-  Ricciuti Daniela  -  02/11/2014

IL DANNO ESISTENZIALE NELL'ATTUALE PANORAMA GIURISPRUDENZIALE - Daniela RICCIUTI

- Danno esistenziale

- Nella più recente giurisprudenza di legittimità e di merito

- Consacrazione della sua autonomia rispetto alle altre voci di danno non patrimoniale e suo definitivo rilancio


E' appena uscita l'edizione aggiornata de "Il danno esistenziale nell'attuale panorama giurisprudenziale" (Paolo Cendon, Key ed. - http://homebookshop.it/index.php/ebook/il-danno-esistenziale.html ), che offre un'attenta analisi della recente evoluzione pretoria e di legittimità in materia di danno non patrimoniale ed in particolare di danno esistenziale.

Dai più recenti sviluppi della giurisprudenza sull'argomento, emerge con evidenza come, in questi ultimi anni, molti passi in avanti siano stati compiuti nella direzione della esplicita affermazione della necessità di ristoro del torto, anche sotto il profilo delle sequele di carattere prettamente esistenziale, ogni qual volta si assista in concreto ad un peggioramento delle condizioni di vita, ad uno sconvolgimento della quotidianità ovvero vengano compromesse le "attività realizzatrici" della persona in ogni ambito e settore in cui esse si manifestano (famiglia: danni eso ed endo-familiari; abitazione; animali d'affezione; diritti della personalità, riservatezza, privacy; responsabilità medica; giustizia; lavoro: infortuni e mancata adozione di misure di sicurezza e prevenzione, ingiusto licenziamento o demansionamento, mobbing, discriminazione, straining; ambiente, immissioni; contratti ed inadempimento contrattuale: vacanza rovinata, servizi telefonici, trasporto, etc.; pubblica amministrazione).

Dopo l'apparente battuta d'arresto che alla figura del danno esistenziale pareva esser stata inferta dalle pronunce cc.dd. di San Martino (Cass. SS.UU. nn. 26972 – 26975 dell' 11 novembre 2008), laddove avevano inteso negarne la natura di categoria autonoma di danno, l'indicazione emersa, nell'ultimo lustro e poco più, dalle più recenti sentenze di legittimità e di merito, è nel senso della necessità di evitare, non solo duplicazioni risarcitorie, ma anche vuoti di tutela, alla stregua dell'affermato principio dell'integralità del risarcimento del danno non patrimoniale. 

Il trend è verso la sempre maggiore personalizzazione della responsabilità civile, attraverso la valorizzazione delle particolari circostanze del caso concreto. Si assiste, poi, all'avanzata dei nuovi danni nei più diversi aspetti della vita quotidiana, che, al di là di questioni più terminologiche che sostanziali, meritano e sempre più trovano riconoscimento nelle aule di giustizia.

Contributi particolarmente innovativi vanno ascritti alla giurisprudenza di merito, che spesso ha saputo dimostrare coraggio e sensibilità, non esitando a superare le strettoie poste dalla Suprema Corte nel 2008, ed anche ad opporsi a posizioni sentite come stantie e poco rispondenti al comune sentire sociale, al fine di darvi adeguata risposta.

Ambito d'elezione in tal senso quello della perdita dell'animale d'affezione. I giudici di prime cure spesso non hanno esitato a discostarsi apertamente dalle conclusioni delle sentenze di San Martino, che avevano definito "bagatellare" il conseguente pregiudizio non patrimoniale, ancorando, altresì, il relativo risarcimento alla espressa previsione di legge e, dunque, negandolo in assenza di reato.

Superato un simile orientamento, più volte espressamente definito "non condivisibile" e "poco fedele alla realtà sociale", anche alla luce dell'attuale evoluzione normativa nazionale ed internazionale, oltre che dottrinale, in materia, è stato riconosciuto "valore sociale" alla tutela dell"animale d"affezione, ed è stata, dunque, elevata al rango di "diritto inviolabile" ai sensi dell'art. 2 Cost., risarcibile anche sotto il profilo del danno esistenziale consequenziale (ex plurimis: Trib. Rovereto, 18 ottobre 2009, g. Caterbi; Giud. Pace Palermo, 9 febbraio 2010, g. Vitale; Giud. Pace Roma, 15 marzo 2013; Trib. Reggio Calabria, sez. II, 6 giugno 2013, g. Plutino).

La stessa Suprema Corte, seguendo un percorso non sempre lineare, è giunta ad affermare l'autonomia del danno esistenziale rispetto al danno morale e biologico, nonchè la funzione unificante dello stesso rispetto a voci quali "danno alla serenità familiare", "danno alla vita di relazione" e "danno edonistico", che vanno più correttamente ricondotte al"la medesima voce di danno, prevalentemente indicata con la locuzione unificante del danno esistenziale", essendo tali terminologie diverse "destinate ad una sintesi ex iure caratterizzata da una dimensione risarcitoria "funzionale" sostanzialmente unitaria" (Cass. civ., sez.III, 20 novembre 2012, n. 20292, est. Travaglino).

