Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  01/05/2023

Lecco, processo alle Iene e al badante di Gilardi con l'accusa di diffamazione a danno dell'avv. Barra che ricostruisce i fatti

E' ripreso quest'oggi il procedimento per diffamazione aggravata a danno dell'avvocato Elena Barra che vede come imputati Brahim El Mazoury, ex badante di Carlo Gilardi, la "Iena" Nina Palmieri e l'autrice televisiva Carlotta Bizzarri.

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In aula davanti al giudice Gianluca Piantadosi, pubblica accusa Chiara Stoppioni, sotto l'occhio delle telecamere della trasmissione, cui sono state concesse le videoriprese previa autorizzazione degli interessati, l'avvocato della difesa Palmieri prima di procedere con il dibattimento ha sollevato al magistrato alcune questioni ritenute di particolare importanza. Ha chiesto, infatti, la possibilità di poter sentire il protagonista di tutta questa vicenda e dalla quale è generato anche questo procedimento, e cioè l'anziano professore Carlo Gilardi, oltre al Garante per i diritti delle persone detenute provate della libertà. Ritiratosi in camera di consiglio dopo aver acquisito i pareri delle restanti parti (diniego da parte dell'avvocato di parte civile Stefano Pelizzari e assenso delle restanti difese), il giudice ha deciso di ammettere all'esame l'ultranovantenne airunese, riservandosi però eventuali accertamenti, mentre ha respinto la richiesta di ammissione del Garante.

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Il legale lecchese ha così ripercorso le tappe della vicenda, iniziata con la sua nomina a amministratore di sostegno del professor Gilardi, avvenuta il 2 ottobre 2020, con giuramento prestato l'8 ottobre, a seguito della sostituzione del precedente amministratore che aveva lasciato dopo 15 giorni di incarico.

Consultando le relazioni dei servizi sociali, dei carabinieri e dei colleghi che l'avevano proceduta si era resa conto della situazione in cui versava l'anziano, proprietario di due case ad Airuno, una in via Pizzagalli Magno (in comproprietà con la sorella Giuseppina) e un'altra in via Cosma e Damiano, al Cerè, a suo titolo esclusivo e di una liquidità attorno ai 150mila euro.

L'immobile del Cerè, in particolare, si presentava in uno stato di assoluto degrado, con impianti carenti e privi di sicurezza, in condizioni igienico sanitarie carenti, con sporcizia e escrementi di animali ovunque, compreso il letto (un materasso adagiato a terra) dove il professore dormiva.

Per rientrare in possesso dell'utilizzo dei due beni, occupati da alcuni dei protagonisti extracee di questa vicenda si è dovuto attendere sino a dicembre 2021 e gennaio 2023, con sentenza del tribunale. 

Al momento del rilascio le condizioni degli stabili erano di degrado assoluto, discariche a cielo aperto in giardino, sporcizia, comuli di rifiuti, impianti non a norma all'interno.

Per descrivere il contesto in cui si è trovata ad operare nel rapporto con il signor Gilardi, persona benestante ma anche molto generosa, che si era circondato di diverse persone che gli chiedevano continue elargizioni di denaro, l'avvocato Barra ha anche raccontato alcuni aneddoti.

Come quello di uno degli occupanti della casa di via Pizzagalli Magno che, obbligato a lasciare da sentenza del tribunale, vi è poi ritornato devastando mobili, infissi, arredi.

Oppure il furto del timbro al giudice tutelare da parte dello stesso Gilardi che, vistosi negare somme di denaro da dare poi a chi gliene chiedeva, aveva domandato un prestito a un amico di poco meno di 20mila euro. Per restituirglieli, durante un colloquio con il giudice, aveva sottratto il timbro utilizzato poi per il documento da presentare in banca per ritirare la medesima somma. Documento che è subito risultato anomalo all'addetto della filiale e che ha visto Gilardi ammettere le sue "colpe" con una lettera di scuse al giudice e la restituzione del timbro.

Descrivendo il professore, la dottoressa Barra ne ha dipinto lo stile di vita improntato al francescanesimo più estremo, lungi dalle comodità e dai lussi, nonostante le sue condizioni economiche gli permettessero comunque di condurre una vita più che dignitosa. Rifiutava qualunque comfort, si era opposto anche l'idea della ristrutturazione del rustico del Cerè "che non diventi un immobile per voi cittadini con tutte le comodità a cui siete abituati".

"Non si limitava a vivere in modo spartano" ha spiegato "ma versava in condizioni di degrado e pericolo per la sua salute. La generosità lo portava a mettere il suo denaro a disposizione delle altre persone e di chi gli stava intorno. Si privava del necessario per mantenere uno stile di vita alla soglia della dignità".

La sua pensione di 1200 euro veniva prelevata e consegnata ad Brahim El Mazoury per acquistare il cibo per i suoi animali del Cerè. Lui finiva così per cibarsi di pane raffermo, di latte che comperava e che faceva durare per parecchio tempo, accontentandosi degli scarti di cibo che trovava o della marmellata che faceva con la frutta delle sue piante.

La situazione di precarietà e trascuratezza aveva portato anche i precedenti amministratori di sostegno a tentare di dare un'assistenza al domicilio che però Gilardi aveva sempre rifiutato.

Sottoposto a diverse perizie, per l'anziano (che rifiutava di scegliere il medico di medicina generale, non accettava i suoi limiti fisici, non voleva essere prigioniero a casa di amici che si erano detti disponibili a ospitarlo) era stata indicata la necessità di un sostegno con il ricovero in RSA, per una maggior tutela e viste anche le condizioni al domicilio che non permettevano una cura della sua persona in sicurezza.

