Pubblica amministrazione  -  Gabriele Gentilini  -  13/05/2023

Ritorno sull'affidamento diretto anche alla luce dell'entrata in vigore del d lgs 31/3/2023, nuovo codice dei contratti pubblici

Si torna in questa breve sintesi a riportare l'istituto dell'affidamento diretto come particolare tipologia di scelta del pubblico contraente di un contratto pubblico nella sua evoluzione dottrinale e giurisprudenziale, piuttosto complessa anche da un punto di vista semantico, basti pensare al ricorrente travisamento dei significati di preventivo ed offerta, restando nella sua causa e finalità quella di favorire una scelta del contraente rapida e priva di troppe formalità ed al contempo flessibile, diretta ad una valutazione di efficacia, efficienza, economicità, rapidità e tempestività del contratto da concludere ed eseguire.

Ad esempio il parere MIMS n. 1153/2022 del 28/01/2022 riferiva del seguente quesito:

Oggetto: È possibile derubricare un’RdO MEPA ad una semplice richiesta di preventivi?

Quesito: Secondo alcune correnti di pensiero, per svolgere procedure entro i limiti d’importo previsti dalla L. 108/21 Semplificazioni bis per l’affidamento diretto, sarebbe possibile utilizzare l’RdO MEPA per effettuare una ricerca di preventivi.

Nello specifico, in tal caso, gli atti amministrativi della pratica d’acquisto conterrebbero, nell’oggetto, la dicitura “affidamento diretto previa indizione di un’RdO sul MEPA” oppure “affidamento diretto previa acquisizione informale di offerte tramite RdO MEPA”.

Ad avviso di questa Stazione Appaltante tale prassi non è corretta poiché rischia di confondere, tra loro, le seguenti due distinte procedure diversamente normate:

1 – l’affidamento diretto mediato con cui vengono reperiti, quale best practice, due o più preventivi (Es.: tramite email o PEC ma non con RdO MEPA) col migliore dei quali si perfeziona l’acquisto tramite una Trattativa Diretta MEPA, finalizzata a spuntare un ulteriore miglioramento del prezzo;

2 – l’RdO MEPA che è invece una procedura negoziata a tutti gli effetti, molto più formale nonché subordinata a precipue regole (Es.: l’obbligo di dover a priori formalizzare il criterio di aggiudicazione, l’eventuale controllo dell’anomalia dell’offerta, l’avviso di avvio e termine di procedura sopra gli € 40.000 + IVA ai sensi dell’art. 1 delle L. 120/20 e smi etc.).

L’impossibilità d’utilizzo dell’RdO MEPA per la mera acquisizione di preventivi, finalizzati al successivo affidamento diretto, parrebbe condivisa dalla recente sentenza del TAR Sicilia di Palermo – Sez. III, n. 1892 dell’11/06/2021 con la quale, il giudice amministrativo, è intervenuto su un contenzioso vertente proprio tale argomento.

In sintesi: è corretto oppure no utilizzare l’RdO MEPA quale semplice richiesta di preventivi finalizzati ad un successivo affidamento diretto, perfezionato tramite stipula della medesima RdO, negli acquisti al di sotto degli importi previsti dall’art. 1, lett. a) dalla L. 120/20 e smi?

Risposta: Con riferimento a quanto richiesto, si ritiene che (entro le fasce di importo che consentono l’affidamento diretto) non sia precluso richiedere preventivi anche tramite Mepa o altro mercato elettronico. Resta fermo che, se trattasi di semplice richiesta di preventivi cui seguirà una trattativa diretta, la procedura non sarà inquadrata come procedura negoziata, bensì come affidamento diretto. Si ricorda che, al di là dello strumento di acquisto e di negoziazione prescelto, la stazione appaltante dovrà rendere chiaro in determina a contrarre quanto previsto all’art. 32, comma 2 del Codice e rispettare le regole della procedura prescelta, ai sensi del decreto semplificazioni e ss. mm. ii.

La richiesta di preventivo comporta una minore proceduralità, non si ha necessità di alcun ribasso su una base d’asta così come non deve prevedere la richiesta di documenti - tipo le dichiarazioni art. 80 o l’accettazione delle condizioni contrattuali [ si ricorda quanto stabilito dall'art. 3, comma 1 lettera (uuu) del d lgs 50/2016 «procedure negoziate», le procedure di affidamento in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto;] – che lasciano intendere l’avvio di vere e proprie trattative in modalità concorrenziale (col rischio di responsabilità precontrattuale!). La richiesta di preventivo deve rimanere una indagine di mercato informale.

Del resto la questione dei mercati elettronici della pubblica amministrazione, il mepa in particolare, prevedeva solo RDO, Trattativa Diretta quale richiesta di offerta ad una singola ditta e l'ODA quale ordine diretto su offerta pubblica. Tra quelle categorie non avevamo fino a poco tempo fa la richiesta di preventivi che non è una vera e propria procedura di negoziazione.

