Deboli, svantaggiati  -  Elvira Reale  -  03/05/2023

Il protocollo Napoli nel quadro della riforma Cartabia

Caterina Arcidiacono, Antonella Bozzaotra, Gabriella Ferrari Bravo,

 Elvira Reale, Ester Ricciardelli

  1. Analisi del testo sulla violenza nella riforma Cartabia

Il Protocollo Napoli – Linea guida per la consulenza psicologica in caso di violenza, ha rappresentato, nel 2019, il documento con cui  un gruppo di psicologhe ha rivendicato e proposto un’assunzione di responsabilità in campo scientifico e tecnico contro la vittimizzazione secondaria di donne e bambini nei tribunali civili e per i minorenni. L’obiettivo principale è stato – e ancora resta - creare una cultura alternativa alla psicologia forense nel cui ambito molti professionisti si erano distinti per la negazione della violenza e del maltrattamento assistito, nell’ambito delle consulenze tecniche e delle attività legate all’ambito giudiziario. L’inchiesta della Commissione sul Femminicidio al Senato della XVIII legislatura, terminata nel 2022, ha poi mutato il quadro di riferimento e le pratiche, dando ispirazione concreta alla riforma Cartabia. Tale processo ha portato la pratica di Protocollo Napoli a fianco delle donne in una posizione non più marginale o solo settoriale, ma di primo piano per veicolare strumenti tecnici compatibili con la riforma, nella parte in cui si applica alla violenza domestica e di genere. 

A partire da tali premesse, ci occuperemo qui di esplorare la riforma e di mettere in risalto le finalità convergenti tra la riforma Cartabia (D.lgs n. 149/22) e quanto contenuto nel Protocollo Napoli. 

Prima di passare a un’analisi di dettaglio della riforma poniamo l’attenzione, in via preliminare, sull’istruttoria. Questa è rivendicata come strumento del procedimento civile, in modo autonomo e imprescindibile per accertare la presenza di violenza domestica e di genere secondo le proprie finalità, le quali privilegiano l’interesse del minore e la sua tutela anziché il presunto autore di reato - favor pueri di contro favor rei. 

Ricordiamo, come le ricorda la sentenza di Cassazione (Cass. Pen, sez. III, sent. 5 maggio 2010, n. 29612), le diverse finalità del procedimento civile rispetto a quello penale: “Questa Corte ha più volte sottolineato che nel processo penale vige, in materia probatoria, la regola della prova, oltre il ragionevole dubbio, laddove nel processo civile opera la diversa regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non”. In definitiva, la mission del giudizio civile è diversa da quella del procedimento penale, e pertanto questo procedimento può, in funzione della tutela del minore, muoversi non per certezze ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ ma anche per fumus (boni iuris). Dice a riguardo la Relazione Illustrativa del 19 ottobre 22: “Le norme in esame prevedono, pertanto, che in presenza di allegazioni di violenza o di abuso, il procedimento venga trattato secondo una disciplina processuale connotata da specialità con il fine di verificare, già dalle prime fasi processuali, la fondatezza o meno delle allegazioni, affinché l’adozione dei provvedimenti, anche provvisori, non avvenga con formule stereotipate, ma solo dopo aver accertato, anche solo a livello di fumus, se l’allegazione di violenza sia fondata o meno”. 

  Proseguendo in modo analitico incrociamo gli articoli della riforma che riguardano la violenza domestica con altri articoli presenti nella riforma, non riguardanti specificamente il campo della violenza. In questo modo daremo un quadro complessivo del campo d’intervento che si apre davanti a noi come consulenti, guardandolo dalla prospettiva di Protocollo Napoli che, lo ricordiamo, costituisce oggi l’unica procedura antesignana della riforma e che ne ha precorso le statuizioni.

 

  • La riforma Cartabia (D.lgs n. 149 del 10 ottobre 222, in vigore dal 1 marzo 2023) innanzitutto prefigura una corsia preferenziale per la trattazione dei procedimenti di affido in caso di violenza, ponendo come pietra miliare del nuovo corso del Codice di procedura civile il capo terzo, che disciplina le Disposizioni speciali, con una Sezione (I) interamente dedicata alle violenze domestiche o di genere (artt. 473 -bis. 40-46).

