-  Redazione P&D  -  21/10/2014

RISARCITO IL DANNO PER LA MORTE DELLA GATTA - Natalino SAPONE

Da Tgcom24 si apprende la notizia che il Tribunale di Sassari ha riconosciuto il risarcimento per danno – pari ad € 300 – per la morte di Maya, una gatta, appartenente a una donna di Sassari, travolta sulle strisce pedonali, mentre attraversava la strada, falciata da un'auto sulle strisce pedonali. Gravemente ferita, è morta poco dopo.

La pronuncia costituisce ulteriore conferma della decisa riluttanza dei giudici di merito ad accettare il dictum della n. 26972/08, che, parlando di "fantasiose, ed a volte risibili, prospettazioni di pregiudizi" e di "pregiudizi di dubbia serietà", ha accostato il danno da morte dell"animale di affezione a pregiudizi come quello da errato taglio di capelli e da mancato godimento della partita di calcio.

Per alcune cose evidentemente i giudici del merito hanno le antenne più sensibili dei giudici della S.C. Forse per la maggiore vicinanza del loro punto di osservazione rispetto alle vittime ed alle loro traversie. E del resto, non occorre una particolare sensibilità per capire che quello da uccisione dell"animale d"affezione è un danno tutt"altro che immaginario.

A proposito di immaginario, come ci ricorda Ost, Quale filosofia del diritto?, in Riv. fil. dir. 2012, 38, Platone affermava ne Le Leggi che i veri padri costituenti sono, a loro modo, i poeti e i drammaturghi che ravvivano e talvolta inventano l"immaginario collettivo.

Insomma a volte, per alcune questioni, non è male se l"operatore del diritto si dispone ad ascoltare i poeti. Soprattutto, viene da aggiungere, quando il problema che l"operatore giuridico deve affrontare richiede di interpretare la coscienza sociale.

Prendiamo allora qualche poesia dedicati ai gatti, nella consapevolezza che questo è un metodo che fa storcere il naso ai paleo-positivisti in circolazione.

 

Il Gatto, di Charles Baudelaire:

Vieni bel gatto, vieni sul mio cuore amoroso;

Trattieni i tuoi artigli

Ch'io mi sprofondi dentro i tuoi begli occhi d'agata e metallo.

Quando a bell'agio le mie dita a lungo

Ti carezzan la testa e il dorso elastico,

E gode la mia mano ebbra al toccare il tuo corpo elettrico,

Vedo in spirito la mia donna:

Profondo e freddo come il tuo, il suo sguardo, bestia amabile,

Penetra tagliente come fosse una freccia,

E dai piedi alla testa

Una sottile aria, rischioso effluvio,

Tutt'intorno gira al suo corpo bruno.

Ecco un"altra di Guillaume Apollinaire: 

Vorrei avere nella mia casa:

una donna ragionevole

un gatto che sfiora i libri

amici in ogni stagione

senza i quali non posso vivere.

Oppure questa: Superbo Amico, di Algernon Charles Swinburne:

Nobile, benevolo, superbo amico,

Degnati di sedere qui accanto a me

E di volgere occhi gloriosi

Che sorridono ed ardono,

Occhi d'oro, lucente guiderdon d'amore

Sulla pagina d'oro che io leggo.

 

Che dire allora? Una sola osservazione birichina: non sarà che i giudici di merito leggono più poesia dei giudici della Corte di Cassazione?

 

 




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