Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  17/06/2024

Interdizione per un’anziana ricoverata in via definitiva in una RSA - Tribunale di Savona, Sentenza del 20.5.2024 - Elisabetta Soavi

Il Tribunale di Savona, con la sentenza oggetto del presente commento, in accoglimento del ricorso promosso da alcuni congiunti, ha dichiarato l’apertura dell’interdizione nei confronti di un’anziana.

Si sono costituiti in causa altri parenti dell’interdicenda che hanno chiesto il rigetto della domanda per la mancanza dei presupposti legittimanti l’apertura dell’istituto della tutela e hanno evidenziato come l’assistenza nella cura e nella gestione patrimoniale potrebbe essere soddisfatta dai parenti che già vi provvedevano e, a tutto voler concedere, la misura dell’amministrazione di sostegno si adatterebbe meglio al caso di specie.

In particolare, dalla documentazione sanitaria richiamata in sentenza, è emerso che, a seguito di un “aneurisma sacciforme con esiti cognitivi e neurologici (lieve emiparesi sinistra)” la paziente, dopo un periodo di ricovero in ospedale, ha fatto ingresso definitivo in una RSA; contrariamente a quanto indicato dal consulente di parte nominato dai ricorrenti, che ha evidenziato una “grave compromissione cognitiva, con deficit a carico di tutte le funzioni superiori”, il medico neurologo interpellato dalle controparti ha concluso nel senso che la “paziente vigile, disorientata nel tempo e nello spazio, sufficientemente collaborante, malgrado discreto rallentamento psicomotorio…assai ridotte le autonomia nelle attività quotidiane (ADL=1/6, IADL=1/8)…declino cognitivo di grado moderato…residua limitata facoltà cognitiva con solo parziale capacità di intendere e di volere”. Nonostante tali parziali diverse valutazioni riportate dal consulente dei ricorrenti e dal medico neurologo delle parti resistenti, il Collegio non ha ritenuto necessario nominare un consulente tecnico d’ufficio per formare il proprio libero convincimento.

Il Tribunale di Savona ha accolto il ricorso, pronunciando l’interdizione dell’anziana donna con una motivazione che si incentra sull’esclusiva adeguatezza di tale istituto nel “prendersi cura del tutelato, reperire un'adeguata collocazione (art. 371 c.c.) e individuare modalità di assistenza (c.d. progetto personalizzato) coinvolgendo il tutelato ma anche contro la volontà del soggetto”. Tale sostituzione integrale del tutore alla persona interdetta garantirebbe una forma privilegiata di tutela, l’unica in grado di fornire un’assistenza completa, compresa la possibilità per il rappresentante di esprimere il consenso informato, o negarlo, per i trattamenti sanitari che si dovessero rendere necessari.

Il Tribunale ha pertanto ritenuto inadatta e inadeguata la misura dell’amministrazione di sostegno nel rilievo che solamente una pronuncia d’interdizione garantirebbe un quid pluris di protezione in termini di assistenza, cura e gestione patrimoniale.

Senza entrare nel merito della vicenda, di cui non si conoscono gli atti del procedimento, non si possono tacere alcuni elementi che caratterizzano l’amministrazione di sostegno quale misura in grado di meglio adattarsi alla situazione di difficoltà in cui si trova la persona. Innanzitutto per l’art. 1 della Legge del 9 gennaio 2004 n. 6 la finalità della misura in questione è quella di “tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”. Detta norma, inspiegabilmente non trasfusa nel codice civile, trova la propria conferma codicistica nell’art. 404 c.c. che si riferisce a “infermità ovvero menomazione fisica o psichica...anche parziale o temporanea”; pertanto vengono ricomprese nell’ambito di applicazione della misura non solo le infermità e le menomazioni psichiche temporanee o parziali e perciò non possono essere escluse dalla fattispecie astratta inquadrabile nell’amministrazione di sostegno le situazioni di soggetti portatori di infermità di mente abituale o di totale menomazione o di assoluta carenza di autonomia.

Altro argomento su cui i Giudici del Tribunale ligure hanno posto l’attenzione, è la rappresentanza integrale nella gestione degli interessi dell’assistito che secondo la decisione in commento solamente l’istituto dell’interdizione potrebbe garantire.

Tuttavia, sempre in tema di amministrazione di sostegno, è bene ricordare che il decreto di apertura della misura consente di adattare i poteri e doveri dell’amministratore nominato alla situazione del caso concreto. Così come è possibile prevedere una forma di tutela che consente solo un’assistenza dell’amministratore di sostegno nei confronti del beneficiario per il compimento degli atti di natura straordinaria, è altresì consentito, in presenza di casi di accertata infermità e totale menomazione o carenza di autonomia, l’esercizio di poteri in rappresentanza del beneficiario. Tale possibilità è espressamente disciplinata dall’art. 405 c. 5 n. 3 c.c. nella parte in cui dispone che il decreto di nomina di amministratore di sostegno deve contenere l’indicazione “dell'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario”.

Non si potrebbe nemmeno ravvisare un’inadeguatezza della misura dell’amministrazione di sostegno qualora venga in considerazione un diniego dell’interessato ad una sua collocazione protetta o ad esprimere un consenso informato per alcuni trattamenti medici invasivi. Anche l’amministratore di sostegno può garantire una tutela rapida ed efficace nel caso in cui si presenti la necessità di una sua rappresentanza nei confronti del beneficiario per assumere decisioni che concernono l’ambito sanitario.

Ciò trova conferma nella disposizione normativa di cui all’art. 3 c. 4 della Legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” secondo cui: “Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere”.

Il rifiuto da parte del beneficiario di sottoporsi ad un determinato trattamento sanitario indicato dal personale medico, non può scoraggiare l’adozione della misura dell’amministrazione di sostegno poiché, in tal caso, si dovrebbe rivolgere un’istanza al Giudice Tutelare per rappresentare il conflitto di volontà e le soluzioni praticabili nell’esclusivo interesse del beneficiario; secondo quanto viene previsto dal successivo comma 5 della stessa norma sopra citata, “nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all'articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria”.

Da ultimo, il successivo art. 5 c. 4 della Legge n. 219/2017 valorizza ancora una volta il ruolo dell’amministratore di sostegno in tema di disposizioni anticipate di trattamento. Qualora, “le DAT non contengano l'indicazione del fiduciario o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace, le DAT mantengono efficacia in merito alle volontà del disponente. In caso di necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi del capo I del titolo XII del libro I del codice civile”.

L’orientamento consolidato della giurisprudenza di merito ha confermato quanto statuito fin dall’inizio dal Tribunale di Pinerolo in data 4 novembre 2004  secondo cui  “l'amministrazione di sostegno è una forma di tutela ampia (non meramente patrimoniale ma comprendente anche la cura della persona), propositiva e non interdittiva, espansiva e non inibitoria, personalizzata, modulabile e non standardizzata, frutto di una concezione dei diritti delle fasce deboli della popolazione veramente conforme ai fini costituzionali di promozione del pieno sviluppo della persona umana”.

La ratio dell'amministrazione di sostegno è quello di offrire uno strumento di assistenza che sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire del soggetto e il suo ambito di applicazione, rispetto all'interdizione e all'inabilitazione e va individuato con riguardo non già al meno intenso grado di incapacità del soggetto, bensì alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze concrete del medesimo.


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