-  Bernicchi Francesco Maria  -  27/10/2014

INDENNIZZO PER DURATA IRRAGIONEVOLE DEL PROCESSO ANCHE AL SOCCOMBENTE - Corte Cost. 240/14 - F.M. BERNICCHI

Si prende in esame una recentissima ordinanza della Corte Costituzionale n. 240 depositata in data 22 ottobre, con la quale i Giudici hanno ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell"art. 2-bis, comma 3, legge n. 89/2001 ("Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell"articolo 375 c.p.c."), sollevata, in riferimento all"art. 117, comma 1, Cost., dalla Corte d"appello di Reggio Calabria.

Il fatto, in breve: a parere del giudice a quo "la misura secondo cui l"indennizzo "non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice" violerebbe il parametro invocato «nella parte in cui limita la misura dell"indennizzo (liquidabile in favore della parte che abbia subito un danno per la durata irragionevole del processo presupposto) al "valore del diritto accertato" senza alcuna ulteriore specificazione o limite, comportando in tal modo l"impossibilità di liquidare in alcuna misura un"equa riparazione in favore della parte che, nel processo presupposto, sia risultata interamente soccombente".

In sostanza, dunque, il testo di legge parrebbe impedire il risarcimento del danno a favore della parte soccombente.

Tuttavia la Corte Costituzionale non fa altro che ribadire sue decisioni precedenti (n. 204 e n. 124 del 2014) con cui aveva già dichiarato la manifesta infondatezza di un"identica questione di legittimità costituzionale, «sul rilievo dell"erroneità del presupposto interpretativo assunto a fondamento della stessa, atteso che il comma 3 dell"art. 2-bis della legge n. 89/2001», nella parte in cui prevede che la misura dell"indennizzo liquidabile a titolo di equa riparazione «non può in ogni caso essere superiore […] al valore del diritto accertato dal giudice», deve essere inteso nel senso che si riferisce ai soli casi in cui questi accerti l"esistenza del diritto fatto valere in giudizio dall"attore, il cui valore accertato «costituisce un dato oggettivo, che non muta in ragione della posizione che la parte che chiede l"indennizzo aveva nel processo presupposto», con la conseguenza che detta censurata disposizione, contrariamente a quanto ritenuto dai rimettenti, non comporta l"impossibilità di liquidare un indennizzo a titolo di equa riparazione della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, in favore di chi, attore o convenuto, sia risultato, nello stesso, soccombente.

Con ciò, quindi, si fa salva l"indennizzabilità della parte soccombente nel giudizio di cui alla Legge Pinto, salvando la medesima legge da un"eventuale censura anche a livello europeo.




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