Pubblica amministrazione  -  Gabriele Gentilini  -  14/04/2024

La portata interpretativa dei chiarimenti in una procedura di gara per l'aggiudicazione e l'affidamento di un contratto pubblico di appalto

Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione nell’adunanza del 20 marzo 2024 è tornata a deliberare sulla tematica in oggetto con provvedimento nr. 147.

Ne è emersa la massima secondo cui in caso di modifiche significative ai documenti di gara, tali da incidere sulla platea degli operatori economici potenzialmente interessati a partecipare alla procedura o da modificare l’esito della gara, la stazione appaltante è tenuta alla ripubblicazione degli atti di gara e alla riapertura di tutti i termini previsti dalla lex specialis per la partecipazione.

L'Autorità rammenta che con delibera n. 5 dell’11 gennaio 2023, sebbene relativa alla normativa previgente ma ancora attuale rispetto al nuovo quadro normativo di cui al d.lgs. n. 36/2023, aveva già precisato che: "in presenza di modifiche significative ai documenti di gara l’art. 79, comma 3, lett. b) del d.lgs. 50/2016 prevede l’obbligo per le Stazioni appaltanti di prorogare i termini per la ricezione delle offerte, in modo che gli operatori economici interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie alla preparazione delle offerte. Le modifiche «sostanziali» sono quelle in grado di incidere sui
requisiti rilevanti ai fini della partecipazione alla procedura di gara in modo tale da determinare (anche solo potenzialmente) un ampliamento della platea dei soggetti interessati all’affidamento dell’appalto.
[…] In presenza di modifiche sostanziali, opera il cd. principio del ‘‘contrarius actus’’, in forza del quale dette modifiche devono avvenire con le stesse forme di pubblicità osservate in precedenza dalla Stazione appaltante per la pubblicazione del bando di gara. Peraltro, la giurisprudenza richiede, ai fini della legittimità della procedura, una riapertura dei termini per la presentazione delle offerte, non essendo sufficiente una mera proroga del termine originario, al fine di evitare discriminazioni partecipative e distorsioni della concorrenza, in violazione del principio fondamentale di tutte le procedure concorsuali consistente nella tutela della par condicio. La riapertura dei termini va intesa non solo come slittamento del termine per la presentazione delle offerte ma anche come automatica riapertura degli altri termini eventualmente previsti dalla lex specialis (es. il termine per effettuare il sopralluogo)» (cfr. Tar Veneto n. 940/2018 e la giurisprudenza ivi richiamata ".

Il testo della delibera richiama inoltre il fatto che " per giurisprudenza pacifica, confermata anche dall’Autorità (cfr. in tal senso ANAC, delibera n. n. 5 dell’11 gennaio 2023 e n. 53 dell’8 febbraio 2023), i chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso di una gara d’appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire integrazione o rettifica della lex specialis di gara (cfr., da ultimo, Cons. giust. amm. Sicilia, ottobre 2021, n. 841; 20 settembre 2021, n. 806, che richiama un'ampia giurisprudenza).   I chiarimenti
della stazione appaltante sono ammissibili solo se contribuiscono, con un'operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato, ma non quando, proprio mediante l'attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione della lex specialis un significato ed una portata diversa o maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all'art. 97 Cost. (cfr. Cons. Stato, IV, 15 dicembre 2020, n. 8031, che richiama anch'essa a corredo una vasta giurisprudenza). Anche l’errore materiale non
è emendabile con lo strumento dei chiarimenti, in quanto, secondo la giurisprudenza, «l’errore materiale o l’omissione commessa nella lex specialis richiede una apposita rettifica del bando e del disciplinare da parte della stazione appaltante fatta con le stesse forme di detti atti e non già con un semplice chiarimento del responsabile unico del procedimento» (TAR Lazio, Sez. III Quater, 6 dicembre 2018 n. 11828; Cons. Stato, Sez. V, 8 novembre 2017, n. 5162; Cons. Stato, III, 10 maggio 2017, n. 2172, 3 aprile 2017, n. 1527, 26 agosto 2016, n. 3708; V, 23 settembre 2015, n. 4441, 28 maggio 2015, n. 2671, 8
aprile 2014, n. 1666). In difetto di ciò non è consentito nemmeno all'amministrazione aggiudicatrice o alla Commissione di gara di disapplicare o riformare le disposizioni della lex specialis. Costituisce, infatti, ius receptum il principio in base al quale le regole stabilite discrezionalmente dalla stazione appaltante negli atti di gara (bando, disciplinare ed allegati) vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa Amministrazione, tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che: a) ne è impedita la successiva disapplicazione; b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni (v. Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1604; Cons. Stato, sez. III, 5 novembre 2019 n. 7595; Id., sez. V, 17 luglio 2017, n. 3502; Delibera ANAC n. 226 del 4 marzo 2020; Delibera Anac n. 1084 del 21 novembre 2018). Le regole poste nell’avviso di gara costituiscono, infatti, la garanzia dei principi di trasparenza, imparzialità e parità di trattamento; ".