Capo III, Disposizioni speciali, Sezione I, della violenza domestica e di genere

Art. 473  -bis  .40    (Ambito di applicazione)   - Le disposizioni previste dalla presente sezione si applicano nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o dei figli minori”.

  • Dalla Relazione Illustrativa che accompagna la riforma, pubblicata sul supplemento straordinario della Gazzetta ufficiale n. 245 del 19 ottobre  22 leggiamo: “La scelta normativa intende sottolineare l’importanza che deve essere rivolta al contrasto a questa forma di violenza nell’ambito dei procedimenti disciplinati dal nuovo rito in materia di persone, minorenni e famiglie, creando una sorta di “corsia preferenziale” per tali giudizi, che dovranno avere una trattazione più rapida e connotata da specifiche modalità procedurali”. 

Proseguendo nella relazione illustrativa: “Inoltre, permetterà al giudice di attivare la “corsia preferenziale” riconosciuta per i procedimenti con allegazioni di violenza o di abuso, anche a prescindere dalla necessità di ricondurre le condotte allegate a specifiche ipotesi di reato, poiché il diverso ambito di accertamento proprio dei giudizi civili e minorili, rispetto a quelli penali, potrà far ritenere sussistenti ipotesi di violenza o di abuso rilevanti per la disciplina dell’affidamento dei minori o per l’accertamento dell’addebito della separazione, anche in presenza di cause di estinzione del reato (per esempio in presenza di prescrizioni) o in mancanza di condizioni di procedibilità (per esempio qualora si tratti di fatti perseguibili a querela di parte e i termini per la presentazione della querela siano spirati). È, infatti, di immediata evidenza come condotte violente, anche se non perseguibili penalmente, abbiano incidenza nei rapporti tra le parti, e debbano essere considerate per la valutazione delle domande di contenuto civilistico (addebito della separazione), ma soprattutto per la valutazione delle domande di affidamento dei minori, che presuppongono la valutazione della capacità genitoriale, in quanto un genitore violento con l’altro, non può essere considerato un buon genitore, avendo esposto i figli alla violenza assistita, e avendo veicolato un modello educativo distorto e che l’ordinamento ha il dovere di censurare”. 

  • L’istruttoria deve partire dalla valutazione di allegazioni di violenza, e s’intendono per allegazioni - oltre i provvedimenti giudiziari di percorsi in essere nel penale - anche le mere affermazioni della parte presenti anche nel ricorso. Dalla Relazione Illustrativa citata: “La scelta di applicare le disposizioni in esame in presenza di mere allegazioni di violenza o di abuso, intese come mera affermazione della parte di essere stata vittima di episodi di violenza domestica, di genere o di abuso, ovvero la mera allegazione che tali condotte siano state poste in essere in danno del figlio minore delle parti, ha la sua ragion d’essere sulla necessità di intercettare al suo primo manifestarsi la volontà della possibile vittima di violenza di superare quello che è noto come il ciclo della violenza. In particolare, in attuazione del principio di delega contenuto nella lett. b), del comma 23 , l. n. 201/2021, sarà sufficiente che anche solo in uno degli atti introduttivi (nel ricorso, sia quando proposto dalla parte, sia quando proposto dal pubblico ministero, ovvero nella comparsa di costituzione) siano presenti allegazioni di violenza di genere o domestica, o di abuso, per garantire una trattazione più rapida del procedimento, con attenzione anche nelle fasi preliminari del giudizio a compiere un rapido accertamento sulla fondatezza dell’allegazione”.
  • Ancora sulle allegazioni (artt. 473 - bis. 41 e 42).  “Al ricorso è allegata copia degli accertamenti svolti e dei verbali relativi all’assunzione di sommarie informazioni e di prove testimoniali, nonché dei provvedimenti relativi alle parti e al minore emessi dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità. Al fine di accertare le condotte allegate, può disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria”. 