Ad agosto 2022 la Consip spa ha pubblicato il https://www.acquistinretepa.it/opencms/export/sites/acquistinrete/documenti/airpa/documentazione/Regole_Sistema_eProcurement.pdf ovvero le  regole del sistema del sistema di e-procurement della pubblica amministrazione che al suo  art. 40 prevede il confronto fra preventivi che permette alla Stazione Appaltante di definire il suo fabbisogno inviandolo a più Operatori Economici, scelti tra quelli ammessi al MEPA, i quali la Stazione Appaltante può scegliere quello più idoneo per soddisfare il suo fabbisogno.

In pratica la Consip ha revisionato  la nuova piattaforma MEPA avendo aggiunto nuove funzionalità per procedere a negoziazione con gli operatori economici ripresentando adesso la  Trattativa Diretta, il confronto dei preventivi, la RDO semplice, la RDO evoluta.

Nel predetto sistema appare un confronto tra preventivi come una vera e propria selezione concorrenziale, constando una fase  di “ammissione / esclusione” che resta comunque un elemento tipico di una gara concorrenziale e di conseguenza non compatibile con un iter di affidamento diretto per la scelta del contraente. 

Per quanto e come occorre intuire, nell’affidamento diretto preceduto da preventivi l’amministrazione  individua un certo numero di operatori economici qualificati chiedendogli preventivi a scopo in ogni caso istruttorio finalizzandone alla successiva volontà di negoziare solo con uno di essi, ciò escludendo di conseguenza ogni tipologia di gara in senso proprio, trattandosi di dare luogo ad una indagine meramente istruttoria ed esplorativa piuttosto che di una procedura comparativa e competitiva.

In pratica il RUP avvia un percorso, che non lo vincola,  atto a dimostrare la convenienza, rispetto agli obiettivi perseguiti e riportati nella richiesta ricevuta, agendo nel pieno delle sue facoltà discrezionali mediante ad esempio consultazione di listini pubblici, affidamenti già disposti da altre amministrazioni ed inoltre mediante richiesta di due o più preventivi svincolandone dai criteri di aggiudicazione del ribasso o dell'Oev.

Si legge nel parere MIMS (ex MIT) n. 764 reso in risposta ad un quesito in merito all’affidamento diretto ex DL 76/2020: “Giova inoltre precisare che, negli affidamenti diretti, non essendovi confronto competitivo, anche l’eventuale raffronto tra preventivi non presuppone l’utilizzo di un criterio di aggiudicazione. Quanto all'eventuale richiesta di preventivi ed alle relative modalità, rientra nella discrezionalità della Stazione appaltante, competente in materia, determinare le modalità attraverso cui addivenire all'individuazione del proprio contraente diretto”

Occorre inoltre porci necessariamente, per quanto ricordato, la differenziazione tra i concetti di preventivo ed offerta.

Un preventivo di costo e spese, è un conto nel quale si espongono gli elementi di costo di un acquisto da eseguire o di un’opera da effettuare e si limita ad offrire elementi non ancora del tutto definitivi o che, nel complesso della prestazione da effettuare, necessitano di ulteriori specifiche in termini di clausole e condizioni. In ogni caso la richiesta di un ribasso o di una offerta tecnica da valutare secondo parametri espressione dell’art. 95 comporterebbe, come si illustrava sopra, un trasporto verso una procedura concorrenziale così fuoriuscendo da un affidamento diretto.

L'offerta invece deve corrispondere ad un bando  od un invito dettagliato e con condizioni contrattuali predefinite.

Si riporta nel seguito, tra le varie, la sentenza del Consiglio di Stato n. 1108 del 15 febbraio 2022, su affidamento diretto,  in precedenza già oggetto di una scrivente analisi ed interessante per i principi in essa confermati. Segue il testo:

     

