-  Redazione P&D  -  03/02/2015

MATERNITÀ SURROGATA E ORDINE PUBBLICO INTERNAZIONALE: GERMANIA E ITALIA A CONFRONTO – Roberto DE FELICE

La sentenza della Corte federale tedesca del 14 dicembre 2014 identifica la fattispecie sotto il profilo fattuale. Una coppia gay, unita da un vincolo di Lebenspartnerschaft (che di per sé non consente loro l"adozione in base al diritto tedesco), si reca in California, dove stipula un ivi valido contratto di maternità surrogata, realizzato grazie alla donazione dell"ovocita (vietata in Germania) da donna rimasta anonima e al seme di uno dei partner; a gestazione iniziata avviene il riconoscimento della paternità e viene adita la competente Corte californiana, che dispone anche in base alle dichiarazioni rese al giudice dalla madre surrogata che il bambino sia figlio dei due genitori committenti. L"atto di nascita non viene però riconosciuto dal competente Ufficio di Stato Civile e dal giudice adito in I e II grado avverso detto diniego. La Corte Suprema Federale rovescia la decisione e decide nel merito.

La decisione è estremamente ponderata, e in particolare dà atto che le ragioni a base del divieto di maternità surrogata in Germania derivano dal timore della lesione della dignità umana delle donne interessate, oltre che dai rischi per il bambino, peraltro già connesso alla madre gestante da un legame del tutto particolare, psicologico e corporale. 

Tuttavia, piaccia o meno, una volta che il bambino sia nato, occorre considerare il medesimo come titolare di diritti fondamentali, tra cui quello all"identità che include il rispetto dello Stato civile riconosciutogli in modo legittimo (cfr gli arrets Labassée e Mennesson (1) della Corte Europea dei Diritti dell"Uomo). La necessità di rispettare l"art 3 della Convenzione ONU sui diritti del minore e quella di rispettare l"art 8 CEDU (come specificato dalle due citate decisioni) con riferimento allo statu di genitore acquisito all"estero dal Lebenspartner del partner biologico diviene prevalente se quel bambino nasce dal progetto di vita dei due partner, è geneticamente connesso a uno di essi e non alla madre surrogata, e soprattutto se questa lo abbia consegnato e non se ne occupi. Peraltro la costituzione di un rapporto genitoriale non genetico fuori dell"adozione sussiste tanto nel caso di fecondazione eterologa quanto nel caso di filiazione legittima e relativa presunzione, quanto nel caso di riconoscimento della paternità, casi nei quali la paternità biologica o è esclusa per definizione ovvero non viene accertata. Ma ancora più importante ed equivalente agli effetti pratici è la nascita riservata (da noi assolutamente equivalente alla omessa indicazione nell"atto di nascita di "donna che non voglia essere nominata", prelusiva a uno stato di adottabilità immediato(2).

Né – ad applicare il diritto tedesco(3)- conviene al minore che il padre non biologico si rivolga allo Stato di nascita per ivi realizzare un"adozione. Premesso che molti Stati americani non conoscono o non conoscono più l"unione civile, l"adozione sarebbe in conflitto con lo status di padre del padre ""sociale"" già accertato dal giudice, e tanto peggio sarebbe reclamare l"assistenza della madre surrogata, dato il suo disinteresse.

La decisione è invero equilibrata e differisce molto da precedenti italiani in puncto ( cfr Cass 24001/14 per cui la legge ucraina, che porta allo stesso risultato, è ciecamente ritenuta contraria all"ordine pubblico internazionale in nome del principio di struttura di diritto italiano che "" madre è colei che partorisce"". La Giustizia italiana (salvo alcune decisioni dei Tribunali dei Minori) così nell"interesse astratto dell"ordine pubblico sacrifica l"interesse concreto del minore, punendolo per le scelte dei genitori. Il che è inammissibile e attirerà presto qualche fulmen delle Corti Europee.