Al secondo comma dell’articolo 473-bis. 42 troviamo : “Il giudice e i suoi ausiliari tutelano la sfera personale, la dignità e la personalità della vittima e ne garantiscono la sicurezza, anche evitando, se opportuno, la contemporanea presenza delle parti”. Quanto alla necessità di evitare contatti diretti, si afferma nella relazione illustrativa: “Il giudice potrà ricorrere all’udienza da remoto, ovvero a scansioni orarie della comparizione delle parti che, ferma la presenza dei difensori per assicurare la pienezza del contraddittorio, potranno evitare contatti diretti tra presunta vittima e presunto autore della condotta”. Nell’articolo successivo si vieta la mediazione in ottemperanza all’ art. 48 della Convenzione di Istanbul.

Art. 473-bis  .43    (Mediazione familiare) . “È fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva… nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa.  Il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze.”

  • Nell’Art. 473-bis .44,  sull’Istruttoria al  Comma 1), si legge: “Il giudice procede all’interrogatorio libero delle parti sui fatti allegati, avvalendosi se necessario di esperti o di altri ausiliari dotati di competenze specifiche in materia. Assume inoltre sommarie informazioni da persone informate dei fatti, può disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, e acquisisce atti e documenti presso gli uffici pubblici”. 

Al Comma 2):  “ Quando nomina un consulente tecnico d’ufficio, scelto tra quelli dotati di competenza in materia di violenza domestica e di genere, ovvero dispone indagini a cura dei servizi sociali, il giudice indica nel provvedimento la presenza di allegazioni di abusi o violenze, gli accertamenti da compiere e gli accorgimenti necessari a tutelare la vittima e i minori, anche evitando la contemporanea presenza delle parti”.

  • Nell’articolo successivo Art. 473 -bis  .45    (Ascolto del minore)  — “Il giudice procede personalmente e senza ritardo all’ascolto del minore secondo quanto previsto dagli articoli 473  -bis  .4 e 473  -bis  .5 che disegnano le modalità dell’ascolto  del giudice anche con l’ausilio di un consulente e con modalità video registrate. Nell’art. 473 bis. 6 (Rifiuto del minore a incontrare il genitore) si prospetta la necessità di un ascolto urgente del minore da parte del giudice in caso del rifiuto verso un genitore: “ Quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all’ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l’abbreviazione dei termini processuali”.

Sull’ascolto del minore, sulla sua natura particolare e diversa dall’ascolto del consulente abbiamo pronunce della Cassazione, e molte ordinanze rimarcano il valore dell’ascolto da parte del giudice del minore, il quale può così veicolare le proprie opinioni: “Atteso che l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio” (Cass. 13274/19; Cass. 11687/2013, Cass.19327/2015; Cass. 12957/2018;). In particolare, nella Cass. 19202 del 2014 è stato affermato che l'audizione è “una caratteristica strutturale del procedimento, diretta ad accertare le circostanze rilevanti al fine di determinare quale sia l'interesse del minore ed a raccoglierne opinioni e bisogni in merito alla vicenda in cui è coinvolto”. Lo strumento dell’audizione del minore è poi disciplinato dalla legge, agli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies del codice civile e, a livello internazionale, dall’art. 12, Convenzione di New York e dall’art. 6 della Convenzione di Strasburgo.