FATTO

  1. Con la sentenza in epigrafe, resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. nella resistenza del xxxxxxxxxx, il Tribunale amministrativo per la Liguria ha respinto il ricorso della xxxxxxxxxx, costituita in data 5 aprile 2017 e operante nel settore della gestione di strutture ricettive alberghiere ed affini, avverso i provvedimenti del detto Comune (le determinazioni n. 45 del 3 agosto 2020 e n. 50 dell’11 agosto 2020) aventi a oggetto l’"affidamento in concessione del servizio di gestione del compendio immobiliare in xxxxxxxxxx ad uso attività turistico-ricettiva"e gli atti preordinati, presupposti, connessi e consequenziali.
  2. In particolare, la sentenza ha ritenuto infondate le censure articolate dalla ricorrente contro i provvedimenti comunali che hanno disposto l’affidamento diretto ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a) del decreto legge 16 luglio 2020, n.76 (recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali” (Decreto semplificazioni”), in via transitoria (fino al 31 gennaio 2022), della concessione su indicata (per un valore di € 77.480,00) alla società xxxxxxxxxx, con cui si lamentava che: 
  3. a)il Comune, avendo adottato gli anzidetti provvedimenti sulla base del citato art. 1 del D.L.n.76/2020 (che aveva derogato alle soglie individuate dall’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ma non a quanto stabilito dal comma 1 della ricordata norma), al fine di rispettare i principi (di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità) di cui all’articolo 30 del Codice dei contratti pubblici e le regole di concorrenza, avrebbe dovuto acquisire informazioni, dati, documenti per esaminare le soluzioni presenti sul mercato; 
  4. b)comunque il Comune, trattandosi di affidamento di concessione di servizi, avrebbe anche dovuto, ai sensi dell’art. 173 d.lgs. 50/2016 e in forza del rinvio ivi operato alle disposizioni di cui al precedente articolo 30, selezionare il concessionario tramite una procedura rispettosa dei principi generali sanciti da quest’ultima disposizione, nonché dei principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza affermati dall’art. 97 Cost. e dalla legge 241/1990; 
  5. c)l’affidamento diretto in questione, di importo superiore a € 75.000,00, era illegittimo, in quanto era stato sì disposto in conformità della disciplina introdotta con il d.l. n. 76/2020 (che prevedeva la possibilità di affidamento diretto per importi fino a € 150.000,00), ma tali disposizioni del decreto legge avrebbero in tesi perso efficacia ex tuncai sensi dell’art. 77 della Costituzione perché la legge 11 settembre 2020, n. 120 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76”) aveva modificato, riducendola a € 75.000,00 la soglia degli affidamenti diretti di servizi e forniture.
  6. Con l’appello contro la sentenza la società xxxxxxxxxx ripropone le censure articolate con il ricorso di primo grado, contestandone le statuizioni di rigetto e domandandone la riforma per i seguenti motivi:

“1) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30, 32 comma 2, 36 comma 1 e 80 del D.lgs. 50/2016; difetto di motivazione ed istruttoria; violazione dei principi di correttezza, non discriminazione, trasparenza, concorrenza, eccesso di potere per carenza dei presupposti. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione. Violazione degli articoli 1 e 3 della Legge 241/1990.

2) Violazione e falsa applicazione degli articoli 30, 32, 164, 173 del D.Lgs. 50/2016. Difetto di motivazione, difetto di istruttoria, violazione di principi di trasparenza, parità di trattamento, divieto di discriminazione. Violazione dell’articolo 97 Costituzione, violazione degli articoli 1 e 3 della Legge 241/1990.

3) Violazione e falsa applicazione articolo 1 del Decreto Legge convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120; Violazione e falsa applicazione dell’articolo 77 Costituzione.”

Si è costituito in resistenza il Comune, argomentando l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 193 del 22 gennaio 2021 il Collegio ha respinto l’istanza cautelare, per l’assorbente difetto di periculum, non ravvisando “i presupposti dei danni gravi e irreparabili incombenti sull’appellante”.

All’udienza del 25 novembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. Con il primo motivo di appello la società xxxxxxxxxx sostiene l’erroneità della sentenza laddove non ha ritenuto illegittimo l’operato dell’amministrazione comunale che ha provveduto all’affidamento diretto alla controinteressata senza previa consultazione di altri operatori economici tra i quali la stessa appellante.

4.1. Con il mezzo in esame l’appellante è tornata così a sostenere che la disciplina di cui all’art. 1 del d.l. 76/2020 avrebbe sì introdotto una deroga alle disposizioni dell’art. 36, comma 2 d.lgs. 50/16 che prevedono le soglie per l’affidamento diretto, ma non a quelle di cui al primo comma dello stesso art. 36, onde la necessità del rispetto dei “principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti in modo da assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese”.

4.2. Con il secondo motivo di appello si contesta la sentenza laddove ha ritenuto applicabile anche alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi il ricordato art. 36 del Codice dei Contratti pubblici non solo nella suo primo comma ma anche nel secondo, rilevando che tale norma sarebbe ricompresa nelle "modalità e procedure di affidamento" cui l'art. 164, comma 2, fa rinvio e che pertanto tutte le modifiche al secondo comma trovino applicazione anche all'affidamento delle concessioni.

La sentenza di prime cure avrebbe così erroneamente ritenuto infondate le doglianze articolate con il secondo motivo di ricorso con le quali si è dedotto invece che per quanto riguarda gli affidamenti aventi a oggetto le concessioni di servizi la previsione dell’art. 173 del d.lgs. 50/2016 - secondo cui “Le concessioni sono aggiudicate sulla base dei principi di cui all'articolo 30”- impedirebbe l’applicabilità dell’art. 36 , comma 2, d.lgs. 50/16 e imporrebbe in ogni caso il rispetto dei ricordati principi di cui all’art. 30 (che hanno quale logico corollario l’obbligo di consultazione di più operatori economici).

