-  Claudia Carioti  -  27/02/2017

Rimessa alle Sezioni Unite una questione in tema di usura sopravvenuta: riflessioni al confine tra Diritto Civile e Diritto Penale. - Claudia Carioti

Con ordinanza interlocutoria in data 31/01/2017 n. 2484 la Sezione Prima Civile della Suprema Corte ha rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se, ai fini della configurabilità dell"usura, il momento determinante sia solo quello della pattuizione negoziale ovvero rilevi anche la circostanza che nei rapporti di durata il tasso d'interesse originariamente pattuito si collochi oltre il tasso-soglia sopravvenuto.

Il caso in esame ha ad oggetto un contratto di mutuo stipulato nel 1990, nel quale gli interessi, originariamente pattuiti nell'ambito del tasso soglia, erano risultati - a seguito dell"entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 – usurari;

la società debitrice aveva convenuto una Banca per sentire accertare e dichiarare il proprio diritto alla ripetizione degli importi indebitamente pagati in violazione della L. n. 108 del 1996; il Tribunale adito aveva, all"esito dell"espletamento della consulenza tecnica d"ufficio, accolto la domanda promossa da parte attrice, escludendo la natura di mutuo fondiario agevolato al contratto in questione e ritenendo, di conseguenza, applicabile la normativa antiusura;

la Corte di Appello, su impugnazione della Banca, nel riformare la sentenza del giudice di primo grado, aveva qualificato il contratto de quo di mutuo fondiario e, nel ritenere applicabile la L. n. 7 del 1976 - avente natura speciale rispetto all"art. 1815 cod. civ. - aveva reputato la legittimità dei tassi d"interesse applicati;

avverso la sentenza dei giudici di secondo grado aveva proposto ricorso per Cassazione la parte debitrice.

La Sezione Prima della Suprema Corte, assegnataria del ricorso, dopo aver stabilito l"applicabilità, in astratto e in via generale, della normativa antiusura al contratto di mutuo fondiario conformandosi ad un precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, [1] nel rilevare che, sulla questione se i criteri fissati dalla L. n. 108 del 1996, per la determinazione del carattere usurario degli interessi, si applichino anche alle pattuizioni di questi ultimi anteriori all'entrata in vigore della citata legge, era sorto un contrasto all"interno della giurisprudenza di legittimità, con ordinanza n. 2484 del 31/01/2017 ha disposto la trasmissione del procedimento al Primo presidente per l'eventuale rimessione della questione di diritto alle Sezioni Unite civili.

Onde procedere ad un corretto inquadramento della questione e prima di esporre le tesi giurisprudenziali che hanno originato il contrasto, merita preliminarmente soffermarsi sulla figura dell"usura sopravvenuta.

La nozione di usura deve essere rintracciata nell"art. 644 cod. pen., come riformato dalla Legge n. 108 del 1996.

Integra usura la condotta di chi si fa dare o promettere come corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o vantaggi usurari: il Codice Penale distingue un"usura pecuniaria, ove la prestazione a fronte della quale è corrisposta una controprestazione usuraria è di denaro, e un"usura reale nella quale, invece, la prestazione può avere ad oggetto qualsiasi altra utilità.

Va, peraltro, osservato che l"usura pecuniaria deve essere definita ad interessi se il corrispettivo usurario è d"interessi; viceversa, se la controprestazione dovuta consiste in altro vantaggio, si avrà riguardo all"usura pecuniaria non ad interessi.

La sproporzione che qualifica la condotta in termini di usurarietà sussiste in due ipotesi, secondo quanto disposto dall"art. 644 cod. pen.: in primis, quando la controprestazione usuraria integri un interesse eccedente il tasso soglia trimestralmente determinato dal Ministero del tesoro e pubblicato in G.U. (calcolato sulla base del tasso medio praticato per operazioni similari, aumentato di un quarto, oltre ulteriori quattro punti percentuali, come da modifica operata dal d.l. n. 70 del 2011 che ha sostituito il precedente aumento della metà del tasso medio predetto).

Si tratta dell"usura cosiddetta oggettiva, dovendosi automaticamente intendere usurario ogni vantaggio corrisposto in interessi che superino le soglie consentite.

In secondo luogo, va ritenuto usurario quel corrispettivo in interessi sotto soglia o consistente in altro vantaggio che sia sproporzionato rispetto alla prestazione, tenuto conto delle modalità del fatto e del tasso medio per operazioni similari, quando chi li ha dati o promessi versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria: tale ipotesi concretizza la cosiddetta usura soggettiva, per la sussistenza della quale è necessaria la valutazione delle condizioni soggettive della vittima dell"usura.

 

Merita, inoltre, dar conto dell"evoluzione normativa che ha interessato la nozione di usura.

Come chiarito la Legge n. 108 del 1996 ha modificato il disposto dell"art. 644 cod. pen. così sostituendo la precedente definizione dell"usura, che qualificava come usurario il comportamento di chi, approfittando dell"altrui stato di bisogno, si faceva dare o promettere interessi o vantaggi usurari come corrispettivo della dazione di denaro o altra cosa mobile.