1.Nel caso deciso dalla sentenza 24001 due coniugi, cittadini italiani, avevano chiesto la trascrizione dell'atto di nascita di un bambino nato in Ucraina; tale atto di nascita era stato emesso con l'indicazione dei loro nomi quali genitori. La Corte di Cassazione dà atto che i due coniugi erano stati sottoposti a procedimento penale per il delitto di alterazione di stato e che la prova del DNA aveva escluso che il minore fosse figlio biologico anche solo di uno di essi. Di conseguenza il Tribunale dei minori, previo affidamento di quest'ultimo ai servizi sociali, aveva promosso una dichiarazione di adottabilità del bambino, all'esito della quale e della consulenza tecnica che aveva accertato che nemmeno il presunto padre era padre biologico del minore, aveva sospeso i due apparenti genitori dall'esercizio della potestà e dichiarato lo stato di adottabilità. Tanto, non solo per la palese violazione della legge Ucraina che esige sia che l"ovocita non appartenga alla madre surrogata, sia che il padre biologico sia il genitore surrogato(4). La Corte d'Appello aveva respinto, per gli stessi motivi, il gravame, aggiungendo, inoltre, che la surrogazione di maternità sarebbe stata in ogni caso contraria all'ordine pubblico internazionale richiamato dall'articolo 65 della legge 31 maggio 1995 numero 218, dato che la legge 40 del 2004 vieta, comminando una sanzione penale, la gestazione per conto terzi. La Suprema Corte ha correttamente respinto il ricorso per cassazione. L'interprete non si deve soffermare sulla decisione della primo motivo di ricorso, essendo evidente che l"apostille non conferisce validità all"atto sul quale è apposta. Anche il secondo motivo è stato correttamente deciso, in quanto non si può escludere in astratto l'operatività del limite dell'ordine pubblico internazionale per quanto concerne gli atti di nascita. Del tutto corretta la decisione sul quinto motivo in quanto la opacità del comportamento dei ricorrenti e comunque la palese violazione degli articoli 123 e 139 del codice ucraino della famiglia escludono che il certificato di nascita ucraino emesso a nome dei ricorrenti fosse valido. Ad avviso dell'interprete tali ragioni erano assorbenti e di per sé sufficienti a sorreggere la decisione.

2.La Corte Suprema, invece, pur nella correttezza complessiva della decisione, ha reso delle affermazioni degne di attenzione e, per quanto ci riguarda, criticabili, in ordine alla decisione del terzo e quarto motivo di ricorso. Il terzo motivo di ricorso lamenta che la decisione della Corte d'Appello sia motivata con il semplice richiamo al divieto di fecondazione eterologa e gestazione surrogata di cui alla legge 40 /2004. Il motivo, evidentemente, all'opposto di quanto la Corte d'appello e, prima ancora il Tribunale dei minori avevano correttamente dichiarato, omette di soffermarsi sulla assorbente nullità ai sensi della legge Ucraina dell"atto. Dunque, essendo tale atto invalido, non doveva essere applicato a priori nell'ordinamento italiano. La Suprema Corte, invece, affronta, non senza destare perplessità, l'analisi del principio dell'ordine pubblico internazionale. La circostanza che l'articolo 12, comma 6, della legge 40 del 2004, vieti la surrogazione di maternità, non pare assolutamente sufficiente a configurare come contrari all'ordine pubblico internazionale gli atti successivi al contratto di surrogazione maternità, come la registrazione dell"atto di nascita. Questo interprete condivide la parte della decisione che cita l"interesse superiore del minore, ma non per le ragioni esposte nella sentenza, con la quale sembra che la sezione prima abbia voluto sbarrare la strada a ogni e qualsiasi riconoscimento di atti legalmente compiuti ai sensi della legge straniera in ordine alla surrogazione di maternità. Molto semplicemente, è in contrasto con tale vitale superiore interesse la violazione della normativa sull'atto di nascita all"esito di gestazione surrogata, perché il rapporto di filiazione determinato in base a tale legge non può essere alterato (e qui non sussisteva nemmeno la prova che la gestante non fosse anche madre biologica del nato). Non regge, invece, la valutazione negativa. In questione è indifferente che la legge italiana attribuisca la maternità a colei che partorisce e quella ucraina no se l"ovulo è di un donatore anonimo o della stessa madre surrogata, e il seme del padre biologico e marito della madre surrogata; la Corte di Cassazione avrebbe dovuto comparare tale principio dell"ordinamento italiano, con il principio dell'ordinamento ucraino che, in circostanze del tutto diverse da quelle di causa, consente di saltare il passaggio della adozione per realizzare una genitorialità parzialmente disgiunta dalla filiazione biologica. Le riflessioni della Corte Suprema sono non solo semplicistiche ma errate. La legge italiana, anche in vigenza del divieto della fecondazione eterologa, ha escluso il legame genitoriale del donatore del seme o di un gamete (art 9 co 3 L 40/04), in questo modo svincolando la filiazione dal dato biologico per quanto riguarda il genitore il cui gamete è surrogato, e per questo dando rilievo all'accordo delle parti (chi offre il gamete, i genitori). Per di più la dottrina più autorevole, pur attribuendo la maternità alla gestante, ha ritenuto, in tempi non sospetti, che in caso di rifiuto della predetta di volersi occupare della bambino, la maternità potesse essere costituita in capo alla madre biologica. È dunque assolutamente errato che la più autorevole dottrina in materia abbia escluso la rilevanza della surrogazione eterologa. Nel caso di specie la madre non biologica, ove il padre del bambino fosse stato ai sensi della legge ucraina, suo padre biologico, avrebbe potuto chiederne l'adozione speciale ai sensi del diritto italiano. Invero, il giudice italiano, a fronte della alternativa tra l'applicazione del proprio ordinamento, che prevede di norma l'adozione internazionale, e quella dell'ordinamento ucraino, che consente una forma semplificata di adozione, purché la metà del patrimonio genetico del bambino appartenga al futuro padre e purché, circostanza che non è esaminata dalla Corte ( nemmeno per confutarla, eventualmente cassando con rinvio perché il giudice di merito esaminasse la presunzione che, in assenza di prova fornita dai ricorrenti, l"ovocita debba ritenersi della gestante stessa), l"ovocita non sia della gestante, ammette la formazione dell"atto di nascita al nome del genitori surrogati, avrebbe dovuto risolvere un normale conflitto di leggi.