4.3. Con il terzo motivo l’appellante reitera la censura di illegittimità del provvedimento impugnato a ragione della conversione in legge con modificazioni (ad opera della legge n. 120 dell’11 settembre 2020) del decreto legge n. 76 del 2020.

Nella prospettazione di parte appellante il fatto che la legge di conversione abbia previsto la possibilità di affidamento diretto dei servizi solo per importi fino a 75.000 euro - modificando la soglia di € 150.000 prevista in tale ipotesi dal D.L. n. 76/2020 - renderebbe illegittimo il provvedimento di affidamento diretto assunto con riferimento a una concessione del valore stimato di euro 77.480,00, trattandosi di intervento sostitutivo, con effetto ex tunc, della nuova previsione normativa.

La sentenza appellata avrebbe così erroneamente respinto le doglianze formulate con il terzo motivo del ricorso con cui si è sostenuto che la determina n. 45/2020 e i conseguenti successivi provvedimenti assunti dal Comune ai sensi del d.l. n.76/2020, pur essendo conformi alle previsioni del decreto legge, sarebbero illegittimi per violazione della legge di conversione n.120 del 2020, avendo il primo perso efficacia ex tunc ai sensi dell’art. 77 Cost. in forza del su indicato emendamento.

  1. L’appello è infondato.

5.1. Preliminarmente si osserva che, come evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione, i provvedimenti impugnati in primo grado si inseriscono nell’ambito di varie iniziative, finalizzate al recupero del xxxxxxxxxx, che il Comune di xxxxxxxxxx ha, nel tempo, intrapreso per consentire il ripristino di molti edifici ivi abbandonati in uno alla valorizzazione turistica del proprio territorio.

5.2. In tale contesto, fu avviata la procedura selettiva per l'affidamento in concessione dei lavori di realizzazione di un albergo diffuso o “xxxxxxxxxx” nel predetto borgo: con deliberazione di Giunta Comunale n. 130 del 28 novembre 2005 il Comune approvò quindi il progetto esecutivo dei lavori di realizzazione di albergo diffuso attraverso il recupero e la riconversione in area turistico-ricettiva del xxxxxxxxxx, affidando l’appalto per la realizzazione del progetto (finanziato dalla Regione xxxxxxxxxx con un contributo pubblico- Misura 3.3.A- dell’importo di euro 2.397.770,74) e la concessione trentennale delle relative strutture a fini turistico-ricettivi a un’associazione temporanea di imprese, cui (con contratto rep. n 1806 dell’8 marzo 2012) subentrava, quale unica parte contrattuale, la sola impresa xxxxxxxxxx (già componente della detta a.t.i.).

Tuttavia anche il contratto stipulato con la xxxxxxxxxx nel mese di marzo del 2012 fu risolto per inadempimento grave della concessionaria ai propri obblighi (giusta determinazione dirigenziale n. 22 del 10 giugno 2020), in quanto erano emerse criticità nell’esecuzione dei lavori oltre al mancato pagamento dei canoni e alla sospensione ingiustificata dell’attività ricettiva da parte della società concessionaria.

Ritornata quindi nel pieno possesso della struttura, l’Amministrazione comunale si è attivata per garantire la piena operatività dell’intervento e la tempestiva ripresa dell’attività: a tal fine, dopo aver individuato con delibera di Giunta comunale n. 55 del 16 luglio 2020 gli indirizzi operativi per l’affidamento dei servizi turistici al pubblico della struttura ricettiva del xxxxxxxxxx, ha adottato la gravata determinazione n. 45 del 3 agosto 2020 con cui è ricorsa, ai fini della scelta del contraente per la concessione del servizio di gestione del compendio immobiliare in oggetto (fino al 31 gennaio 2022), all’affidamento diretto ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a) decreto legge 16 luglio 2020, n.76 (recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali” (Decreto semplificazioni”).

5.3. Avverso tali atti di affidamento alla società controinteressata è insorta l’odierna appellante (la quale aveva nel frattempo comunicato al Comune, con pec del 22 giugno 2020, la propria manifestazione di interesse a ricevere l’affidamento della concessione dei servizi turistici inerenti la struttura ricettiva del xxxxxxxxxx), formulando le riassunte doglianze che l’appellata sentenza ha correttamente respinto.

5.4. Il Collegio ritiene infatti che non sia censurabile la sentenza appellata laddove ha posto a fondamento delle statuizioni di rigetto del ricorso di primo grado le seguenti motivazioni:

- trattandosi di un affidamento diretto ai sensi della disciplina recata dal citato d.l. n. 76/2020 non era necessaria alcuna previa consultazione di mercato;

- fermo il rispetto dei principi di cui all’art. 30, si applica alle concessioni l’art. 36 nella sua interezza (anche il secondo comma e non soltanto il primo);

- l’affidamento diretto era avvenuto in vigenza del decreto legge e, trattandosi di emendamento modificativo (inerente alla soglia massima per l’affidamento dei servizi, non più 150.000,00 euro ma 75.000,00 euro), la mancata conversione della previsione in parte qua produceva effetti ex nunc, continuando la fattispecie di giudizio a essere regolamentata dal decreto.

