia la degente non aveva alcuna autonomia personale e era quindi completamente dipendente nello svolgimento delle attività della vita quotidiana : non solo non poteva deambulare e mangiare da sola , ma necessitava dell'aiuto di due operatori per raggiungere da sdraiata la posizione eretta e per passare dal letto alla carrozzina.

Anche il comportamento era fortemente influenzato dalla malattia , nel senso che la (...) aveva l'abitudine di mordere oggetti vicini e biancheria e di cercare di afferrare cose e persone e stringerle senza controllo.

La (...) era poi affetta da piaghe da decubito.

Infine presentava dal 2007 una neoplasia alla mammella destra.

Stante tale quadro clinico la (...) necessitata di un continuo monitoraggio e di frequente assistenza infermieristica, in particolare per le medicazioni quotidiane , per la gestione precoce di eventuale riacutizzazione, per la sorveglianza dei markers biochimici di malnutrzione.

Inoltre la stessa doveva assumente la terapia ormonale per la neoplasia (e ovviamente non rileva l'eventualità che tale terapia non le sia stata somministrata nel caso concreto).

Infine doveva essere mossa spesso per evitare le piaghe di decubito e mobilizzata nel seggiolone polifunzionale con massima assistenza.

Da quanto sopra si desume che quelle prestate dalla casa di Cura alla (...) erano prestazioni di carattere prevalentemente sanitario.

Ne discende che tali prestazioni erano a carico del servizio sanitario, con conseguente rigetto della domanda di pagamento avanzata dalla ricorrente con il ricorso per decreto ingiuntivo.

Il decreto va quindi revocato.

Va dichiarata poi la nullità dell'impegno sottoscritto da (...)a di provvedere al pagamento giornaliero della retta della anziana.

Infatti , come rilevato anche dalla Cassazione nel 2012 in un caso analogo (nella la sentenza sopra citata), nel caso di specie era ravvisabile una promessa unilaterale che poneva a carico della (...) l'onere di provare l'inesistenza della causa debendi, vale a dire dell'obbligazione di pagamento.

Tale obbligazione, come allegato dalla (...), era chiaramente insussistente, in quanto il pagamento era a carico del servizio sanitario.

Il negozio era quindi mancante di causa stante la evidente irrealizzabilità dell'assunzione di obbligazione altrui che risulti insussistente.

Infine va accolta la domanda di restituzione avanzata dalla (...) , costituita in giudizio a mezzo del proprio A. , in quanto la somma di Euro 2.327,70 ( che risulta essere stata pagata alla RSA come da doc. 4 ) , per le ragioni che si sono sopra illustrate, è stata corrisposta indebitamente, siccome non dovuta.

La opposta va quindi condannata al pagamento di tale somma oltre interessi legali dalla data del percepimento al saldo.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Giudice Unico, dott. ssa Claudia Lojacono, definitivamente pronunciando sulla causa proposta da (...) in proprio e quale A. di (...) e (...) contro (...) SRL , così provvede :

1) Accerta la carenza di legittimazione passiva di (...) in proprio in ordine al credito ingiunto ;

2) Revoca il decreto ingiuntivo opposto;

3) Condanna la opposta a corrispondere a (...) a titolo di indebito, la somma di Euro 2.327,70, oltre interessi legali dalla data del percepimento al saldo;

4) Dichiara la nullità dell'impegno sottoscritto da (...) ;

5) Condanna la opposta al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in Euro 7.799,00, oltre oneri accessori e spese generali.

Così deciso in Monza, il 23 febbraio 2017.

Depositata in Cancelleria il 1 marzo 2017.

 




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