Si era arrivati così a pochi giorni dalla nomina della Barra, con due ipotesi per il professore: il ricovero volontario in ospedale per una serie di accertamenti, finalizzati poi alla presa in carico temporanea in una RSA, oppure un ASO (accompagnamento sanitario obbligatorio) se lo stesso avesse rifiutato la proposta.

Il 27 ottobre, dunque, unitamente al collega di studio Andrea Fumagalli, a personale dell'Adda soccorso per il trasporto, al medico di base e ai carabinieri la dottoressa Barra raggiunge l'abitazione di Brivio in via Manzoni dove nel frattempo Gilardi aveva trasferito la residenza, presso la casa del badante, senza chiedere l'autorizzazione dell'amministratore di sostegno precedente.

Qui però non si trova nessuno se non una vicina che li avvisa che i due erano al Cerè. Mentre il gruppo si reca ad Airuno, il badante chiama lo studio dell'avvocato Barra e annuncia il ritorno a Brivio, a seguito di alcune commissioni.

L'incontro avviene in una salottino e qui El Mazoury avvisa l'anziano che sarebbe stato portato in un ricovero e che non avrebbe più visto i suoi animali. Gilardi allora inizia ad agitarsi e risponde che avrebbero dovuto mettergli le manette.

Mentre l'amministratrice tenta di calmarlo e di spiegargli che le condizioni al domicilio non sono in sicurezza, il badante fomenta il suo stato di agitazione fino a quando l'avvocato Fumagalli riesce a interloquire con il professore e a rasserenarlo. "Brahim tu non comprometterti, io vado poi vediamo" e sale in ambulanza.

"Fuori dalla porta ho consegnato a El Mazoury la lettera di licenziamento e poi sono andata a parlare con Gilardi che era seduto tranquillo sull'ambulanza, gli ho detto che saremmo andati al pronto soccorso e lui si è scusato per il disturbo. Sono rimasta con lui un'ora in ospedale ed era il Gilardi di sempre, tranquillo che mi ha raccontato tante cose di sé. Gli spiego del ricovero in RSA per la situazione di casa che non era consona alle condizioni di salute e alle persone che gli stavano attorno e lui ha acconsentito al ricovero per creare le condizioni per un successivo ritorno a casa. Non è stato oppositivo alla proposta".

Gilardi parte dunque per gli Airoldi e Muzzi di Lecco dove inizia la sua vita in comunità anche con gli altri ospiti. Partecipa alle attività, si fa promotore della lettura dei Promessi sposi, scrive poesie ascolta radio Maria, fa ginnastica. E non chiede di nessuno così come alcuno, sino a metà novembre, chiede di lui.

Dopo il primo servizio delle Iene (del professore portato, secondo il programma, in rsa contro la sua volontà), succede "il finimondo" ha spiegato al giudice la Barra, precisando di avere ricevuto solo in quel momento richieste di visita per Gilardi da parte dei cugini, di parlamentari, di esponenti politici locali e regionali, di manifestanti, attivisti, gruppi nati sui social.

"Ne parlo con Gilardi e lui resta mortificato e si arrabbia perchè lui si definisce l'uomo del nascondimento e non vuole pubblicità, si vergognava".

Le richieste di visita vengono acconsentite solo su suo assenso.

"Il 13 novembre in pausa pranzo vengo contattata da una collega del mio stesso palazzo che era stata scambiata per me, da una troupe delle Iene. Ho capito allora che erano sotto il mio studio" ha raccontato la dottoressa Barra introducendo così i fatti sui quali si incardina l'odierno processo di diffamazione. "Esco alle 16.30 con il collega Natali e vengo raggiunta da due donne che scopro poi essere le due imputate, Nina Palmieri che si presenta e Carlotta Bizzarri invece che non si qualifica.

Mi chiedono conto di Gilardi e spiego loro che sta bene ma che la situazione è delicata. Ma non possiamo saperlo da lui, dobbiamo accontentarci delle sue parole? Mi domandano e io gli rispondo che sì, devono accontentarsi di quello che gli dico io. A quel punto mi leggono un passaggio della CTU. Io e il collega saliamo in auto e le sento dire: Ecco questo è il silenzio delle istituzioni".

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Da quel giorno i servizi delle Iene si susseguono a ritmo serrato: viene mandata in onda la telefonata dei cugini con il professor Gilardi, si parla ripetutamente di un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) a cui sarebbe stato sottoposto Gilardi per essere portato contro la sua volontà in ricovero, viene letto uno stralcio dell'annotazione dei carabinieri, ci sono nuovi tentativi di contatto sia telefonico che di persona con l'avvocato Barra da parte delle Iene con tanto di "inseguimento" e viene data lettura di una lettera anonima di un dipendente che parla di segregazione di Gilardi nella Rsa. La versione che continua a pasare è quella di Gilardi sottoposto al TSO.

In tutto questo viene posto sotto la lente l'operato della dottoressa Elena Barra ponendo anche il quesito se "avrà fatto bene il suo lavoro?".

Un "accanimento" sulla stessa che ha generato il processo per diffamazione a suo danno e che vede ora appunto le due giornaliste e il badante imputati, per difendersi da questa accusa.

L'audizione sulle domande del pubblico ministero durata oltre tre ore e conclusasi dopo le 14, è proseguita con la voce data ai legali delle difese. I restanti testi (dottor Millul della Rsa, avvocati Natali e Fumagalli) sono stati rimandate alle prossime udienze, la prima in calendario per il 30 giugno.

 




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