5.5. Al riguardo, deve anzitutto evidenziarsi che il ricordato decreto legge n. 76 del 2020, in forza delle cui disposizioni è avvenuto l’affidamento contestato, ha introdotto una disciplina emergenziale, temporanea (in quanto applicabile agli affidamenti la cui determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento siano adottati entro il 31 luglio 2021, termine da ultimo poi prolungato fino al 30 giugno 2023, in forza dell'art. 51 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77) e derogatoria del Codice dei Contratti pubblici, prevedendo per appalti di modico valore forme procedurali semplificate e più “snelle” al fine di addivenire ad affidamenti in tempi rapidi, fermo il rispetto dei principi di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016; ciò sul presupposto che l'efficacia della spesa pubblica, specie in caso di maggiore rapidità della sua erogazione, possa rappresentare, in una congiuntura di particolare crisi economica, una forma di volano dell'economia.

5.6. In particolare, per quanto di interesse, il c.d. Decreto semplificazioni ha previsto la possibilità di utilizzare la procedura dell’affidamento diretto - che il codice riserva invece ai soli affidamenti sotto soglia fino ad euro 40.000,00 - ad affidamenti fino a €. 150.000,00 per i lavori e fino alle soglie di legge (art. 35 del d.lgs. n. 50 del 2016) per servizi e forniture.

Il ricorso a tale procedura semplificata non presuppone una particolare motivazione né l’esperimento di indagini di mercato o di consultazioni di operatori economici (infatti non è neppure previsto l’obbligo di richiedere preventivi).

Infatti, come emerge dalla comparazione tra la lettera a) e la lettera b) comma 2 dell’art. 1 del d.l. 76/2020 - vigente al momento dell’assunzione dei provvedimenti impugnati - nell’ipotesi di affidamento diretto è riservata alla stazione appaltante la scelta discrezionale del contraente, senza che sia necessaria la previa consultazione di un certo numero di operatori economici, da individuarsi tramite indagini di mercato o elenchi, essendo ciò espressamente previsto solo per la diversa procedura negoziata senza bando di cui alla lettera b).

Del resto tale è il regime previsto, nel caso di affidamenti di importo inferiore a euro 40.000,00 di cui all’art. 36 del Codice dei Contratti pubblici, secondo cui le amministrazioni appaltanti possono procedere “mediante affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici”, laddove la formulazione originaria parlava di “affidamento diretto adeguatamente motivato”: con il d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (“Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”) il legislatore ha eliminato il riferimento all’adeguata motivazione, prevedendo inoltre un affidamento non necessariamente preceduto da un confronto competitivo tra aspiranti e rimesso a una diretta individuazione dell’affidatario da parte della stazione appaltante.

Giova anche richiamare le Istruzioni tecniche e linee guida dell’Anci (Quaderno ANCI 23 relativo a Affidamenti di lavori, servizi e forniture a seguito del D.L. semplificazioni n. 76/2020 (L.N. 120/2020), in cui è stato espressamente ribadito al riguardo che la fattispecie in questione costituisce affidamento diretto, non comportante la necessità “di confronto comparativo tra operatori economici”, lasciando, per converso, “libertà di azione alle Stazioni Appaltanti come sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa in materia”, conformemente alla ratio legis alla base dell’introduzione della deroga di “velocizzare e semplificare gli affidamenti”.

È stato anche chiarito (cfr. parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 764 del 20 ottobre 2020, richiamato dalla difesa comunale) che “L’eventuale confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici rappresenta comunque una best practice, salvo che ciò comporti una eccessiva dilazione dei tempi di affidamento che, invece, sarebbe in contrasto con la ratio che informa l’intero decreto semplificazione. Giova inoltre precisare che, negli affidamenti diretti, non essendovi confronto competitivo, anche l’eventuale raffronto tra preventivi non presuppone l’utilizzo di un criterio di aggiudicazione. Quanto all’eventuale richiesta di preventivi ed alle relative modalità, rientra nella discrezionalità della Stazione appaltante, competente in materia, determinare le modalità attraverso cui addivenire all’individuazione del proprio contraente diretto”.

Anche la giurisprudenza amministrativa (si veda Cons. Stato, Sez. IV, 23 aprile 2021, n. 3287) ha qualificato il caso in esame quale “affidamento diretto” ai sensi della lettera a), comma 2, dell’art. 1 del decreto legge semplificazioni, che non prevede espressamente la consultazione degli operatori economici, precisando che lo stesso art. 36 del Codice dei Contratti pubblici, come modificato, prevede la consultazione di cinque operatori economici solo nell’ipotesi di cui alla lettera b), ovvero per gli appalti di servizi e forniture nel caso di affidamenti diretti superiori a 40.000,00 € e sotto la soglia comunitaria.