  • Art. 473  -bis  .46    (Provvedimenti del giudice): “Quando all’esito dell’istruzione, anche sommaria, ravvisa la fondatezza delle allegazioni, il giudice adotta i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore, tra cui quelli previsti dall’articolo 473  -bis  .70, e disciplina il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza”. In quest’articolo si esplicita la  massima tutela per donne vittime di violenza  con l’applicazione delle misure di protezione contro gli abusi familiari, con una durata massima di un anno, prorogabile solo per gravi motivi. 
  • Art. 473  -bis  .70    (Contenuto degli ordini di protezione)  — “Con il decreto di cui all’articolo 473  -bis  .69 il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dal beneficiario dell’ordine di protezione, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro o di salute. Il giudice può altresì disporre, ove occorra, l’intervento dei servizi sociali del territorio, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti, nonché il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante”.
  • Al di fuori della sezione dedicata alla violenza domestica e di genere, la riforma definisce anche le regole per la consulenza tecnica di ufficio nell’art. Art. 473  -bis  .25  (Consulenza tecnica d’ufficio) —   “Quando dispone consulenza tecnica d’ufficio, il giudice precisa l’oggetto dell’incarico e sceglie il consulente tra quelli dotati di specifica competenza in relazione all’accertamento e alle valutazioni da compiere. Nella consulenza psicologica le indagini e le valutazioni su caratteristiche e profili di personalità delle parti sono consentite nei limiti in cui hanno ad oggetto aspetti tali da incidere direttamente sulle capacità genitoriali, e sono fondate su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica. Nella relazione il consulente tiene distinti i fatti osservati direttamente, le dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi e le valutazioni da lui formulate. La relazione indica altresì le metodologie e i protocolli seguiti, nonché eventuali specifiche proposte di intervento a sostegno del nucleo familiare e del minore”.

La Relazione Illustrativa (pag. 75) a questo riguardo è ancora più specifica e, per quanto concerne le metodologie non riconosciute, fa riferimento espressamente alla sindrome di alienazione parentale (cfr. sul punto Cass., sent. n. 7041, del 20 marzo 2013; Cass., ord. N. 13217, del 17 maggio 2021, Cass., ord. N. 9691 del 24 marzo 2022).

  • Infine, sull’intervento coattivo nei confronti del minore, esso non è in alcun modo previsto nel capo III dove si fa riferimento solo agli ordini di tutela e protezione di donne e minori, ma in via generale nel corpo della riforma esso è per tutti limitato a casi indispensabili: Art. 473  -bis  .38 — (Attuazione dei provvedimenti sull’affidamento)  comma 2 “Il giudice può autorizzare l’uso della forza pubblica, con provvedimento motivato, soltanto se assolutamente indispensabile e avendo riguardo alla preminente tutela della salute psicofisica del minore. L’intervento è posto in essere sotto la vigilanza del giudice e con l’ausilio di personale specializzato, anche sociale e sanitario, il quale adotta ogni cautela richiesta dalle circostanze”. 

A conclusione dell’excursus sui nuovi articoli di legge, rileviamo che l’istruttoria diviene il campo nel procedimento civile in cui è possibile d’ora in poi parlare della violenza domestica nell’ottica della competenza genitoriale, superando il punto di vista giudiziario strictu sensu della sua valutazione come reato, ovvero della garanzia per la presunta innocenza dell’autore fino al terzo grado di giudizio. 

Cade così in un sol colpo la possibilità, per i consulenti, di negare valore alla violenza interpretandola e trasformandola nel civile in dinamica puramente conflittuale - anche quando è riconosciuta, menzionata e narrata; la violenza domestica diviene principale indicatore di (in)competenza genitoriale che subentra al criterio dell’accesso (in cui è buon genitore chi favorisce il rapporto del figlio con l’altro genitore, quali che siano le circostanze in cui la relazione si configura nell’attualità), criterio sostenuto finora da una visione distorta del diritto alla bigenitorialità come diritto inderogabile e inviolabile. Le ultime sentenze hanno cooperato con la riforma dando un preciso orientamento su questa questione molto dibattuta nell’affermare che il cd. diritto alla bigenitorialità è un diritto recessivo rispetto all’interesse superiore del minore ( Cass. 21341/19; Cass. 9691/22; Cass.21425/22 e anche CEDU Causa I.M. e altri c. Italia, 2022).

Nella nuova normativa, oggi il consulente può entrare nel procedimento in due possibili vesti diverse: come consulente del giudice nelle prime fasi di accertamento, nel colloquio con la donna, con il minore (Art. 473  -bis  .44 ); e/o come consulente tecnico di ufficio (Art. 473  -bis. 25) per valutare specifiche questioni che il giudice,  dopo la prima fase di accertamenti da cui dipendono i primi provvedimenti, ha bisogno di approfondire (ad esempio il sempre ignorato maltrattamento assistito, o anche le più rituali competenze genitoriali in un’ottica diversa dalla precedente dove le allegazioni di violenza, non più rimosse, sono riconosciute come elementi di base della valutazione) .