La sanzione civile dell"usura soggettiva, per come concepita anteriormente al 1996, era identificata nell"istituto della rescissione per lesione di cui all"art. 1448 cod. civ., dovendosi ritenere nullo il contratto integrante il delitto di usura per illiceità della causa: a differenza che nel contratto rescindibile nel quale si prescinde dal dolo secondo intenzione e si richiede la mera consapevolezza dello stato di bisogno della controparte, alla quale si aggiunge il requisito oggettivo di trarre dal contratto una sproporzionata utilità economica, dovendo la lesione eccedere della metà il valore della prestazione del contraente danneggiato, particolare rilievo nella fattispecie di cui all"art. 644 cod. pen. assumeva l"approfittamento dello stato di bisogno, come specifica volontà di conseguire un vantaggio usurario, richiedendosi un comportamento volto ad operare sulla determinazione della volontà del contraente bisognoso.

Il quadro delineato ha subìto profonde modifiche a seguito dell'entrata in vigore della Legge n. 108 del 1996 che, nel riformulare il delitto di usura su base oggettiva collegandolo al superamento della soglia di interessi usurari definiti per legge, ha eliminato, tra l'altro, l'approfittamento dello stato di bisogno tra i presupposti del reato che rileva solo come circostanza aggravante.

Con la conseguenza che l"operatività della rescissione, quale strumento di tutela avverso il contratto usurario, va oggi circoscritta alle ipotesi di usura pecuniaria ad interessi sotto soglia, usura pecuniaria non ad interessi e usura reale in quanto ricorrono i presupposti soggettivi dello stato di bisogno e dell"approfittamento da parte dell"usuraio che nella vigente previsione dell"art. 644 cod. pen. configurano un"aggravante del reato e il presupposto oggettivo della sproporzione ultra dimidium.

Essendo stata l"area della rescissione sostanzialmente assorbita dalla disciplina dell"usura, di più frequente applicazione è risultata, invece, la sanzione di cui all"art. 1815, comma II, cod. civ. – come modificato dalla Legge n. 108 del 1996 – che, con riferimento al contratto di mutuo con interessi usurari, ha sancito la nullità parziale della clausola e la gratuità del mutuo: si è inteso, in tal modo, introdurre la conversione in mutuo gratuito, quale sanzione per aver applicato interessi usurari, in luogo dell"originaria sostituzione della clausola di interessi usurari con la misura legale degli interessi.

Tale previsione costituisce, peraltro, una deroga alla regola generale sancita dall"art. 1419 cod. civ., in forza della quale la nullità di una clausola essenziale del contratto, quale debba ritenersi la convenzione sugli interessi, determina la caducazione dell"intero contratto.

Si era, inoltre, discusso su come sanzionare, sotto il profilo civilistico, la fattispecie usuraria qualora non potesse operare né l"art. 1448 cod. civ., per la mancanza dei citati presupposti, né l"art. 1815, comma II, cod. civ. in ipotesi diverse da interessi usurari applicati al contratto di mutuo.

In via prevalente, si è ritenuto che in tali ipotesi residuali, qualora non risultino integrati vizi della volontà del contraente con conseguente annullabilità del contratto,

la condotta dell"usuraio nella fase anteriore e contestuale alla stipulazione, in quanto contraria a buona fede, possa configurare una responsabilità precontrattuale ai sensi dell"art. 1337 cod. civ.

Tanto premesso, la novella di cui alla Legge n. 108 del 1996 ha sollevato il problema – riaperto dall"ordinanza interlocutoria in commento - della rilevanza giuridica dell"usura sopravvenuta con particolare riguardo all"usura pecuniaria oggettiva ad interessi.

Com"è noto, la fattispecie di usura sopravvenuta si configura in due ipotesi: in primo luogo, quando sia stato stipulato un contratto di mutuo anteriormente all"entrata in vigore della legge del 1996 e, proseguendo il rapporto sotto il nuovo regime per la corresponsione dei ratei, esso sia divenuto usurario per aver pattuito interessi, a posteriori, rivelatisi eccedenti rispetto al tasso soglia;

in secondo luogo, qualora, pur essendo stato concluso un contratto di finanziamento nella vigenza ex Lege n. 108 del 1996 e in osservanza della soglia ministeriale di interessi applicabili, la soglia ministeriale di interessi sia mutata al ribasso successivamente, con conseguente sconfinamento del tasso convenzionale al di sopra della nuova soglia di usurarietà.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il contratto usurario è configurabile anche nelle ipotesi di superamento del tasso soglia di interessi usurari in un momento successivo rispetto a quello in cui la pattuizione è intervenuta, dando così rilievo anche al momento della dazione dei ratei usurari: è stato, in particolare, evidenziato che la disciplina in tema di usura è di natura pubblicistica ed imperativa, con la conseguenza che non può ritenersi irrilevante il momento nel quale siano stati riscossi interessi dei quali la connotazione usuraria sia sopravvenuta. [2]

Tale impostazione sembra confermata dal fatto che nel delitto di usura la consumazione del reato avviene in un momento successivo quando l"offesa raggiunge un maggiore livello di gravità, per effetto di una condotta che avviene in maniera prolungata ovvero frazionata, a seconda che sia continua o intervallata, con la conseguenza che le condotte di riscossione dei ratei usurari rinnovano la consumazione del reato, procrastinando il momento di cessazione della condotta criminosa. Non a caso il legislatore ha previsto, espressis verbis, da quando decorre la prescrizione ai sensi dell"art. 644 ter cod. pen.