Un limite a tale semplificazione procedurale si rinviene comunque nel comma 3 del medesimo articolo 1 del d.l. 76/2020 secondo cui “Gli affidamenti diretti possono essere realizzati tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga gli elementi descritti nell'articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016”.

Per quanto qui rileva quest’ultima norma (art. 32, comma 2, d.lgs. 50/2016) nella seconda parte dispone testualmente che: “Nella procedura di cui all'articolo 36, comma 2, lettere a) e b), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l'oggetto dell'affidamento, l'importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti.”

5.7. Tanto premesso in generale quanto alla disciplina applicabile alla fattispecie per cui è causa e venendo all’esame dei motivi di appello, giova anzitutto evidenziare che il Comune ha adeguatamente chiarito le ragioni a fondamento della scelta operata evidenziando di aver deciso di esternalizzare la gestione del servizio, non essendo in grado di gestire direttamente la struttura, e inoltre di aver inteso, tramite l’affidamento diretto in questione, evitare il prolungamento della chiusura e la sua mancata operatività (anche a ragione dei tempi presumibilmente necessari per l’espletamento di una procedura di gara aperta relativa all’affidamento pluriennale della concessione), garantendo quindi la ripresa in tempi rapidi dell’attività di gestione a fini turistico-ricettivi, anche al fine di evitare tanto l’avvio di una nuova procedura di revoca del contributo da parte della Regione (che già a suo tempo, come risulta dagli atti, aveva avviato il procedimento di revoca del finanziamento, contestando proprio la mancata operatività della struttura confliggente con le finalità del contributo erogato- ossia “la qualificazione dell’offerta turistica, in relazione alle specifiche vocazioni dei sistemi locali ed in sinergia con pacchetti turistici definiti”- cfr. nota regionale del 20 febbraio 2014- salvo poi archiviarlo per effetto delle azioni positive intraprese dal Comune per il recupero del xxxxxxxxxx), quanto il deterioramento della struttura, nonché dei suoi arredi e beni strutturali dovuto al loro inutilizzo.

L’interesse generale perseguito dal Comune nell’attuale congiuntura non è stato dunque quello di ottenere una maggiore offerta economica, ma di consentire al più presto la ripresa dell’attività della struttura, sì da garantire il presidio del complesso immobiliare e il rispetto della finalità dell’intervento volto alla valorizzazione turistica del territorio.

Il Comune si è quindi non irragionevolmente né illegittimamente determinato all’affidamento diretto della struttura alla società xxxxxxxxxx, per la durata temporanea di un anno e mezzo (sì da includervi una stagione estiva e il periodo delle festività natalizie), in applicazione dell’art. 1 del d.l. n. 76/2020 che, come evidenziato, ha introdotto strumenti normativi per l'incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all'aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia, tra cui l’affidamento diretto per lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 150.000,00 euro.

In effetti, non sono stati in concreto violati nel caso in esame i principi sanciti dall’art. 36 comma 1 del Codice dei Contratti pubblici, come invece sostiene l’appellante, in quanto la procedura applicabile e difatti applicata alla fattispecie prescinde dalla previa consultazione di più operatori, non incidendo perciò la mera dichiarazione di interesse presentata dalla società xxxxxxxxxx sulle scelte discrezionali dell’Amministrazione (che non era per questo obbligata all’avvio di un procedimento selettivo tra più operatori economici, previsto per i contratti di importo superiore).

Invero, l’art. 36 prevede al primo comma i principi che devono essere rispettati anche per gli affidamenti sotto soglia.

Il successivo comma due, tuttavia, introduce, per gli affidamenti di valore minimale, in deroga alla previsione di cui al comma primo, la possibilità di procedere ad affidamento diretto, come specificato, anche in assenza di consultazione di due o più operatori economici.

L’art. 1 d.l. 76/20 ha poi innalzato, come chiarito, gli importi previsti dal secondo comma dell’art. 36 d.lgs. 50/16, ma non ha snaturato il carattere di eccezione della norma, che continua a costituire una deroga alla previsione di cui al primo comma.

La sentenza appellata ha dunque correttamente ritenuto che non sussistesse per l’Amministrazione alcun obbligo di espletare una gara informale o una consultazione di mercato.

Di conseguenza, se la concessione è stata correttamente affidata, facendo applicazione della previsione per cui non vi era necessità, in ragione del valore dell’affidamento, di alcun confronto competitivo, non sussiste l’asserita violazione della par condicio e del principio di imparzialità in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione; né potrebbe ritenersi violato il criterio della rotazione, trattandosi del primo affidamento effettuato.