3.Come abbiamo già sostenuto, proprio alla luce del prevalente interesse del minore, principio che è esso stesso parte dell"ordine pubblico internazionale e che non tollera compressioni nella soluzione di un conflitto di leggi, il giudice italiano deve operare il collegamento, e, a nostro avviso, ove fosse stato rispettato il disposto della legge Ucraina, dato il non contestato disinteresse della madre surrogata, il giudice italiano avrebbe dovuto applicare la legge ucraina per sottrarre il minore alla tragedia della dichiarazione dello stato di adottabilità, previa idonea certificazione di servizi sociali della idoneità della coppia. E" solo tale normativa che consente di evitare al nato, accudito dai genitori committenti, lo stato di abbandono in presenza di una coppia che se ne occupi. Né ad esso può opporsi la esistenza della proibizione della surrogacy nell"ordinamento italiano, ancorchè assistita da sanzione penale. E" incommentabile che la Corte preferisca che il nostro complicato sistema guridico prevalga nella astrattezza di una proibizione alla concreta tutela del minore, punendo il minore per l"offesa ai buoni costumi (un reato/peccato) dei genitori nella fase anteriore e separata della tecnica riproduttiva(5).

4.Peraltro, riteniamo che sia assolutamente convincente il seguente assunto: l"imputazione dei rapporti di filiazione è legata al concepimento naturale e non a quello artificiale. Valga il vero: se un uomo consegna un campione del proprio seme a una struttura sanitaria per esami di fertilità, e quel seme viene abusivamente usato per concepire centinaia di bambini, quell"uomo può essere considerato giuridicamente il loro padre? Si impone una conclusione negativa. Se la dottrina afferma che la madre gestante in surrogazione è la madre del nato, ancorchè non sia suo figlio biologico, non siamo in presenza, in tutti i casi di fecondazione artificiale, di una rilevanza della volontà (qui, di concepire, del padre biologico e committente, di condurre la gravidanza, della mère porteuse) dei soggetti coinvolti? Se la stessa dottrina ritiene che, ove la gestante non si voglia occupare del bambino, soccorra il diritto della madre committente e biologica, non stiamo tranquillamente applicando dei criteri di imputazione della paternità e maternità diversi da quelli codicistici, che non potevano riferirsi che a un concepimento naturale? Diamo infatti rilevanza ad atti, sicuramente non negoziali, ma volontari, dei soggetti coinvolti. Concordiamo invece, sulla inapplicabilità delle citate sentenze (6) della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, alla luce non già dei margini di apprezzamento discrezionale riconosciuti ai singoli Stati, quanto piuttosto in ragione del totale difetto di legittimazione dei ricorrenti ad allegare nel caso di specie, ai sensi della legge operante, il rapporto genitoriale: nei casi decisi dalla Corte Europea, in cui si era realizzata una surrogazione eterologa negli Stati Uniti, in conformità alle leggi locali, il marito era anche padre biologico del bambino, e la Corte ha affermato con estremo rigore che era il bambino non può soffrire una lesione dei diritti garantiti dalla Convenzione, non potendo reclamare lo stato genitoriale stato di filiazione nei confronti dei due genitori surrogati. La Corte di Cassazione francese, a differenza di quella italiana, si è adeguata(7) a quanto deciso dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. La semplice lettura della decisione suscita il dubbio che i supremi giudici non abbiano letto sino in fondo la decisione di Strasburgo, nella parte in cui consente al bambino, e quindi, al padre, suo legale rappresentante, di chiedere il riconoscimento di tale status.

