Letteratura  -  Redazione P&D  -  12/02/2024

Ina racconta - Paolo Cendon

“Una cosa bella ce l’ho, - prima frase di Ina, nel bosco in cui erano entrati, un’ora dopo, sul fianco destro del castello, - è di essere stata concepita nell’amore. Non tutto è andato come doveva poi; all’inizio però era così”.

Pausa di un attimo: “E mentre venivo alla luce quel sentimento esisteva ancora”.

  Fra sé e sé: “Racconterò meglio questa storia, un giorno o l’altro; in un libro”.

Finita la cena il professore aveva proposto una passeggiata: “Dieci minuti, nel parco”, si erano incamminati un po’    svogliatamente, lui le dava la destra.

“Potrei cominciare da mio padre”; era un sentiero di terra battuta. Luce fioca dai lampioncini, scomparso ogni riflesso del tramonto: “L’ultima volta che l’ho visto avevo sette anni”.

 “L’uomo più bello mai incontrato, - parlava ora di seguito, - tutte le bambine dicono così, nel mio caso è vero però. Viso sottile, guance magre papà; pallido, occhi dolci e intensi. Manlio si chiamava: scultore, lavorava anche la pelle, fabbricava borse e cinture. Suonava la fisarmonica, se ne intendeva di tutto; beveva ogni tanto, meno i primi anni”.

 Si era levato un venticello, arrivavano fruscii dalle chiome. Ina parlava a bassa voce, sembrava costarle ogni frase.

“Era un vagabondo, ligure d’origine, Ursini il cognome; come me appunto. Per un po’ di tempo aveva frequentato Brera, mollando al terz’anno; con un suo amico avevano aperto un negozietto artigianale poi, a Gambiate”.

Qualche fiocco lanuginoso volteggiava, residuo di pioppi.

“Anche mia madre era bella, quasi come lui. Originaria delle Marche, Laura di nome; Miss Appennini a diciott’anni, era capitata a Milano a trovare un’amica, conosciuta in vacanza. Non andava d’accordo coi suoi, aveva deciso di fermarsi al nord; impiegandosi in un supermercato. Una catena che l’aveva poi spostata a Gambiate. Lì, comperando una cintura per strada, aveva conosciuto un giorno Manlio. Capelli castani mossi, la mamma, piena di vita, femminile; papà si era innamorato di lei in due giorni, a lei erano bastati cinque minuti”.

 




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