La Cassazione ha, altresì, chiarito che "la regola secondo la quale il risarcimento deve ristorare interamente il danno subito (principio dell'integralità), impone di tenere conto dell'insieme dei pregiudizi sofferti, ivi compresi quelli esistenziali, purché sia provata nel giudizio l'autonomia e la distinzione degli stessi, dovendo il giudice, a tal fine, provvedere all'integrale riparazione secondo un criterio di personalizzazione del danno, che, escluso ogni meccanismo semplificato di liquidazione di tipo automatico, tenga conto, pur nell'ambito di criteri predeterminati, delle condizioni personali e soggettive del danneggiato, della gravità della lesione e, dunque, delle particolarità del caso concreto e della reale entità del danno", privilegiando, dunque, un approccio volto all'accertamento ex post ed in concreto dell'autonomia dei pregiudizi di tipo esistenziale (ed in genere di tutte le voci), in modo da verificare se le voci, nel caso di specie, sono reciprocamente autonome e distinte, al fine di escluderne la sovrapposizione ed eliminarne duplicazioni in sede risarcitoria (Cass. civ., sez.III, 9 ottobre 2012, n. 17161, est. D"Amico).

Il Supremo Collegio ha, poi, talvolta propugnato una lettura delle sentenze delle Sezioni Unite del 2008 tale da consentire di affrontare e risolvere positivamente la questione della risarcibilità di tutte quelle situazioni soggettive costituzionalmente tutelate (il rapporto familiare e parentale, l'onore, la reputazione, la libertà religiosa, il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, quello all'ambiente, il diritto di libera espressione del proprio pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione e di libertà religiosa ecc.: diritti inviolabili o anche "solo" fondamentali, come l'art. 32 Cost., definisce la salute) diverse dalla salute, e pur tuttavia incise dalla condotta del danneggiante oltre quella soglia di tollerabilità indotta da elementari principi di civile convivenza,  spingendosi in tal modo ad ammettere la «sopravvivenza» del c.d. danno esistenziale e riconoscerne la diversità rispetto al danno biologico e al danno morale. "Danni diversi e, perciò solo, (tutti) autonomamente risarcibili, ma se, e solo se, rigorosamente provati caso per caso" (Cass. civ., sez.III, 28 febbraio - 3 ottobre 2013, n. 22585, est. Travaglino).

Difatti "il danno biologico, il danno morale ed il danno alla vita di relazione rispondono a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo, che può causare, nella vittima e nei suoi familiari, un danno medicalmente accertato, un dolore interiore e un'alterazione della vita quotidiana, sicchè il giudice di merito deve valutare tutti gli aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni, ma anche 'vuoti' risarcitori" (Cassazione civile, sez. III, 11/7/2014, n. 15909, pres. Spirito, rel. Cirillo). 

Di qui la "natura composita (del danno non patrimoniale), che si articola in una pluralità di aspetti (o voci), con funzione meramente descrittiva, quali il danno biologico, il danno morale, il danno da perdita del rapporto parentale, il c.d. danno esistenziale" (Cass. civ., sez. lav., 8/7/2014, n. 15530, pres. Lamorgese, est. Tria).

Infine la illuminata sentenza n. 1361 del 2014 (in tema di perdita del congiunto, definita storica per aver riconosciuto per la prima volta, esplicitamente, il diritto al risarcimento del "danno alla vita" in quanto tale ovvero del danno da morte immediata o istantanea, altrimenti detto danno tanatologico, proprio della vittima e trasmissibile iure hereditatis agli eredi; ponendosi, con ciò, in consapevole contrasto con la precedente giurisprudenza di legittimità, che da sempre ne aveva categoricamente negato la risarcibilità. La questione è stata, perciò, rimessa al vaglio delle Sezioni Unite e se ne attende l'esito. Oltre a tale aspetto, il principale e più innovativo, la decisione de qua ha offerto un'attenta ricognizione dei percorsi interpretativi del danno non patrimoniale ed in particolare) si è spinta addirittura fino a ribaltare completamente la tradizionale lettura delle sentenze di San Martino come negatorie del danno esistenziale, affermando expressis verbis che "al contrario di quanto da alcuni dei primi commentatori sostenuto, e anche in giurisprudenza di legittimità a volte affermato, deve escludersi che le Sezioni Unite del 2008 abbiano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori (anche) del cd. danno esistenziale" (Cass. civ., Sez. III, 23/01/2014, n. 1361 – pres. Russo, rel. Scarano). 

Dunque, in conclusione: espressa consacrazione dell'autonomia rispetto alle altre voci di danno non patrimoniale nonché  definitivo rilancio del danno esistenziale.




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