E' consolidato il criterio ermeneutico secondo cui nelle gare d'appalto vige il principio interpretativo che vuole privilegiata, a tutela dell'affidamento delle imprese, l'interpretazione letterale del testo della lex specialis, dalla quale è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza (occorre infatti evitare che il procedimento ermeneutico conduca all'integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale) e che l'interpretazione della lex specialis soggiace, come per tutti gli atti amministrativi, alle stesse regole stabilite per i contratti dagli articoli 1362 e ss. c.c., tra le quali assume carattere preminente quella
collegata all'interpretazione letterale.

A tal proposito si riporta la Relazione al Codice Civile (Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942).

624 La direttiva su cui, secondo il nuovo codice, deve orientarsi un'interpretazione intesa a comporre l'eventuale conflitto fra le opposte volontà non è data dalla considerazione dell'intento individuale di ciascuna parte, che la buona fede dell'altra parte può non avere apprezzato, né esclusivamente dal senso letterale delle parole usate, atteso che non vige il sistema del formalismo, ma dal comune intento pratico delle parti contrattuali (art. 1352 del c.c., primo comma).
Ma rimane a vedere con quale strumento e secondo quale criterio debba essere ricostruito e determinato questo comune intento. Lo strumento più attendibile deve essere costituito, nella cornice delle circostanze, dall'intero comportamento reciprocamente tenuto dai contraenti (art. 1362 del c.c., secondo comma); ed è nella interpretazione di questo comportamento che deve servire di guida al giudice quei criterio della buona fede nell'orbita dell'ordinamento corporativo al quale si è già accennato (n. 623). Alle proposte e alle dichiarazioni di ciascuna si dovrà cioè attribuire non già il significato soggettivo cui esse vennero, di fatto, intese dalla medesima o dalla controparte secondo una sua accidentale impressione, ma il significato oggettivo in cui la parte accettante poteva e doveva ragionevolmente intenderle secondo le regole della buona fede; significato questo, che è il solo normalmente riconoscibile e sul quale pertanto l'accettante deve poter fare sicuro assegnamento. Solo così il legittimo affidamento fondato sul comune significato delle dichiarazioni trova nell'interpretazione una tutela efficace. E ciò contribuisce in pari tempo a educare nelle parti il senso della responsabilità, giacché il criterio oggettivo dell'interpretazione le sprona a formulare con chiarezza le proposte e le clausole contrattuali cui hanno interesse. Siffatto criterio obiettivo chiarisce quale è il limite entro cui può farsi ricorso ad una indagine condotta sul senso letterale delle parole usate.
Al riguardo l'art. 1362 usa una formula che dirime il dubbio sorto in relazione al codice del 1865 su una pretesa antitesi tra il principio fissato nell'art. 1131 di esso e quello contenuto nell'art. 3, primo comma, delle sue preleggi: si pongono sullo stesso piano la lettera del contratto e l'intento dei contraenti, come sullo stesso piano sono poeti la lettera della legge e l'intenzione del legislatore. E a questo punto è d'uopo avvertire che la ricerca del significato letterale delle parole deve farsi, quando queste hanno due sensi, intendendole secondo ciò che è più conforme alla natura e all'oggetto del contratto (art. 1369 del c.c.); così resta meglio precisato il concetto di materia del contratto a cui rinviava l'art. 1133 del codice abrogato, dando luogo a non pochi dubbi. Si aggiunga che, implicando la ricerca del reale intento delle parti una valutazione d'insieme del loro contegno, il materiale d'interpretazione che occorrerà utilizzare per tale indagine è ben più vasto della sola formula finale del contratto; infatti, a tutela dell'affidamento riposto da ciascuna parte sul significato della dichiarazione dell'altra, si attribuisca valore interpretative anche al materiale post-contrattuale, nel senso che debba aversi riguardo altresì all'esecuzione concordemente intrapresa dalle parti (art. 1362, secondo comma).
Attiene alla precisazione del reale intento delle parti anche la norma dell'art. 1342 del c.c., primo comma, per cui nel caso di contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, prevalgono le clausole aggiunte su quelle predisposte ove tra le une e le altre si possa riscontrare incompatibilità.
Nel livello giurisprudenziale, tra le varie, prendiamo in considerazione quanto enunciato nella Cassazione civile, ordinanza n. 32786 del 8 novembre 2022 secondo cui: " A norma dell'art. 1362 c.c., il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un'espressione "prima facie" chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l'interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione delle parti e quindi di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime. 
Di certo occorrerebbe un maggiore approfondimento della materia proprio in considerazione del fatto che nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Dunque l'interpretazione letterale è solo una parte ma non l'unica, rilevando anche il comportamento delle parti sia prima che dopo la conclusione del contratto.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film


Articoli correlati