5.Il quarto motivo di ricorso, altresì, è stato deciso su considerazioni extravaganti (8): i ricorrenti avevano eccepito il difetto di legittimazione attiva del pubblico ministero all'azione di contestazione di legittimità. Tuttavia il pubblico ministero minorile non ha proposto alcuna azione di contestazione di legittimità, perché lo stato di figlio non si era costituito. Aveva, più semplicemente, richiesto lo stato di adottabilità del piccolo. Invece di limitarsi a liquidare il quarto motivo di ricorso con queste scarne considerazioni, la Corte di Cassazione ritiene di dovere ritornare a discorrere di ordine pubblico internazionale. E qui la corte nuovamente e illegittimamente ritiene che il certificato di nascita sia contraria all'ordine pubblico internazionale quando quella deduzione non è assolutamente consentita, in quanto l'atto è invalido al fine in entrambi gli ordinamenti; il problema dell'ordine pubblico internazionale si pone soltanto quando un atto valido in un ordinamento debba essere trasposto in altro ordinamento. La Corte, quasi volendo ammonire chiunque osi ricorrere alla fecondazione da surrogazione di maternità, beninteso legalmente, in Ucraina, ritiene che la legge Ucraina sarebbe anch'essa contraria all'ordine pubblico internazionale. Abbiamo già osservato che la nostra esistenza di una norma, peraltro molto ideologica, che vieta la surrogazione di maternità nell'ordinamento italiano non implica che il bambino non debba avere uno stato civile, se tale surrogazione è stata attuata a norma di una legge straniera, e se la madre surrogante non si occupa del bambino ed esegue il contratto di surrogazione, e se i due genitori sono idonei. Il reato ex art 12 co 6 L 40/04 non riguarda che la modalità della nascita (9), e in particolare il nato non ne è persona offesa. Ben altro è il caso del delitto di alterazione di stato ex 567 cp, qui probabilmente consumato in ragione della aperta violazione della pertinente legge ucraina. E" questo il reato che tutela l"identità personale del bambino. E solo in questo caso, ipotizzando un ordinamento che consentisse la trasferibilità del rapporto di filiazione dalla madre gestante a quella surrogata in assenza di una valutazione di interessi (esistenza di un rapporto di coniugio e di una famiglia, paternità biologica del marito, assenza di parentela biologica tra gestante e nato) che potremmo opporre l"ordine pubblico internazionale in virtù della natura delittuosa della condotta di falso di cui all"atto di nascita. Nel caso del reato p. e p. dall"art 12 co 6 L 40, cit., non si ha una alterazione di stato quando la coppia si rivolga a una gestante utilizzando il gamete di un"altra donna o di un altro uomo e la madre surrogante non eserciti il suo diritto, come rilevato dal Bianca, e possa rinunziare al legame di filiazione. Quanto detto riguarda, evidentemente il lato materno della filiazione; nel caso in cui si utilizzi il gamete della madre surrogata e quindi madre biologica e il seme del di lei partner, ovvero (art 9 co 3 L 40) seme e/o ovocita di terzi donatori il rapporto è certo anche per il lato paterno. Nel caso in cui siano due donne(10) a ricorrere alla procedura sussiste il reato ex art 12 L 40 ma valgono le stesse conclusioni quando l"ovocita sia di una delle due madri, mentre l"altra potrà adottare il bambino ex art 44 d) L. Ad. Identica conclusione va formulata nel caso dei due co-padri di cui uno sia il padre biologico, sempre nella rinunzia della surrogante ad occuparsi del nato. Tali opzioni sono possibili in Inghilterra e nel Galles, ma non in un Ucraina, dove si esige che la coppia sia eterosessuale e sposata. La Corte qui viola palesemente e direttamente il disposto delle due sentenze della corte di Strasburgo poco prima citate, che afferma categoricamente che il bambino nato da gestazione surrogata è non solo figlio del suo padre biologico, ma ha diritto al rispetto dello status filiationis creato da un atto di nascita straniero (evidentemente, legittimo) in conformità di tale legge. Diritto che, evidentemente potrà essere esercitato dal padre in occasione della registrazione in Italia di tale atto, agendo in qualità di suo rappresentante legale (11). Duole considerare che il rigetto tale motivo di ricorso non necessitasse assolutamente di così lunghe quanto errate argomentazioni. La parte qui criticata delle argomentazioni di una sentenza per il resto assolutamente corretta, sembra volere esprimere il principio "colpirne uno per educarne cento" riferito al noto e frequente ricorso di molte coppie, tra cui quelle omosessuali, all'istituto in questione, in Ucraina e dove altrimenti consentito. È per questa ragione che troviamo, da un punto di vista di politica del diritto e di corretta applicazione della poco conosciuta materia del diritto internazionale privato, la sentenza inaccettabile, soprattutto alla luce dell'adeguamento della Corte di Cassazione francese alle menzionate decisioni di Strasburgo. Non ci si può quindi che augurare un superamento di questo errato precedente.

Roberto De Felice

Avvocato dello Stato

In allegato il commento corredato di nore e la sentenza della Corte federale di Giustizia del 10 dicembre 2014, tradotta a cura del dott. de Felice





Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film