2.  Convergenze tra Protocollo Napoli e la riforma Cartabia

Il primo elemento fondativo della riforma che rivela una convergenza con Protocollo Napoli è l’aver creato un percorso specifico e differenziale all’interno del codice civile per raccogliere le istanze delle donne vittime di violenza. La stessa cosa era stata fatta, nel 2019, da Protocollo Napoli quando aveva teorizzato e aperto uno spazio autonomo alla valutazione consulenziale in caso di violenza. La metodologia di Protocollo Napoli, validata da anni di esperienza anche sul campo, è oggi quella più favorevole a incrociare e accompagnare i nuovi portati della riforma, potendo offrire al nuovo punto di vista legislativo strumenti e tecniche psicologiche che interpretano correttamente la violenza domestica e di genere. 

Si elencano di seguito i punti specifici di convergenza tra le indicazioni contenute nel documento Protocollo Napoli e gli articoli della riforma, così come essi emergono dalla loro lettura:

  1. importanza dell’istruttoria per porre/approfondire  il discrimen tra conflittualità e violenza;
  2. recessività del diritto alla bigenitorialità rispetto al best interest del minore in caso di genitore violento; 
  3. divieto di compresenza dei genitori nei procedimenti giudiziari e di consulenza e divieto di mediazione nei casi in cui siano presenti allegazioni di violenza, loro menzione e narrazione da parte delle vittime;
  4. centralità dell’ascolto diretto del minore, in primis da parte del giudice; 
  5. ricorso alle CTU/CT di approfondimento della situazione di  violenza differenziata dal conflitto e analisi delle misure più appropriate in caso di violenza.

In particolare nell’ambito della consulenza, non è possibile il ricorso:

  • al costrutto ascientifico PAS/alienazione parentale e a costrutti similari, come madre simbiotica ed alienante, che negano la violenza domestica e assistita e contestualmente ignorano l’orientamento della madre alla tutela; 
  • al criterio dell’accesso per la valutazione della competenza genitoriale e a metodologie discendenti dall’affermazione pregiudiziale della bigenitorialità. 
  1. Individuazione di misure di affido genitoriale rispettose dell’articolo 31 della Convenzione di Istanbul, che prevede il mantenimento del rapporto tra madre/vittima e figlio, vittima del maltrattamento assistito correlato; con la possibilità per la madre, in caso fosse necessario e richiesto da lei, di avere adeguati sostegni, ma senza ipotesi di allontanamento della madre/ vittima dal figlio (dalla Relazione Illustrativa, pag. 75 : “Il fine è quello di assicurare tutela alla vittima, già dall’emissione dei primi provvedimenti, in particolare fare in modo che la disciplina dell’affidamento dei figli minori o la regolamentazione del regime di frequentazione dei minori, rispetti quanto previsto dal richiamato art. 31 della Convenzione di Istanbul. La norma precisa che ogni provvedimento dovrà assicurare piena tutela alle vittime anche con l’intervento dei servizi socio assistenziali e sanitari, e con adeguata disciplina del diritto di visita tale da non compromettere la sicurezza delle vittime stesse (per esempio prevedendo visite protette, ovvero nei casi meno gravi evitando contatti diretti tra vittima e autore della violenza prevedendo che i minori vengano prelevati e ricondotti nell’abitazione della vittima della violenza non dal presunto autore della stessa ma da altri soggetti -parenti, operatori dei servizi- ovvero prevedendo che il prelievo dei minori e il loro accompagnamento avvenga presso l’istituto scolastico)”.
  2. Delineare per le consulenze  quesiti che siano compatibili con la condizione di violenza subita e/o assistita, nel rispetto della Convenzione di Istanbul, superando i modelli inappropriati a disegnare i contorni della violenza; tra questi, in primis quelli centrati sulla competenza dei genitori basata sul criterio dell’accesso che, sostenendo la bigenitorialità ad ogni costo, premia il genitore violento e espone a gravi danni i bambini.  

In allegato l'articolo integrale con di note


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