Tuttavia, il d.l. n. 394 del 2000, convertito in Legge n. 24 del 2001, ha fornito un"interpretazione autentica della Legge n. 108 del 1996 con cui si è ascritto rilievo, ai fini della valutazione della natura usuraria della fattispecie, al solo momento iniziale della stipulazione del contratto.

Tale previsione normativa ha, peraltro, superato, nel 2002, il controllo di costituzionalità sotto il profilo della ragionevolezza. [3]

Fondando il proprio convincimento proprio su quanto previsto dalla norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma I, (conv., con modif., dalla L. n. 24 del 2001), altra parte della giurisprudenza della Suprema Corte ha osservato che i criteri fissati dalla L. n. 108 del 1996, per la determinazione del carattere usurario degli interessi, non si possano applicare alle pattuizioni di questi ultimi, che risultano anteriori all'entrata in vigore della legge del 1996, siano esse contenute in mutui a tasso fisso o variabile. [4]

Da qui la Sezione Prima della Suprema Corte ha disposto la trasmissione del procedimento al Primo presidente per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite civili.

 

Riflessioni conclusive.

Merita, in conclusione, rilevare che il d.l. 394 del 2000, d"interpretazione autentica, non sembrerebbe sancire l"assoluta irrilevanza giuridica dell"usura sopravvenuta ma sembrerebbe limitare l"esclusione dell"applicabilità della disciplina penale di cui all"art. 644 cod. pen. e civile ex art. 1815, comma II, all"ipotesi di usurarietà degli interessi sopravvenuti rispetto al momento della conclusione del contratto: non ne conseguirebbe la qualificazione in termini di liceità della condotta di riscossione di ratei divenuti usurari, con la conseguente sanzionabilità altrimenti della stessa, bensì ne discenderebbe l"applicabilità dei principi di buona fede e di divieto di abuso del diritto dai quali sorge il divieto per il creditore di esigere interessi divenuti usurari nel corso del rapporto.

La pretesa di tali interessi potrebbe essere fronteggiabile esperendo l"exceptio doli generalis: il debitore d"interessi usurari potrebbe, pertanto, paralizzare l"azione di adempimento degli stessi eccependo un"inefficacia ex bona fide della clausola contrattuale relativamente a quella percentuale di interessi eccedente la soglia consentita.

 

[1] Si veda, sul punto, Cass. Civ., Sez. I, 22/5/2014, n. 11400 che ha affermato il seguente principio di diritto: «Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, (cosiddetto t.u.b.), secondo il quale qualsiasi ente bancario può esercitare operazioni di credito fondiario la cui provvista non è più fornita attraverso il sistema delle cartelle fondiarie, la struttura di tale forma di finanziamento ha perso quelle peculiarità nelle quali risiedevano le ragioni della sottrazione al divieto di anatocismo di cui all'art. 1283 c.c., rinvenibili nel carattere pubblicistico dell'attività svolta dai soggetti finanziatori (essenzialmente istituti di diritto pubblico) e nella stretta connessione tra operazioni di impiego e operazioni di provvista, atteso che gli interessi corrisposti dai terzi mutuatari non costituivano il godimento di un capitale fornito dalla banca, ma il mezzo per consentire alla stessa di far fronte all'eguale importo di interessi passivi dovuto ai portatori delle cartelle fondiarie (i quali, acquistandole, andavano a costituire la provvista per l'erogazione dei mutui). Ne consegue che l'avvenuta trasformazione del credito fondiario in un contratto di finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili, comporta l'applicazione delle limitazioni di cui al citato art. 1283 c.c., e che il mancato pagamento di una rata di mutuo non determina più l'obbligo (prima normativamente previsto) di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte rappresentata dagli interessi corrispettivi, dovendosi altresì escludere la vigenza di un uso normativo contrario».

[2]  Tra le altre, Cass. Civ., Sez. I, 17/8/2016 n. 17150: «Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell'usura (introdotte con la L. n. 108 del 1996, art. 4), pur non essendo retroattive, comportano l'inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, operabile anche d'ufficio dal giudice, che il rapporto giuridico, a tale momento, non si era ancora esaurito».

[3] Corte Cost., 25/02/2002, n. 29.

[4] In tal senso, di recente, Cass. Civ.,Sez. I, 29/1/2016 n. 801.




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