Peraltro, la sentenza ha pure correttamente ricordato come sia l’art. 32, comma 2, del Codice dei Contratti pubblici, sia l’art. 1, comma 3, del decreto legge n. 76/2020 richiedono esclusivamente che la stazione appaltante motivi in merito alla scelta dell’affidatario (indicando nella determina a contrarre, o in un atto equivalente, sinteticamente l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti).

Anche tali previsioni risultano rispettate nel caso di specie: come evidenziato, i provvedimenti impugnati indicano infatti espressamente le ragioni del ricorso all’affidamento diretto nei limiti di legge, legate alla preminente necessità di garantire la concreta operatività della struttura in tempi brevi (in modo da evitare contestazioni e azioni di recupero del contributo pubblico da parte della Regione) ed evitare contenziosi concernenti la titolarità e disponibilità dei beni strumentali.

Il primo motivo di appello deve essere pertanto respinto.

5.8. Anche il secondo motivo non può essere accolto.

L’art. 164, comma 2, d.lgs. 50716 stabilisce, infatti, che: “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”.

Come bene rilevato dalla sentenza di primo grado, il richiamo contenuto nel comma trascritto determina dunque l’applicazione dell’art. 36 d.lgs. 50/16 non solo nella suo primo comma ma anche nel secondo essendo quest’ultimo articolo ricompreso nelle “modalità e procedure di affidamento” cui l’art. 164, comma 2, fa rinvio: ne consegue che tutte le modifiche apportate al secondo comma trovano applicazione anche all’affidamento delle concessioni.

5.9. È infine infondato anche il terzo motivo.

Le argomentate prospettazioni dell’appellante non considerano che, per un verso, non può qui trovare applicazione tout court l’art 77 della Costituzione, non ricorrendo un’ipotesi di “mancata conversione” del decreto, sicché non si pone alcuna questione di perdita di efficacia ex tunc delle previsioni ivi recate e che, per altro verso, l’art 1 della legge di conversione dispone espressamente la propria entrata in vigore successivamente alla data di pubblicazione, senza prevedere effetti retroattivi, né dettare alcuna norma transitoria o disporre alcunché per gli atti posti in essere in vigenza del decreto legge convertito, sicché le previsioni della legge di conversione non possono che avere effetto per il futuro. Tale conclusione è conforme ai principi generali sulla formazione delle leggi (in primis quelli di vigenza delle leggi dal momento della pubblicazione, salvo espressa previsione contraria, e del tempus regit actum, in virtù del quale l'atto è regolato dalla legge vigente nel momento in cui è posto in essere, non essendo possibile – salvo che la legge non disponga altrimenti - che la norma si applichi a fatti o rapporti sorti prima della sua entrata in vigore); è inoltre aderente a quanto specificamente previsto per i decreti legge dall’ art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400, a mente del quale infatti: “Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente.”

Non può pertanto riconoscersi efficacia ex tunc all’emendamento al decreto legge contenuto nella su indicata legge di conversione.

Anche poi a voler seguire il ragionamento dell’appellante fondato sulla distinzione tra emendamenti soppressivi e sostitutivi da un lato (che travolgerebbero con effetto ex tunc la norma emendata per la parte non convertita) ed emendamenti modificativi dall’altro (che incidono su una disposizione del decreto convertito senza alterarne in modo totale l’oggetto o il senso e pertanto avrebbero effetto soltanto ex nunc, con la conseguente applicazione delle norme contenute nel decreto legge, successivamente modificate dalla legge di conversione, ai fatti avvenuti sotto la loro vigenza temporale e conservazione degli effetti degli atti assunti nella vigenza dello stesso decreto legge), non si giungerebbe a conclusioni diverse.

Come chiarito dalla giurisprudenza, deve dirsi legittimo un atto verificatosi durante la vigenza di una norma di un decreto legge e regolato conformemente a quest’ultima, benché modificata dalla legge di conversione con un emendamento modificativo, in quanto la modifica è valida ex nunc, cioè dal momento in cui è entrata in vigore la legge di conversione.

In particolare, sussiste un’ipotesi di mera modifica nel caso di una legge di conversione che incide soltanto su alcuni elementi costitutivi della fattispecie astratta regolamentata dal decreto legge (aggiungendo o sottraendo ipotesi); in caso di sostituzione, invece, la legge di conversione disciplina in modo completamente diverso la fattispecie regolamentata dal decreto legge. Pertanto, la norma introdotta dalla legge di conversione, in mancanza di qualsiasi diversa previsione, si applica dal momento della sua entrata in vigore, mentre la disciplina contenuta nel decreto-legge costituisce un regolamento implicito di quanto verificatosi sotto la vigenza del decreto legge stesso e prima dell’entrata in vigore della legge di conversione (cfr. Cass., sezione III, 10 maggio 2016, n. 9386).

