In tema di responsabilità del proprietario per danni derivanti, ai sensi dell'articolo 2053 del codice civile, da rovina dell'edificio (o altra costruzione), va considerata tale ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati; si pensi, ad esempio, a quanto affermato dalla Suprema Corte nella pronuncia che segue, laddove, confermando la sentenza impugnata, con cui era stata esclusa la responsabilità ex art. 2053 c.c. dell'intimato comune per i danni subiti dalla ricorrente-attrice, in seguito alla rottura di una tubazione dell'acquedotto comunale, rilevando che l'edificio era di proprietà della stessa ricorrente-attrice e che la tubatura comunale, di per sé, non poteva essere considerata né edificio, né costruzione tale da poterne derivare, in caso di rovina, la responsabilità oggettiva del suo proprietario, così conclude:
"la responsabilità del proprietario di un edificio o di altra costruzione per i danni cagionati dalla loro rovina può ravvisarsi solo in caso di danni derivanti dagli elementi (anche accessori ma) strutturali dell'edificio o di altra costruzione e perciò da parti essenziali degli stessi, ossia di danni derivanti dall'azione dinamica del materiale facente parte della struttura della costruzione e non da qualsiasi disgregazione sia pure limitata dell'edificio o di elementi o manufatti accessori non facenti parte della struttura della costruzione" (Cass. civ., sez. III, 06 maggio 2008, n. 11053, GCM, 2008, 5, 662; RCP, 2009, 1, 211; GC, 2010, 1, 176 – conforme, quanto ad avaria che non riguardi la conduttura idrica strutturalmente incorporata nell'edificio stesso bensì l'impianto di scaldabagno dell'appartamento soprastante e così una pertinenza organicamente distinta dallo stesso: Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 1988, n. 212, GCM, 1988, fasc. 1 – conforme, cassando la sentenza di merito che aveva escluso l'applicazione dell'art. 2053 c.c. sul presupposto che una grata sconnessa posta sul marciapiede al servizio di un edificio, nella quale l'attrice era inciampata, riportando lesioni, non costituisse elemento essenziale di quest'ultimo): Cass. civ., sez. III, 12 novembre 2009, n. 23939, GCM, 2009, 11, 1582– conforme - Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2007, n. 7755, GCM, 2007, 3 - Conforme - Cass. civ., sez. III, 12 novembre 2009, n. 23947, GCM, 2009, 11, 1583 – conforme, quanto a rottura dei tubi dell'impianto idrico – sanitario: Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 1997, n. 12251, GCM, 1997, 2319 – conforme - Cass. civ., sez. III, 21 luglio 1979, n. 4384, GCM, 1979, fasc. 7 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012).
Dall'ambito di applicazione della norma in esame si tendono ad escludere soltanto i ruderi ossia i cumuli di macerie,
"sottoposti alla disciplina generale dell'art. 2051" Bonvicini, La responsabilità civile per fatto altrui, Milano, 1976, 75.
La giustificazione è ravvisata nell'impossibilità stessa di mantenere il bene, attività che importerebbe una finalità conservativa incompatibile con la deteriorata natura dell'immobile; a tal proposito, però, si è obiettato che un rudere è più in grado di cagionare danno rispetto ad un edificio, pertanto apparirebbe "malsicuro" sottrarre proprio i ruderi alla disciplina rigorosa dell'art. 2053 c.c..
L'art. 2053 c.c. viene applicato, solitamente, anche agli
"edifici in corso di costruzione" Scognamiglio, Responsabilità civile, in NN.D.I., XV, Torino, 1968, 646.
In consapevole applicazione dei principi testé evidenziati, la giurisprudenza s'è pronunciata in variegata casistica, come evidenziano le seguenti sentenze, riguardanti
"i balconi sono elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, non costituiscono parti comuni dell'edificio ed appartengono ai proprietari delle unità immobiliari corrispondenti, che sono gli unici responsabili dei danni cagionati dalla caduta di frammenti di intonaco e muratura, che si siano da essi staccati, mentre i fregi ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscano (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini ed i pilastrini), sono condominiali, se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell'intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, con la conseguenza che è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono staccati i frammenti, citato per il risarcimento) al fine di esimersi da responsabilità, provare che il danno fu causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro funzione ornamentale dell'intero edificio appartenevano alle parti comuni di esso, circostanza non ricorrente nella fattispecie" (Trib. Milano, sez. X, 28 febbraio 2006, n. 2587, GiustM, 2006, 2, 13) -;
"il proprietario di un immobile è responsabile dei danni – quantomeno per presunzione di colpa – derivanti da un infortunio avvenuto presso il suo fabbricato a meno che non dimostri che l"evento stesso sia dipeso da caso fortuito. È anche responsabile, se l"incidente è avvenuto sulle griglie di copertura del garage, dei danni da rovina dal momento che la nozione di "rovina" abbraccia semanticamente ogni disgregazione anche limitata dell"edificio, compresi gli elementi accessori e le pertinenze quali sono, indubbiamente, le griglie di copertura dei garages" (Trib. Bolzano, sez. I, 31 marzo 2005, Redazione Giuffrè, 2006);
"in tema di responsabilità del proprietario per danni derivanti, ex art. 2053 c.c., da rovina dell'edificio, per tale deve intendersi ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati; responsabilità dalla quale il proprietario dell'edificio può andare esente solo fornendo la prova che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione" (Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2005, n. 1666, GCM, 2005, 1);
"il proprietario di un lucernario incorporato nel marciapiedi di una pubblica strada e, quindi, soggetto all'uso pubblico di transito, è obbligato a curare la manutenzione del manufatto in modo da evitare i pericoli derivanti dal suo logorio, non risultando, nella specie, applicabile la disciplina dei diritti reali di godimento ed in particolare il principio "servitus in faciendo consistere nequit", stante l'autonomia e la particolare connotazione pubblicistica del diritto di uso pubblico. Nel caso di inosservanza di tale obbligo il proprietario risponde dei danni arrecati ai passanti dalla disgregazione del manufatto, non potendo opporre al danneggiato nè la violazione, da parte del comune, dell'obbligo su di esso incombente di sorvegliare che non venga trascurata la manutenzione delle aree private su cui è consentito il pubblico transito, nè le particolari pattuizioni intercorse fra lo stesso proprietario ed il comune in ordine al riparto degli oneri di detta manutenzione" (Trib. Roma, 19 settembre 1984, RGCT, 1985, 78) -;
"il concetto di rovina totale o parziale dell'edificio, di cui all'art. 2053 c.c., comprende anche il distacco e la caduta di semplici manufatti accessori, quali sono appunto gli elementi materialmente destinati a coprire il tetto della costruzione, come tegole o lamiere metalliche" (Cass. civ., sez. III, 15 giugno 1979, n. 3390, GCM, 1979, fasc. 6).