Nella fattispecie in esame l’emendamento introdotto dalla legge di conversione n. 120 del 2020 è certamente di tipo modificativo, non soppressivo o sostitutivo del comma 2 dell’art. 1 del D.L. n. 76/2020: infatti, premesso che tanto le previsioni recate dal decreto legge quanto quelle modificate della legge di conversione costituiscono una disciplina derogatoria e temporanea al Codice dei Contratti pubblici, legata alla peculiare situazione congiunturale a causa dell’emergenza sanitaria, deve evidenziarsi che è rimasta ferma la regolamentazione e la ratio contenuta nella norma modificata (id est: l’ ampliamento e innalzamento della soglia di applicazione degli affidamenti diretti al fine di semplificare le procedure), non ricorrendo perciò un radicale mutamento della regolamentazione (quale sarebbe stato, ad esempio, il divieto assoluto di affidamento diretto o la sua indiscriminata estensione a prescindere da soglie di valore); si è apportata soltanto una modifica al ribasso della soglia di applicazione, peraltro solo per i servizi e per le forniture e non per gli appalti di lavori, per i quali detta soglia è rimasta inalterata. In sostanza all’ipotesi più ampia di affidamento diretto (fino a € 150.000 per lavori, servizi e forniture contenuta nel decreto legge) è stata sottratta l’ipotesi dei servizi e forniture, per i quali vale una soglia più bassa.

L’appellata sentenza ha quindi correttamente ritenuto che l’emendamento sia di tipo meramente modificativo, in quanto, aggiungendo al contenuto della norma una differenza di soglia tra appalto di lavori e di servizi o, per altro verso, sottraendo i servizi e le forniture alla soglia dei lavori, contiene “una fattispecie astratta alla quale la legge di conversione aggiunge o sottrae soltanto alcuni elementi costitutivi”, avendo perciò efficacia ex nunc, ovvero dal momento in cui la legge di conversione è entrata in vigore.

L’atto impugnato, assunto il 3 agosto 2020, vigente l’art. 1 del decreto legge n. 76 del 2020, è dunque legittimo in quanto perfettamente conforme alla norma vigente al momento in cui è stato emanato, senza che assuma rilievo in senso opposto l’emendamento contenuto nella richiamata legge di conversione che ha apportato una mera modifica al decreto legge senza alterarne in modo rilevante la disciplina e la ratio.

Come infatti chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (in materia di efficacia delle modifiche apportate in sede di conversione del decreto legge), richiamata puntualmente dalla sentenza impugnata, la legge di conversione del decreto legge è dotata, rispetto agli emendamenti eventualmente introdotti, di una duplice valenza: da un lato converte il precedente decreto e, dall'altro, allo stesso tempo, introduce nell'ordinamento nuove disposizioni, sostitutive o modificative di quelle contenute nel provvedimento convertito. Da ciò deriva che tali nuove disposizioni esplicano il loro effetto sostitutivo o modificativo di quelle convertite soltanto ex nunc, ossia alla scadenza del periodo di vacatio legis seguente alla loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (salvo che la stessa legge di conversione non disponga diversamente al riguardo), rimanendo fino alla scadenza stessa vigenti le norme del decreto nel testo anteriore all'emendamento (così Consiglio di Stato, Sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7148).

Quanto poi all’ulteriore argomento speso dall’appellante sul fatto che il Comune ad oggi non potrebbe procedere ad affidamento diretto per la gestione della struttura, è sufficiente richiamare le puntuali deduzioni difensive dell’Amministrazione sulla necessità per legge di rideterminare, riducendola, la durata del contratto (in ipotesi di nuovo affidamento e nell’ottica di avviare poi una procedura di gara per l’affidamento pluriennale della struttura) e conseguentemente di rideterminare al ribasso anche il valore della concessione (perciò sicuramente al di sotto dell’importo di euro 75.000,00): il Comune ha evidenziato infatti come la determinazione del valore contrattuale sia avvenuto alla stregua dell’art.167 del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (“Metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni”), ove è stabilito che “1. Il valore di una concessione, ai fini di cui all'articolo 35, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell'IVA, stimato dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi. 2. Il valore stimato è calcolato al momento dell'invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione.”.

Per completezza si evidenzia poi al riguardo che in seguito il legislatore è nuovamente tornato a modificare la soglia per l’affidamento diretto dei servizi, elevandola all’importo di euro 139.000,00 (art. 51 d.l. 77/2021 cit.), dunque superiore al valore stimato dell’affidamento diretto in questione.

  1. In conclusione, per le su indicate ragioni l’appello deve essere respinto, con assorbimento di ogni altra questione ritenuta dal Collegio inidonea a fondare una pronunzia di tipo diverso.
  2. Sussistono nondimeno giusti motivi per la particolarità e novità delle questioni trattate per disporre tra le parti la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.                                                "




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